13 marzo 2010
La civiltà italiana come ricostruirla (VII)
De
Reditu Suo - Secondo Libro
La civiltà
italiana come ricostruirla (VII)
La possibile ricostruzione della civiltà
italiana civiltà deve tener conto delle differenze enormi che separano le genti
della penisola. Negare la diversità interna al nostro Belpaese resa ancor più
forte dalla presenza di decine di comunità di nuova emigrazione che portano con
sé la loro cultura e ambizioni proprie di ascesa culturale e sociale è una
follia, fare ciò vuol dire negare l’evidenza della realtà. Quindi occorre
determinare una possibile ricostruzione della civiltà italiana a partire non da
storie fasulle o immagini retoriche ma dalla presentissima disgregazione e
moltiplicazione dei punti di riferimento psicologici e culturali che ormai
affliggono le disperse genti d’Italia. Quindi una pluralità di culture,
comunità, municipalità e forse perfino di famiglie deve trovare le ragioni del
proprio star assieme, del diventare una unità composta di pluralità che
riconosce e accetta delle regole condivise, una pubblica istruzione di cui si
fa carico lo Stato, leggi comuni, una Carta Costituzionale magari riformata con
equilibrio e non sulla base delle esigenze dei partiti politici o di leader
ambiziosi. E’ bene inoltre che le genti del Belpaese si sveglino e scendano dal
letto nell’anno del Signore 2010: lo sciopero dei cosiddetti lavoratori extracomunitari,
o immigrati, del 1° marzo ha segnato una svolta.
Le comunità straniere di recente immigrazione hanno
dimostrato a noi e a se stesse che sono in grado di organizzarsi, coordinarsi,
scioperare e presentare una piattaforma politica.
L’Italia non è più l’Italia dei soli Italiani-Italiani e ad oggi non è una
civiltà ma una messe di tante differenze che sono i resti e le rovine delle
tante civiltà e dei tanti Stati e Imperi che si son avuti nel corso di tre
millenni nella penisola, il fatto che la Seconda Repubblica sia formalmente
ancora in servizio nel momento in cui scrivo non cambia il mio pensiero. Una pluralità così difforme come è quella
italiana deve trovare delle sue ragioni
per unirsi intorno a qualcosa di fondamentale, presso gli antichi quando
le famiglie e le tribù erano già fonte di differenza l’unione era data da re di
origine divina o sacri o da antenati illustri spesso parte di una schiera di
Dei ed Eroi. I sovrani vivevano una condizione sospesa fra mondo umano e mondo
divino, l’unità politica e culturale anche se non era un precetto della fede
pagana di solito era comunque cosa sacra o benedetta dagli Dei. Il problema è
che cosa è rimasto di sacro o di simile al sacro nei nostri tempi. Ciò che si
teme nella maggior parte della popolazione è la povertà, ciò che si onora e si
brama presso la stragrande maggioranza della popolazione è la ricchezza. La grande illusione creata dal culto del Dio
- denaro rafforzata da una pubblicità invasiva, quotidiana e martellante domina la mente della maggior parte delle genti
diverse del Belpaese e in particolar modo delle donne che sono le più colpite
da questo processo di creazione dell’identità attraverso il possesso di merci e
l’ascesa sociale. Questo falso Dio va messo in condizione di non nuocere,
questa è la prima condizione per poter pensare il futuro.
IANA per FuturoIeri
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