4 agosto 2014
Sintesi: Il Maesto - secondo atto - Immagine pubblicitaria e civiltà industriale
Stefano
Bocconi: Il falso è parte della pubblicità e delle pubbliche relazioni che devono
venderti qualcosa, ma non è un falso in quanto falso. Non è un falso da
risposta secca del tipo SI/NO. Si tratta di un falso che spesso è mischiato al
vero, a immagini comuni, a speranze, a desideri, spesso desideri sessuali,
talvolta a frustrazioni. La pubblicità e
i trendsetter reinventano il senso del prodotto, attribuiscono ad esso un
valore, uno stile di vita, una logica dello stare al mondo che esso di per sé
non ha.
Vincenzo Pisani:
Già proprio così. Questa è la potenza dei trendsetter e di quelli che fanno
pubbliche relazioni in modo professionale. Sono i creativi del valore aggiunto
immateriale, i realizzatori della molla
psicologica che crea il profitto coloro che mandano avanti l’industria della
pubblicità e delle pubbliche relazioni. Il consumatore è per prima cosa un
essere umano. Quindi come tale ha frustrazioni, ha paure, ha desideri, ha
istinti repressi, spesso ha una vita sessuale infelice, è un consumatore di
sostanze insalubri come tabacco e superalcolici, talvolta è psicologicamente
ferito per delusioni negli affetti, negli amori, nella vita professionale. In
altre parole ogni umano ha dei punti di rottura, dei lati deboli; qualcosa su
cui si può far leva per spingerlo ad
acquistare dei beni o servizi. Del resto a che servono donne bellissime nude o
seminude nella pubblicità se non per attirare l’attenzione di maschi adulti, a
cosa serve infilare dei bambini piccoli nella reclame di prodotti per la
colazione o per la casa se non per andar a colpire la fantasia di chi ama la
vita domestica e gli affetti familiari. La testa dell’essere umano è come se
fosse di plastilina. Può esser manipolata e rifatta se l’artista della
manipolazione ha gli strumenti giusti.
Franco: Sagge
parole, ma nessuna di esse è tranquillizzante. Del resto devo riconoscere che è
molto difficile cambiare questo stato di cose visto l’enorme potere di
trasformazione delle credenze e dell’immagine del mondo che ha l’industria
della pubblicità. Va da sé che essa non è un mostro irragionevole ma un
prodotto di rapporti di produzione capitalistici entro i termini di una terza
fase della civiltà industriale. Il computer, la televisione, la radio,
internet, la telefonia mobile hanno trasformato i linguaggi parlati e
l’immagine del mondo della quasi totalità degli abitanti del Belpaese. Quindi
quale strumento più coerente per trasformare la mentalità e le abitudini della
pubblicità commerciale che può penetrare in tutti questi canali di
comunicazione. Questo però porta a un grave problema per i pochi che riflettono
e ragionano sul futuro e sul destino collettivo, ovvero quali strumenti e quali
attività possono esser attivate per evitare di esser vittime di questo modo di
trasformare di continuo la nostra immagine del mondo. Il problema del porsi
davanti al male di vivere in termini ragionevoli e attivi e deve tener conto
della forza enorme di questa industria della pubblicità che è un vero e proprio
esercito di avvocati, psicologi, antropologi, esperti di comunicazione,
tecnici, registi, attori, burocrati… Dirò di più a questo proposito. Essa è una
delle manifestazioni più riuscite e complete del potere di oggi, perché oggi il
potere è prima di tutto finanziario e ha bisogno di una efficace industria
delle pubbliche relazioni e della pubblicità.
Una voce
dalla cucina: “Per i secondi passo fra poco. Intanto faccio fare i primi”.
Vincenzo Pisani:
Io non mi sono mai sentito un plagiatore. Comunque è vero quel che dici, ma c’è
di più. Il conformismo lo hai messo fuori dal tuo discorso. Invece è stato
tanto ai miei tempi e lo è ancora. Molti umani, anzi moltissimi, non hanno
una forte coscienza e identità e questo vale anche per le donne. Quindi imitano
figure che gli sembrano carismatiche, o le mosse dei divi del cinema, o le
frasi fatte dei divi dei telefilm, o le posizioni delle dive delle passerelle e
delle presentatrici. I trendsetter insomma. Ma a coronamento di questo c’è
l’abitudine, la ripetizione, la banalità dell’atto che trasforma qualcosa che
di per sé è un gesto da palcoscenico in un qualcosa che va bene, che è
accettato. Pensate per un momento a quelli che devono farsi vedere in piazza o
in paese con abiti e scarpe firmati. Sono una maggioranza ma devono cercare di
staccarsi dalla massa di cui fanno parte per qualcosa di individuale, per il
possesso di un bene che dimostri che hanno una personalità, uno status sociale,
un ruolo, un senso. Il singolo che è solo nella moltitudine di atomi umani che
schizzano dovunque vuole sentirsi protagonista
proprio come i personaggi famosi e quindi li imita e imita anche i molti che
imitano quei pochissimi. Di fatto quando una tendenza supera certi numeri
diventa un fatto ordinario, una moda,
una questione di smercio di volumi di merce prodotta chissà dove e fatta pagare cara per via del valore
aggiunto che assume in quanto bene che si compone di una natura materiale e di
una immaginaria. L’essere umano imita i pochi ricchi e famosi e imita subito
dopo i molti spesso come lui, ossia né ricchi e nemmeno famosi. È come se
avesse il bisogno sia di distinguersi e nello stesso tempo di esser accolto in
una sorta di collettività dedita alla
produzione e al consumo. Devo dire che parlando con il professore, che sta
laggiù a quel tavolo, più volte si è ragionato come i ceti gerarchicamente in
basso nella scala sociale tendono a imitare alcuni comportamenti di coloro che
stanno in alto. Pensate per esempio alle vacanze, prima della civiltà
industriale erano una prerogativa dei nobili che andavano nei loro feudi e
possedimenti anche per controllare i
sovraintendenti e i lavori agricoli
della servitù. Poi con la civiltà industriale è diventata la vacanza una vera e
propria industria dello svago e del divertimento per le moltitudini. Ciò che
era inferiore e in basso nella gerarchia sociale si è elevato e ha costruito la sua versione e il suo concetto
di vacanza e di viaggio d’istruzione.
Paolo Fantuzzi: Uno
come me che ha scorrazzato fino a ieri con il camper non poteva intuire di aver
ereditato una tradizione con un passato così illustre. Comunque esiste o non
esiste nel tuo discorso quella cosa che si chiama libero arbitrio? In fondo si
è padroni della vita propria, si dovrebbe poter accettare o rifiutare quel che
passa dalla televisione, da internet o chissà da dove.
Vincenzo Pisani:
In gioventù la pensavo proprio come te. Poi ho avuto dei ripensamenti. Mi sono
accorto di quanto per vanità, ignoranza, superficialità l’essere umano sia
vulnerabile alla lusinga, alla tentazione, al conformismo, alla soddisfazione
dei suoi desideri e perfino delle sue passioni.
Clara Agazzi:
Questo parlare vede solo il lato negativo, in fondo ci deve pur esser una
dimensione positiva e sana. Pensate per un momento a chi fa volontariato, a chi
lavora per il prossimo, a chi fa atti di carità. Io credo che esita
l’emulazione anche in positivo e non solo per la soddisfazione di un capriccio,
di un desiderio sessuale represso che deve trovare una sublimazione in altre
forme, per trovare una scala psicologica e salire sopra i suoi limiti e le sue
paure. Mi risulta che milioni di umani abitanti nella penisola si danno da fare
in molti modi, dagli orfani a coloro che si occupano di cani e gatti
abbandonati. C’è chi occupa perfino di rapaci e volatili in generale. Forse è
la logica con cui vengono usati gli strumenti di persuasione che è perversa
perché eccita quello che nell’essere umano crea contrasto, egoismo, desiderio
di rivalsa, fuga dalla realtà, volontà
di potenza. Se la logica è l’esaltazione, in diverse forme e figure, dell’esercizio arbitrario e personale del potere su uomini e cose o della
capacità di piegare alla propria volontà la natura mi pare ovvio che si
pervenga a una vasta umanità di umani soli, infelici, aggressivi e frustrati.
Come è arcinoto lo scarto fra i desideri, di per sé infiniti, e la
realizzazione degli stessi è un qualcosa che richiama distanze infinite e tempi
di realizzazione ignoti . Se si mostra che tutto è possibile e si spingono
milioni e milioni di umani a credere questo è ovvio che il risultato sarà una
grande allucinazione collettiva che non può che costruire una civiltà fatta di
gente frustrata, infelice, alienata, desiderosa di sempre nuovi piaceri e nuove
acquisizioni per placare le sue paure e il proprio disagio interiore. Ma chi ha
detto che può finire così. Gli stessi mezzi possono esser usati per rendere
consapevoli gli esseri umani, per migliorarli, per purificarli dalle loro
stesse paure, dai loro limiti.
Franco: Potrei
dire che è giusto quanto affermi. Ma non lo farò. Occorre riconoscere quello
che è il principio di realtà che urla in faccia a tutti noi qui seduti, e non
solo, il fatto banalissimo che quest’industria ha come suo fine il creare
profitti. Punto e basta. L’industria dello spettacolo e della pubblicità sono
in stretta unione ed entrambe devono creare è profitti per azionisti,
produttori e finanziatori. Altrimenti non è industria è volontariato culturale.
Qualcosa di diverso, di altro. Noi per esempio con questo discorso stiamo
attuando una microscopica forma di volontariato culturale. Stiamo allargando la
nostra visione della realtà per mezzo di un libero scambio di punti di
vista. Ma prova a pensare una vicenda si
una dimensione produttiva dell’industria “culturale” di oggi, nella quale sono
stati investiti milioni di euro o di
dollari. Chi finanzia vorrà almeno far pari con quanto speso. Quindi i buoni
propositi si fermano davanti al profitto che è il motore finanziario del modo di
produzione capitalistico. Allora il problema è come si concilia il presente
modello di produzione e consumi con le istanze che porti. Una risposta
possibile è che non è conciliabile, una seconda risposta possibile è che
occorre costruire un potere che bilanci lo strapotere del dio-quattrino, una
terza è che occorra aspettare che crolli tutto il sistema per ricostruire dalle
macerie un nuovo ordine.
Paolo Fantuzzi:
Ma tu che cosa ne pensi? Perché hai una risposta ne sono sicuro!
Franco: Devono
cambiare interiormente gli esseri umani. Occorre un processo di liberazione
dalle paure e un processo di potenziamento della mente e della consapevolezza
di se stessi. Non confondetemi con un ciarlatano che predica di stregoneria e di
pozioni. Sto parlando di crescita interiore e d’elevazione fisica e psichica. Occorre
guarire se stessi dal proprio intimo male di vivere per superare questo
presente.
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