23 aprile 2010
L'articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana
L’articolo 1
della Costituzione della Repubblica Italiana
L’articolo 1 della
Costituzione della Repubblica Italiana presenta una Repubblica fondata sul lavoro.
Precisamente:“L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della
Costituzione”. Il lavoro è il fondamento riconosciuto della vita civile e
sociale della Repubblica Italiana, il problema è: che cosa è oggi per milioni
d’italiani il lavoro?
Il lavoro oggi è precario,
instabile e spesso pagato poco e questa realtà è aggravata dalla crisi e
dall’emergere di nuovi imperi globali con nuove minoranze al potere che
vogliono trasformarsi in una sorta di nuova aristocrazia della finanza e del
potere in grado di condizionare la vita di milioni d’esseri umani. Del resto
l’India la Cina, il Brasile, la Russia post-sovietica e altre potenze minori
sono pressate da milioni di esseri umani ormai parte di una nuova piccola e
media borghesia che esige di consumare
petrolio, energia, beni voluttuari, e di godere di qualche briciola del benessere
delle classi dirigenti e dei ceti sociali ricchi. Il quieto vivere delle classi
dirigenti nei nuovi imperi e negli Stati a vocazione imperiale dipende dalla
soddisfazione delle aspirazioni di potere e di consumo di questa massa di umani
che è il vero motore del successo politico ed economico delle nuove potenze
medie e grandi che stanno ridimensionando gli Stati Uniti e alcuni dei loro
alleati storici. Senza i milioni di colletti bianchi, professionisti, quadri di
partito, mediatori, commercianti, ingegneri la potenza Brasiliana, Cinese,
Indiana e Russa sarebbero delle chimere e non delle realtà concrete, sono le
centinaia di milioni di Indiani e Cinesi che vivono un po’ meglio dei loro
padri e nonni a spingere i loro governi verso politiche volte a favorire il
proprio commercio e le industrie estrattive. Alcune risorse strategiche e
certamente il petrolio si trovano in Africa, nel Medio-Oriente e in alcune zone
dell’Asia, il grande interesse per l’Africa dei nostri anni è dettato dal fatto
che c’è un bisogno estremo delle risorse del sottosuolo africano che gli
imprenditori e i governi locali non sanno sfruttare e usare per alleviare le
sofferenze delle popolazioni locali. Il lavoro, il suo senso, i suoi costi sono
una variabile non più del mercato, cosa che avrebbe un senso, ma di colossali
interessi geopolitici collegati a quello che è un grande Risiko giocato dai
potenti del mondo con regole truccate, mezzi sporchi e talvolta guerre per
procura. Il lavoro nel Belpaese oggi è un calcolo, è l’elemento di progetti e
investimenti finanziari di banche o Fondi sovrani, è lo studio di gruppi
ristretti di manager e progettisti, è un prestito della grande finanza per
avviare una certa attività o per trasferirla altrove; in sintesi è qualcosa di estraneo al singolo
e al suo progetto di vita. La crisi della Prima Repubblica si sarebbe comunque
verificata aldilà del disastro sociale e politico di Tangentopoli di cui sono
stati protagonisti i vecchi partiti della Prima Repubblica, proprio la
questione del primo articolo e la sua perdita di senso in questa realtà di
delocalizzazione a livello globale del lavoro dimostra come in crisi fossero i
valori e i miti che avevano sorretto lo sviluppo economico e sociale della
Prima Repubblica. I vecchi partiti dei ladri, dei retori con le pensioni
dorate, le correnti politiche dei cattivi maestri e dei venditori d’illusioni
hanno solo accelerato una decomposizione in atto, Berlusconi ha liquidato a
modo suo l’ingombro delle rovine e delle carcasse puzzolenti morte da tempo. Fra
le cose rotte del passato oggi rimosse c’è l’antico mito del lavoro.
IANA per
FuturoIeri
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