Le Tavole delle colpe di Madduwatta
IL
BELPAESE E LA SCUOLA
Le
vicende della scuola italiana non sembrano interessare alle sedicenti classi dirigenti; si può dire che
essa non è fra le priorità delle minoranze al potere.
Questi
primi tempi primaverili mi forzano ad una riflessione sul mio lavoro. Quello
che davvero cementa i tanti disagi della scuola nel Belpaese e della categoria
dei docenti è una sorta di sottile disprezzo sociale e di costume che cala
dall’alto del potere politico ed economico sulle istituzioni scolastiche. La
sensazione è che i politici di professione intendano la scuola come un terreno
di manovre demagogiche, di proclami carichi di ideologia e finalizzati a
polemiche di breve respiro, talvolta di clientelismo spicciolo o di fastidio
per la spesa che il sistema scolastico comporta. Ma quanti sono gli abitanti
del Belpaese che vivono di politica alle spalle del resto degli abitanti del
Belpaese e spesso e volentieri contro di essi? Secondo il Fatto Quotidiano sono
1.300.000. ( il dato lo riprendo da un pezzo del 12 aprile 2011)
Una cifra senza commento! Praticamente in ogni condominio c’è uno
che a titolo diverso vive di elezioni e incarichi politici o lavora per i
partiti. Sono più di tutto il corpo docente del Belpaese! Eppure il corpo
docente punito negli ultimi vent’anni dalla politica di professione è finora
sempre riuscito a istruire questo popolo, a evitare che si ripetessero le
vicende del passato pre-industriale con masse di popolani analfabeti,
rivoltosi, risentiti e poverissimi, a dare a milioni d’italiani la cultura di
base e un minimo di formazione per poter affrontare il mondo del lavoro in
trasformazione continua. Impegno che con una dotazione adeguata di mezzi e risorse
avrebbe conseguito esiti nettamente migliori, ad una condizione però: trovare nella gran parte dei ceti ricchi del
Belpaese il senso di una volontà di potenza che dissolve l’egoistico nepotismo
e familismo nell’accesso alle migliori carriere professionali per determinare
libere opportunità di ascesa sociale fondate sul merito. La scuola davanti al
disprezzo dei politici di professione e alle chiusure egoistiche e familistiche
del sistema economico del Belpaese ha fatto il possibile con i mezzi che aveva,
che ha oggi e che avrà domani se le cose restano così. Ma cosa ha mai prodotto
l’altro esercito di pubblici
stipendiati? Il 1.300.000 di politici piccoli e grandi del Belpaese?
Osservo
gli esiti di questa "milizia partitica" al tempo della Seconda Repubblica che
dall’alto dei suoi ricchi stipendi si occupa della categoria docente: 1.
L’Italia è un Belpaese con crescenti tensioni sociali dovute alla caduta del
tenore di vita dei ceti medi, la politica ha lavorato dal 1991 per aumentare il
divario i ricchezza fra pochi privilegiati e la stragrande maggioranza degli
abitanti del Belpaese. 2. Dal 1991 ad oggi il Belpaese è andato dietro
un’avventura militare dietro l’altro in barba al dettato Costituzionale che
afferma una certa prudenza in materia. 3. Le genti del Belpaese esprimo spesso
un malessere crescente attraverso mille manifestazioni: consumo di droga, abuso
di alcolici, critiche radicali al sistema, espressioni di carattere razzista,
violenza domestica… 4. La diffidenza, evidentemente reciproca, fra la maggior
parte della cittadinanza e le classi sociali che vivono di politica è
aumentata; ormai la politica di professione sembra aver perso il rapporto
quotidiano con quelle che erano un tempo le sue grandi masse elettorali. 5. La
scarsa considerazione che le diverse genti d’Italia hanno nel resto del
mondo sembra esser aumentata, anzi le
forze politiche opposizione insistono molto su questa evidenza mostrando che
chi vive di politica è consapevole di non aver spostato nulla in questo senso.
6. Nel mondo dell’anno del Signore 2011 si è in manifesta presenza di un riarmo
generalizzato delle potenze grandissime e
grandi e medie del mondo, la nostrana politica non sembra certo consapevole dei
gravi pericoli del momento e per certo non fa nulla per aumentare nelle genti
del Belpaese la consapevolezza dei rischi. 7. Le classi sociali che vivono di
politica non sembrano interessate alla scuola, a forme di educazione interne
alle espressioni della società civile, ai problemi esistenziali della
popolazione. 8. Ciò che è il centro di queste minoranze al potere sembra il
supporto permanente alle esigenze del commercio, della produzione, al
mantenimento di una fabbrica del consenso per questo sistema politico fatta di
metodi talvolta opachi, di sussidi e donazioni ai partiti, di leggi che
finanziano fondazioni, testate editoriali e altre realtà riconducibili alla
vita politica di queste minoranze. 9. A giudicare dai fatti della cronaca
politica non sembra che questi ceti che vivono di pubblici stipendi siano interessati
al malessere di tanta parte delle genti del Belpaese che vivono in condizioni
di povertà o di disagio, il loro agire in senso sociale sembra dettato da
esigenze elettorali. 10. Il rapporto fra Palazzo e Cittadino era pessimo nella
Prima Repubblica e non pare oggi nella Seconda essere migliorato. Le istituzioni della Repubblica vengono viste
con diffidenza e nel caso del potere giudiziario i pareri nelle disperse e
difformi genti del Belpaese sembrano polarizzati dalle violente polemiche
politiche contro i giudici che sono una costante dal 1994 a oggi.
Mi
fermo qui e considero che è lecito per le categorie sociali che vivono di
politica criticare ciò che è scuola e considerare eventuali provvedimenti
amministrativi e di legge, ma per questioni di decenza dovrebbero essi
ammettere i loro gravi torti, la loro inerzia verso i mali del paese, l’eccesso
di furbizia che li pervade, l’opportunismo delle loro azioni e dei loro atti.
Non si può giudicare a colpi di clava intere generazioni d’insegnanti tirando giudizi
nel mucchio come si è fatto da un paio di decenni fino ad oggi. Se lo scopo
finale di tutto questo è creare lo spazio per il formarsi di una scuola
confessionale o laica di carattere privato dove indirizzare i figli delle
classi sociali elevate lo si ammetta senza giri di parole direttamente e
apertamente. Se queste minoranze di genti del Belpaese intendono compiacere le
tendenze delle politiche neoliberali volute da banchieri e finanzieri
internazionali tese a privatizzare anche
il settore scolastico devono dirlo, scriverlo e
farlo sapere ai loro elettori. Possibilmente indicando da quali
potentati finanziari arriva il consiglio di tagliare certi settori dello Stato
Sociale e della Pubblica Istruzione. Così almeno la maggior parte degli
italiani sanno chi ringraziare e possono evitare di risentirsi e imbufalirsi
verso i politici di professione che sono i tramiti fra la volontà di minoranze
internazionali di superprivilegiati apolidi e la gestione del potere politico. Non c’è
nulla di male se le organizzazioni politiche, che sono e restano per la
nostra Costituzione soggetti privati, creano le condizioni per smantellare
quanto fatto in cinque decenni di Prima Repubblica per creare un modello
sociale alla Statunitense. Solo che devono essere onesti e ammettere che la
loro politica non vuole conservare o mantenere ma dissolvere e ridefinire.
Colui che insegna si trova ad essere in una posizione scomoda perché il suo formare,
dare e creare passa anche dalla conservazione e dalla trasmissione di saperi provenienti
dal passato, tendenzialmente la categoria docente è una categoria di
conservatori anche quando innova. Per questo oggi sul corpo docente del
Belpaese appuntano tante critiche e tante affermazioni negative, fra il
politico di professione e l’insegnate c’è tanta differenza. Basta saperlo e
tutto diventa comprensibile.
IANA
per FuturoIeri
Pubblicato il 15/4/2011 alle 15.39 nella rubrica Diario.