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1 aprile 2011
La recita a soggetto: Malocchio&Politica
Le Tavole delle colpe di Madduwatta
La
recita a soggetto
Anno
2010 estate, nel villino di periferia di Vincenzo Pisani si presentano di notte
lo zio Francesco e lo Zio Marco Pisani preoccupati da uno strano annuncio. I due dopo anni si parlano di persona.
Marco chiude il giornale, lo piega
in quattro parti. Lo mette al posto. Francesco si avvicina. Siede accanto a lui
con aria amichevole.
Marco: Non si è ancora detto nulla sulle sfortune
della famiglia. Quelle vere.
Francesco:
Intendi le donne, l’eredità, questo
casino del nostro nipote?
Francesco si guarda i piedi come se
volesse sottrarsi a un confronto.
Marco:
Donne e politica ecco le jatture della
nostra famiglia. Un malocchio ti dico, roba da esorcista, da consulto presso il
mago egizio di Livorno…
Marco: Quello etrusco di Cerreto no… è pure meglio
fa anche le divinazioni elettorali. Ci piglia.
Francesco:
Già… è vero. Ma è sempre la stessa storia
qui in Italia. Il ricco è amato dalle donne, sempre e comunque. Si tratta di
una regola generale in Italia, è un dato di fatto necessario e ordinario, una questione di continuità
culturale. Se nel remoto passato c’era la dote oggi c’è l’insieme dei beni e
dei denari. La coppia è una questione di cassa, di dare e avere. Perché
stupirsi se nel momento della difficoltà economica le donne in questa casa come
altrove hanno mollato amanti, amici, e fidanzati. Stupirsi è stupido in questo
caso. Certo il nostro nipotino potrebbe scrivere un libro illustrato: “Le donne
della mia vita” con il seguente sottotitolo “tante coi soldi, poche senza”. Per
me il discorso è tutto qui. Non c’è altro. Non può esserci altro nel Belpaese.
Marco: “Massì che c’è altro!”. Iniziamo a dire che
la politica porta disgrazie e lui ha voluto far quella pazzia dieci anni fa di
aderire a quel partito dell’Asinello che poi è sparito, si è fatto pure
eleggere al quartiere, giusto per farsi nemici e complicarsi la vita. Poi si
stupisce se Comune e Provincia si
ricordano due o tre volte l’anno di lui e mandano i controlli. La politica attira
il malocchio, non ho dubbi. Io che sono un qualunquista, menefreghista,
razzista, bellicista e non ho impegni e tessere avrò avuto in dieci anni una,
due, tre ispezioni. Nonostante ciò ho inquinato, fatto i fatti miei, sfruttato
la povera gente che lavora qui e in altri paesi, lavorato per conto di gente
impresentabile, ai confini della decenza e
della legalità. Eppure, nessuno mi chiede nulla. Ma pensa te! E questo
accade perché credo alla magia e so che il malocchio va prevenuto. Le
negatività magiche e mistiche emergono quando si fanno le manifestazioni, gli
scioperi, i casini di piazza. Per chi poi? Per arabi strani, per i negri, per i
giapponesi o i cinesi o chissà che cosa, o peggio per i disoccupati e le
famiglie disperate in Italia. I fatti propri occorre farsi. Se uno è generoso
con il proprio tempo, con il proprio denaro, se fa elemosine, se crede in valori
diversi da quelli che martella ogni giorno la pubblicità commerciale, se lavora
a gratis per i giovani, per i disoccupati, per i poveri è certissimo che sarà
visto con grandissimo sospetto dalle ragazze e dalle donne italiane e dalle
forze di polizia. Poi è chiaro che su di lui cade il malocchio, la sfortuna,
le…
Francesco: Ispezioni della provincia, dei vigili del
fuoco, della polizia municipale e della finanza… Il malocchio. Senza dubbio.
Malocchio che nasce dal farsi del male occupandosi magari del disagio
giovanile. In un paese dove i signori che ci governano vogliono vedere un solo
tipo di giovane maschio o femmina che sia:”i figurini della pubblicità commerciale vestiti
alla Statunitense”. Certo che impegnarsi con la politica per i giovani e i
disoccupati ha calamitato sul nostro nipotino gravi segni di negromanzia. Di
sicuro per sua colpa ha suscitato l’invidia e l’odio di gente cattiva, che fa magia,
magia nera. Con la sola forza del pensiero evocano e materializzano la
delazione anonima, la telefonata del confidente, della spia rionale o
condominiale. Davvero gente malvagia. Che fa commercio con i demoni. Come certi
architetti, avvocati, medici, notai pronti a far la spia, a vendere i segreti
del cliente ai suoi nemici magari per un conto non pagato o per un regalo mai
ricevuto. Davvero il malocchio pervade tutta la vita civile e la gente perbene,
i giovani imprenditori, i piccoli commercianti lo subiscono con rassegnazione e
fatalità religiosa. Ma il nostro ha voluto strafare, non si è mosso, ha fatto
casino, non ha piegato la testa. Ed ecco che arrivano gli accertamenti, i
controlli, le ispezioni, le delazioni anonime, i bigliettini minacciosi nella
cassetta delle lettere, i finestrini dell’auto rotti e altre cose simili. Una
sfortuna dietro l’altra. Ma non è persecuzione, non è che ha pestato i calli a qualche illustrissimo presidentissimo d’Italia
o della provincia. Si tratta di magia nera, di qualche amuleto, di qualche
fattura messa in piedi contro di lui. Ad
esempio che bisogno aveva di far una lotta politica per il centro giovani. In
un quartiere del cavolo. Maledetto da Dio, un quartiere dormitorio costruito
con cemento marcio e il compensato negli anni settanta per mettere la feccia
che lavorava in fabbrica e veniva
sfruttata nell’industria alimentare sotto un tetto? A nessuno! Solo a lui. Non
è arroganza, non è ignoranza, non è idiozia, è
magia. La fattura maligna della gente invidiosa ha spinto il nostro
nipote a rovinarsi. Sì. La magia è una
cosa seria, palpabile, sincera. Ma è anche e soprattutto malocchio se è volta
verso il male e il procurar sciagure. Che frega al quartiere se i giovani si
drogano, rubano, scippano, s’alcolizzano, s’ammazzano con la corda ben tesa o
disintegrandosi contro un muro di notte. Nulla. Chi ha i soldi è vecchio, è
anziano, è terrorizzato dal futuro e i giovani sono la sua cattiva coscienza,
il segno giusto e retto del suo fallimento civile e morale e della sua prossima
dissoluzione fisica in una tomba. Il giovane non viene a continuare l’opera del padre o del nonno ma
a smentirla, criminalizzarla, smantellarla, denudarla con suo essere atto di cinico egoismo. Egoismo
generazionale che ripete la cattiveria degli antenati e annunzia la malvagità
dei nipoti. Come ha da essere qui sul pianeta azzurro dove tutto tende alla
morte e ogni cosa trova la sua punizione in modo che la vita possa risorgere
dentro un ciclo continuo di dolore e vita che si perpetua nel fluire del tempo
cosmico. Come può chi fa politica con i giovani non subire il malocchio portato
da gente anziana che sa di essere in torto e di dover prima o poi esser
costretta a subire l’abiura e il disconoscimento del legame di sangue da parte
della propria discendenza. L’Italia è fatta di famiglie e nelle nostre famiglie
il coltello più grosso con cui si taglia di più e si colpisce di più i propri
familiari per farli restare al loro posto è cosa che hanno in mano gli anziani,
i vecchi e le vecchine che fino alla morte si tengono ben strette le loro
proprietà che sono tutto ciò che esiste e che dà senso alla vita.Sono la vita, a pensarci bene.
Marco: Finalmente parole sensate. Era ora. Il malocchio ha punito con durezza
la nostra sfortunata famiglia. Chi come me secondo giustizia ha sempre espresso
un egoismo proprio assoluto e monarchico ha fatto il bene di tutti. Chi come il
nostro nipotino sciagurato si è dato da fare per gli altri ha aggravato l’equilibrio
e ora la sfortuna osserva questa nostra sfortunata casa. Forse con un paio di benedizioni pasquali
chissà, magari la cosa va accompagnata con
amuleti e riti di maghi professionisti. Del resto non si può pensare che in una
Repubblica bene ordinata come la nostra certe sciagure siano pilotate, create
ad arte, o peggio siano frutto di
delazioni anonime e telefonate confidenziali ai dirigenti dei competenti organi
di controllo. Quindi è nella magia e nel mistero la ragione di tanta disgrazia.
Ma mi chiedo è giusto dire senza giri di parole questa cosa e questo nostro
pensiero al Vince?
Francesco: Scusa fratello, ma in fondo:” che ce ne
frega”? Se c’è da pagare per togliere il
malocchio alla casa e alla famiglia perché deve toccare a noi? Paghi lui e
arrivederci e grazie!
Marco: Una seconda cosa giusta, questa notte che avanza porta consiglio. Trovo
aria di famiglia.
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10 febbraio 2011
Il Fascista Immaginario: un lavoro, una fede

Le Tavole delle colpe di Madduwatta
Il
Fascista Immaginario
Breve scritto teatrale sulla
disgregazione del vecchio mondo umano al tempo del ministro della pubblica
istruzione Letizia Moratti e dell’ennesimo governo Berlusconi; è l’ estate del
2003.
-
Lazzaro:
D’accordo. I soldi, il potere, la roba,
l’appartamento. La macchina, le donne… Le genti d’Italia sono diverse ma tenute
assieme dall’avidità e dalla paura; se fossi un filosofo antico direi che
l’anima dei nostri è profondamente malata. Ha perso la parte razionale e si è
dissolta quella legata all’orgoglio marziale e alla volontà di potenza, è
rimasto solo desiderio, brama, delirio, cupidigia. Ma come se ne esce, e a titolo
personale… Come vedi tutto questo. Come è possibile uscirne e altra domanda
fondamentale quali sono, se ci sono, le leggi che regolano questo sistema;
perché uno schema, un canovaccio deve pur esserci.
-
Sergio: Il mio secondo lavoro semplifica queste domande.
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Lazzaro:
Voglio saperne di più, parla…
-
Sergio: Funziona così. Ho bisogno di soldi, servono
per il mio primo lavoro. Ricambi per il veicolo, benzina, assicurazione,
qualche spesa imprevista e poi le spese per me. Mi sono accorto dell’infelicità
di tanti che non riescono a vivere in un Belpaese ormai colonia celebrale
dell’Impero Anglo-Americano. Loro sono le teorie dominanti in economia, loro è
la concezione criminale di un libero mercato che spacca la comunità nazionale,
loro la visione scellerata di far delle nostre città e paesi la ripetizione
grottesca e apertamente empia della
Torre di Babele dove i popoli erano associati fra loro parlando la lingua del
despota orientale che l’aveva creata. Sono stranieri come mai li abbiamo
conosciuti in questa nostra penisola, neanche i turchi sono così diversi da noi
come questi inglesi e questi statunitensi. Alieni. Quindi qualcuno un giorno mi
ha messo una pulce nell’orecchio e mi ha detto come sarebbe bello ritornare ai
vecchi tempi, fare come i rossi che hanno i loro modi di ricordare, di star
assieme, di metter in scena la loro lotta armata e la Resistenza. Anche se devo
dire che quest’ultima parola di solito non la uso e non ha per me lo
stesso valore di chi solitamente la pronuncia.
-
Lazzaro:
Credo di capire purtroppo. Questa è una
reazione, solo che invece d’essere pubblica è di carattere privato e con
finalità di lucro. Ho capito bene. Siamo alle solite. Vi nascondete dietro a un
dito. Certo per me è facile capire. Questa destra ripulita, in giacca e
cravatta, con dirigenti che parlano inglese o peggio che fingono di farlo non
può rimettersi la camicia nera…
-
Sergio: Come no! Il nero si addice a camerieri e
gente di servizio come i maggiordomi, quindi possono benissimo vestir di nero
quando si ritrovano con i grandi
finanzieri, con i CEO delle Multinazionali, con i direttori di banca,
con i generali stranieri, con i capi della massoneria, con illuminati,
sacerdoti e altro ancora. Ma un giorno finirà questo Purgatorio punitivo e ciò
che ha natura propria ritroverà la sua strada. Per me è legge di natura.
-
Lazzaro:
Che situazione assurda, il fascista
immaginario è più estremista di me e per certi aspetti ancor più
anticapitalista e antisistema. Peccato ami le divise, i pestaggi, la polizia,
le armi da fuoco.
-
Sergio: Come credi che arriverà la tua
Rivoluzione…Il tuo popolo al potere…Con le belle parole, con le libere
elezioni, con qualche predicatore da piazza, con qualche editoriale in un
giornale pagato da banche e capitalisti, con il casino in pazza o i Social
Forum?
-
Lazzaro:
Non ho dietro di me l’Armata Rossa, e
devo dire che non è poi un buon affare andar dietro ai carri armati e ai
generali. Ma dimmi piuttosto cosa fai quando ti cali nella tua parte. Quello
che fai mi sembra una cosa a metà strada fra il gioco di ruolo e il teatro a
domicilio.
-
Lazzaro:
Vado con ordine. Così è tutto più facile.
Di solito la sera o di notte arriva una telefonata. E’ il cliente o un suo
amico. Fissiamo l’appuntamento e di solito il prezzo. Poi al momento opportuno,
una o due ore prima di andare in scena mi faccio un caffè doppio, capelli corti
o rasati ovviamente, vestiario comune e quel che serve in un sacco o meglio
ancora in uno zaino di vecchio tipo. Poi arrivo dal cliente con il furgoncino,
di solito per non dare nell’occhio uso abiti da lavoro e delle grosse borse
come quelle da operai, come se dovessi andar in casa a far un lavoro alle
tubature o aggiustare dei fili elettrici. I vicini se
ci sono e scrutano pensano che sia stato chiamato il garzone di un muratore o
l’elettricista. Arrivato in casa mi presento e mi scuso per gli abiti, specie
se la casa è di lusso. Ma la clientela capisce al volo. Di solito son gente di
media o alta borghesia e non ama la pubblicità. Certo per la mia salute
preferirei far queste cose allo stadio o in qualche piazza rionale, ma non è
possibile e poi ho bisogno di soldi. Nella casa è sempre presente una stanza
libera che può essere sgombrata o allestita in pochi minuti. Basta poco, un
quadro, delle bandiere, qualche cartone pieghevole dipinto, un cimelio. Alcuni
clienti hanno divise e oggetti d’epoca e così spesso sono loro a metter a
disposizione quanto serve. A quel punto parto con la musica. Discorsi del Duce
o qualche inno del periodo. L’importante è far la magia, montar bene la scenografia, illudere che siano
nel 1923, nel 1933 o nel 1943, che il tempo si è fermato, che l’Italia è
tornata indietro ed è ancora Impero, senza questi stranieri che vengono dall’Oceano
Atlantico. Dopo a seconda del cliente inizia la mia opera. Discorsi di
carattere storico, encomi, lodi di eroi, lettura di bollettini di guerra
trionfalistici, elogio del Duce e della sua opera. Di solito non è bene
insistere sul fascismo, la clientela preferisce che si parli bene del Duce. Il
fascismo in fondo come regime totalitario ha mancato il suo destino e non ha
vinto la guerra. Qualcuno vuole la drammatizzazione, in un paio di volte ho
dovuto rievocare la cattura del Duce da parte dei traditori e la sua
liberazione grazie ai paracadutisti germanici. Quando il pubblico si è commosso
capita quasi sempre che qualcuno dia in escandescenze, che deplori l’Italia,
che urli il suo odio per questo ordine di cose. Non so se capita anche a voi ma
vedo che questo capitalismo selvaggio e distruttivo delle identità popolari e
nazionali è proprio odiato.
-
Lazzaro:
A chi lo dici…Questo almeno lo capisco.
Lo capisco bene.
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Sergio:
Quando vedo che la situazione è calda e
il mio piccolissimo pubblico è carico scatta di solito la rievocazione dei
successi del Duce, se posso con i filmati d’epoca, l’elogio della persona, il
tributo di fede alla sua figura, poi c’è la conclusione… Nella quale deploro la
sua fine, ingiustizia che è caduta sopra di lui, talvolta parlo male anche dei
nazisti che non hanno capito nulla. Sono più copse nello stesso tempo: fanatico
fascista, attore, ciarlatano, scenografo, imbonitore, propagandista politico,
estremista e il tutto in circa quarantacinque minuti. Eppure non mi sento un
criminale, vedo che alla fine la clientela sta meglio, si sfoga, ricarica le
pile psicologiche. La mia è una cura dell’anima. Anche se devo dire che in
tanti apprezzano i racconti delle imprese militari, dei bombardamenti fascisti
su Londra e sulla Spagna Anarco-Comunista o la storia della crociata
antibolscevica del 1941, o la lotta antipartigiana in Italia. Io del mio
repertorio amo ricordare tutti gli stranieri inglesi americani ammazzati in
Africa e Sicilia. Ma mi rendo conto che la clientela ha mandato i figli a
studiare nei college o a frequentare i master o come diavolo si chiamano i
corsi post-universitari anche fanno gli stranieri, qualcuno fra i loro parenti
o la loro prole vive a Londra o negli USA e lavora per le corporation di quelle
genti. Quindi devo come dire censurarmi o non insistere troppo. Certo è che è
una roba da non credere, chi ha distrutto il fascismo sono stati gli eserciti
dell’Impero Inglese e Statunitense spesso formati da popoli che vivevano nelle
colonie o in paesi succubi. Ma finirà. Prima o poi schianteranno questi
stranieri odiosi, perderanno una delle loro guerre magari una grossa e il velo
che le genti d’Italia hanno davanti sui squarcerà e le nostre genti
abbandoneranno questi stranieri e abiureranno la loro fede mercenaria e
interessata in quella civiltà.
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Lazzaro:
Questa è fenomenale. Tu sei più di quel
che dici di essere. O sei un profeta si sventure e o sei un visionario, oppure sei
un folle che s’accompagna a gente psicologicamente malata . Come molti studenti
di famiglie povere o di ceto medio sei sprecato in questo paese.
-
Sergio:
Sai una cosa. Non vedo vera e autentica
felicità intorno a me, e non è solo un questione di quartiere, di soldi o di
frequentazioni. Alle volte sono io che ho bisogno di ricaricare le pile
psicologiche, il cliente spesso mi paga per qualcosa che farei comunque, proprio
così…
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20 agosto 2008
DA FLORENTIA A FLORENCE
Sui giornali di questi giorni, ricchi di boutade ferragostane, ve n’è una che ci è parsa particolarmente prostrata dalla canicola estiva. Si tratta della applicazione del nuovo Regolamento di polizia municipale fiorentina.
Negli Stati Uniti, più precisamente nello Stato dell’Oregon, vi è un luogo che si chiama “Florence”, appunto la traduzione anglosassone della nostra Firenze. Questa cittadina è stata costruita un po’ copiando l’originale – ha persino un ponte che vorrebbe imitare Ponte Vecchio – e un po’ ricreando le atmosfere del vecchio West americano. Insomma il consueto, ardimentoso, ibrido secondo i gusti a stelle e strisce.
Perché la citiamo? Perché a Florence fa bella mostra di sé, spesso per allietare sparuti stranieri che la visitano, un impeccabile sceriffo con tanto di pistola, cappellone e stella al petto.
Ma l’abbiamo sempre intimamente pensato: gli americani sono talvolta un po’ naif.
L’altro giorno leggendo i quotidiani locali, ma anche nazionali e persino internazionali, pareva di stare a Florence invece che a Firenze. Qualche americano le avrà pure confuse.
Un Assessore sceriffo, polizia municipale sguinzagliata a far multe per i mozziconi di sigaretta a terra, i panni stesi al balcone, le biciclette appoggiate ad un palo. Quasi da aver paura a uscir di casa.
Siamo veramente convinti che i problemi di Firenze siano questi? Certo, non vogliamo giustificare azioni comunque incivili, ma se leggiamo i libri di Pratolini o ne vediamo le trasposizioni cinematografiche del periodo neorealista, San Frediano pullulava di panni alle finestre e di bici in giro. Le rastrelliere allora non c’erano, come al posto dei fast-food o dei kebab c’erano le osterie e al posto delle griffe i vecchi artigiani. Era indecente anche quella Firenze? O è indecente la nostra coscienza sporca di oggi?
Dimenticavamo: nel frattempo i cantieri della tramvia giacciono abbandonati a se stessi, nella zona a traffico limitato ci entrano cani e porci (Suv compresi, in grande abbondanza), zone della città vengono oramai considerate territorio franco di sperimentazione per architetture mostruose, vedasi il nuovo tribunale di Novoli, oppure per sostituire il verde pubblico con il verde “pay per view”, vedasi l’intenzione di fare lo stadio di calcio a Castello.
Ma in compenso lo sceriffo allieta i turisti, anche da noi un po’ più sparuti di prima.
Amici di Futuro Ieri - http://digilander.libero.it/amici.futuroieri/appel.htm
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