|
2 novembre 2016
Una ricetta precaria N.22
Ricetta precaria
22.
il
numero undici raddoppiato.
Schiacciata,
stracchino e salsiccia. Tutto messo assieme per una merenda volante
mentre prendevo al volo il treno per Lucca uscendo
da scuola. A questo punto
non posso omettere da questo testo certe deviazioni alimentari del
mestiere d'insegnante laddove la scuola ha il bar. Potrei ricordare
il giro di dodici anni di precariato a partire dai bar delle scuole o
dalle merende organizzate per la giornata di lavoro. Mi ricordo che a
Sesto non era male il trancio di pizza. Mi ritrovai a ricevere i
genitori in una strana aula vicino al bar, sembrava una specie di
cantina. C'era una cattedra, la sedia per il docente, due per i
genitori. Una volta una coppia mi sorprese mentre avevo organizzato
una colazione al volo con un pezzo di pizza e un cappuccino; scena
imbarazzante sembravo un Fantozzi di turno beccato sul fatto dal
dietologo. Un ricordo legato alla Schiacciata farcita dell'Istituto
di Scandicci fu quando ci fu
la convocazione per le cattedre annuali. Vi partecipò anche la
moglie di uno dei politici più in vista e arrivarono un codazzo
davvero imbarazzante di giornalisti e affini. Mi ricordo che mangiai
di gusto mentre quelli aspettarono otto ore il momento della
convocazione della signora, mi facevano un misto di pena e
ripugnanza. C'erano quel giorno persone con storie incredibili da
raccontare sulla scuola, vite vere di lavoro anche sofferte. Ma loro
erano lì solo per raccontare la loro storia patinata e non
si sarebbero mossi fino al momento del dunque, erano
lì ignorando volutamente
storie vere per rappresentarne una tutta loro.
Pensai a quanto fossero squallidamente fuori posto mentre masticavo
e grano, sale, maionese, insalata e prosciutto si mischiavano nel mio
palato; avuta la loro storia
andarono via di fretta.
Un'altra volta in un esame
di maturità il Bar della scuola, di solito ben fornito, aveva solo
dei donuts vecchi e semicongelati. Dato che non c'era tempo per
andare a giro ne comprai un paio e li masticai controvoglia e li
buttai giù con un paio di bicchieri di caffè della macchinetta.
Sembravo un tipo da cartoni animati, mi venne in mente perfino il
videogioco di Fallout Tattics quando uno dei protagonisti da un
frigorifero abbandonato recupera dei donuts congelati in una base
militare infestata da mostri velenosi. Strane associazioni d'idee fa
fare il cibo alla memoria.
Invece a Firenze a un linguistico c'era un bar con un giardinetto sul
retro, niente d'eccezionale ma era comodo per passare una mezz'oretta
su una panca e magari ragionare con i colleghi. Mi ricordo che
avevano cornetti e sfoglie calde la mattina prima di entrare in
classe se avevo tempo mi facevo sfoglia e cappuccino, non era male
neppure il caffè. In effetti la mattina avere un poco di tempo per
rilassarsi prima di riprendere in mano l'insegnamento può esser
utile, distende per un attimo i nervi e affronti meglio la classe e
la situazione con i colleghi.
Fra l'altro fu quello un anno difficile perché avevo una cattedra
spezzata ed era anche un periodo di accese rivendicazioni sindacali,
fermarsi a ragionare su quel
che capitava era utile e necessario. Per quel che mi riguarda
mangiare è di solito anche pensare. La testa in fondo, oltre al
resto, ha anche la bocca e il naso e anche ciò che si mangia è
parte della propria storia perfino di quella lavorativa.
|
|
30 ottobre 2016
Una ricetta precaria N.21
Ricetta precaria
21.
Venti, venti volte bischeri più uno che mette le corna a tutti
quanti
La
cronaca regala meravigliose previsioni di vati eccentrici e
politologi scriventi e
pagati in giornali servili verso i ricchissimi. Questi
pochissimi e ricchissimi
sono i burattinai del potere apparente, voi basiti leggete mentre
il Belpaese affonda negli scandali e nella quotidiana corruzione e
nei mille pericoli delle nuove guerre.
Difficile dire perché
moltitudini di esseri umani s'ostinano a rimanere vivi in un mondo
sinceramente infrequentabile, forse per abitudine o forse perché non
hanno né anima e meno che mai coscienza o peggio ancora
autocoscienza. I molti
ormai nel Belpaese e in
tanta parte d'Europa sono consumatori inquadrati e misurati. Prima
di ogni altra cosa sono conti correnti con due voci: incasso e spese.
Le generalità e le abitudini dei molti sono numeri anonimi che
girano sugli schermi di pianificatori di campagne pubblicitarie,
professionisti del Marketing, esperti di comunicazioni, creativi del
commercio e della politica, tecnici della comunicazione. Voi siete
troppo pigri e disinformati per scelte. Quindi lasciate fare, la
vostra logica è: se la terra trema basta che tremi
due o tre metri più in là. Questo vale anche per le catastrofi di
borsa, per la criminalità, per la violenza ordinaria, per le nuove
guerre, per le malattie e le follie sociali. Basta che tutto accada
giusto uno o due metri più in là del punto dove siete. Ma
la verità è che ormai perfino mangiate per abitudine, figuriamoci
il resto. Quindi ecco cosa è stato sperimentato per voi.
L'odore
dell'autunno vi ha resi
pigri e svogliati. Davanti alla necessità di farvi un pasto
domenicale in eremitica solitudine e con la testa piena di oscuri
presagi per via di Tassazioni&terremoti e dispiaceri privati
avete preso una padella monumentale, confezione dozzinale in
tetrapack di fagioli, due salsicce vecchie e poi? Volevate farvi
anche un'insalata. Allora ecco la trovata. Prendete un pugno
d'insalata mista in una delle tipiche tragiche buste del
supermercato. Cercate di prendere una busta con roba tipo rucola,
lollo, spinacio verde ecc… Prendete una robusta manciata di quella
cose erbacee e difformi e fatele a pezzi a mani nude lanciatela con
sdegno nel padellone dove avrete rovesciato senza ritegno fagioli e
l'acqua del contenitore. Aggiungere la salsiccia, in numero variabile
se ne avete più di una, tagliata a metà per far colare il grasso
animale nell'intruglio. Cucinare
sul fornello a fuoco lento finché il liquido conservante del
tetrapack dei fagioli non avrà preso un vago colore verdastro e la
carne non risulterà cotta, infilate
a tradimento un mezzo bicchiere di vino bianco per stordire l'impasto
e aspettate che sia evaporato l'alcool.
A quel punto servite e
mangiate con il pane. Se il
risultato è ripugnante bevete per dimenticare, se vi riesce.
E
avete risolto
|
|
19 settembre 2016
Una ricetta precaria N.20
Ricetta precaria
20.
Venti, venti volte bischeri
L'odore
dell'estate. Quante volte torna il ricordo di vacanze felici. Magari
perché per una cosa o l'altra non ci siete neppure andati e magari
questo vi ha provocato qualche lieve disturbo epatico. Si sa che il
buon fegato subisce alcolici e farmaci, ossia il combinato tipico di
un umano in crisi o con qualche sofferenza. Magari per questioni di
lavoro, soldi, crisi di nervi, abbandono della dolce metà e cose
simili siete rimasti al caldo a dar capocciate al muro. Cosa comune
a molti, del resto, di questi tempi di crisi di senso e di
quattrini. In fondo il ritorno in vacanza è la ricerca di una pace
e di una condizione di soddisfazione, la ricerca spesso di emozioni e
luoghi già noti e frequentati. In questa penisola di solito il
ritorno sullo stesso luogo di villeggiatura ha l'odore prepotente di
un accrocco irragionevole di odori dolciastri e fruttati che cerca di
sconfiggere il caratteristico odore del mare e della pineta. Mi
riferisco alle varie miscele per abbronzature e protezione dalla
radiazione solare. Ora per ritornare sui passi perduti nello spazio e
nel tempo occorre mettere assieme odori e cibo.
Il
tempo giusto per questa
ricetta è quando l'estate è praticamente finita ma si trova ancora
qualcosa in termini di
frutta che la ricorda.
Dunque c'è bisogno di pesche, uva, popone, una o due susine, noci e
pinoli, se avete una mela buttate pure quella. Lo scopo è fare una
macedonia con qualche pretesa, per riuscire bene lavate ovviamente la
frutta e poi fatela a pezzetti non troppo grossi e buttate tutto in
una ciotola. Su un piattino avrete messo una quantità non grande di
pinoli e noci spezzate, rovesciate tutto quanto sopra la frutta. Per
il tocco finale un po' di uva passa e se c'è un bicchiere di vino
rosso per amalgamare, non affogate però la cosa nel vino sennò
farete la figura degli etilisti a tavola. Il
risultato sarà una roba strana che vi ricorderà l'uso della
macedonia e della frutta in generale nei pic-nic dei mesi di
luglio-agosto. Il vero colpo di genio per il nostalgico degli anni
passati e di tempi migliori
è di aggiungere una
fragranza al cocco mischiata
astutamente ad altri elementi dal forte odore che
ricordi l'odore un po' insolente delle varie tipologie di olio solare
e abbronzanti e affini che sono il dato olfattivo inconfondibile
delle ferie di massa sulla spiaggia libera
e popolare dove vi siete
mischiati a quella parte della gente del Belpaese che difficilmente
trova posto nell'area VIP.
Se si possiede un bruciatore
d'essenze si può arrivare allo scopo con una scelta appropriata,
altrimenti il consiglio è spalmarsi qualcosa sulla faccia. Questo
però potrebbe guastarvi le relazioni sociali se invitate della
gente, quindi il consiglio è
dotarsi di un bruciatore d'essenze. Il quale può avere il buon gioco
di attutire con odori forti l'esito disastroso delle diverse imprese
culinarie nelle quali vi cimenterete.
E
anche stavolta avrete risolto
|
|
19 settembre 2016
Una ricetta precaria N.19
Ricetta precaria
19.
Altro numero primo.
I
fagioli che passione. Ho sempre dato per certo che il miglior
accompagnamento di una padella di fagioli fosse la salsiccia. Questo
mi ricorda una cosa della mia infanzia. Mi ricordo che ero molto
piccolo e riconobbi l'odore di salsiccia e fagioli del pianterreno, e
stavo al quarto piano. Così andai, da buon sfacciato, a disturbare
l'inquilino del pianterreno. Il fatto che fosse mio nonno mi
consentì di condividere la prelibatezza. Se devo indicare almeno un
lato positivo della mia infanzia è stato la scoperta degli odori. Mi
ricordo distintamente il profumo del rosmarino che mia nonna mi
mandava a prendere in una specie d'orticello presso un giardinetto
maltenuto. Il rosmarino era strategico per le operazioni culinarie
con il pollo arrosto o per le patate al forno. Un odore di cucina che
mi è gradito è quello del sugo per condire la pastasciutta, mi
ricordo di aver imparato a riconoscere quell'odore caratteristico.
Nel quartiere dove vivevo durante l'infanzia quest'odore si spargeva
verso le 12, magari pochi minuti prima di dover rientrare. Mi ricordo
di aver sentito anche il rumore delle stoviglie che usciva dalle
finestre delle case. Credo che pochi odori comunichino un senso di
vita domestica pari a quello del sugo al pomodoro per i comunissimi
spaghetti. In certe giornate di primavera era davvero come il
rintocco di una campana, segnava il tempo. Altro odore caratteristico
era quello di fritto di patate o il comune odore di pollo arrosto,
specie la domenica. L'odore del cibo non è mai una cosa neutrale,
racconta molto dell'essere umano. Mi capita ancor oggi di sentire
qualcuno di questi odori li associo spontaneamente alle abitudini
della tipica famiglia italiana. L'umano non è solo ciò che mangia
ma anche quel che annusa, di solito il ricordo degli odori che gli
sono familiari è un tratto caratteristico della storia di una
persona. Tornando ai fagioli mi ricordo che sono stati tante volte la
sostanza di pasti fatti di corsa e in mezzo a tanti pensieri degli
anni nei quali ero studente universitario, anni difficili. Per prima
cosa fare una ricognizione e vedere cosa c'è. Se ci sono fagioli,
sugo di pomodoro, sale, pepe e magari anche un cucchiaio d'olio e una
salsiccia si può provare a far qualcosa. Prendete una padella
tipica. Rovesciate nella padella sugo e olio, possibilmente d'oliva,
un pizzico di sale e il pepe. Fuoco basso e aspettate che si
manifesti il riscaldamento del composto a quel punto è il momento.
La salsiccia apritela a metà o fate dei buchi in modo da far
sciogliere un poco il grasso nel sugo e ovviamente mettetela nella
padella dove il sugo è già bello caldo. Per chi piace ci sta bene
anche un po' d'aglio o altro elemento che serve a dare un odore
forte. Questo dipende dai gusti. Quando avrete impressione che la
carne è cotta e gli odori si sono amalgamati rovesciate il tutto su
piatto. Accompagnate il pasto con del pane o della schiacciata perché
è nella natura della cosa, in fondo è un tegame che serve a
riempire lo stonaco e a gratificare il naso. Se vi riesce pensate
intensamente a un momento del vostro lontano passato o a qualcosa di
familiare, con due bei bicchieri di rosso la cosa sarà più facile e
avrete unito a un pasto casereccio ricordi lontani. E anche così
avrete risolto.
|
|
26 agosto 2016
Una ricetta precaria N.18
Ricetta
precaria
Siamo
a 18, due volte nove
Il
passato porta con se ricordi anche ridicoli, se non fossero cose
della mia vita perfino patetici. Mi ricordo di un momento della mia
vita quando ero sospeso fra essere in tesi e la specializzazione per
l'insegnamento. Capitava molto spesso di andare a giro in giacca.
Senza la cravatta il farfallino, ma comunque in giacca. Il caso
aveva voluto che fosse nelle mie disponibilità una scelta di
giacche. Frutto questo anche di una donazione di uno zio che non se
ne faceva di nulla per cambio taglia, se non ricordo male. Di solito
nei film succede sempre qualcosa diavventuroso o erotico. Nel mio caso c'era un effetto
calamita da parte dei mendicati di ogni specie.
Evidentemente
individuavano in un tipo con la giacca qualcuno che doveva aver
qualche spicciolo da donare. Era un continuo tampinarmi e
infastidirmi per chiedere l'elemosina. Una volta fuori dal cancello
della facoltà di Lettere uno dei soliti ambulanti con la pelle color
cioccolato ha insistito così tanto sul fatto che aveva fame e
dovevo dargli qualcosa per mangiare che gli ho donato il mio panino.
Dall'espressione che ha fatto voleva preferibilmente qualche moneta,
prese comunque il pane e andò via.
Quel
periodo passò e notata la cosa un po' fastidiosa in molte occasioni
evitai di andar a giro in giacca, non mi salvò questo dall'assistere
alla virulenta scena quotidiana della mendicità ma era, per così
dire, un vestire meno appariscente. Questo episodio mi riporta alla
mente un mio vecchio espediente per non buttar via il pane. Il
concetto dell'arrangiarsi in cucina con il pane mi portò a creare certe
combinazioni che facevo con il pane vecchio, il pomodoro, il
basilico, sale, pepe e quel che capitava. Per quel che capitava
intendo: cipolla, avanzi di salsiccia, aglio, erba cipollina, qualche uliva rimasta in frigo. L'idea è
questa: usare il pomodoro liquido e il pane vecchio. Faccio a pezzi il
pane vecchio e lo metto assieme al pomodoro in una padella. Aggiungo
un cucchiaio d'olio e faccio cuocere a fuoco lento. Poi metto gli
avanzi e il basilico in modo da insaporire il composto. Per dare un
senso alla cosa sale e pepe quanto basta. Aspetto che il pane si
riduca a una specie di massa informe. Occorre assaggiare più volte
il composto per assicurarsi che non si bruci o diventi pessimo.
Quando siete sicuri della cosa buttate tutto su un piatto e mangiate.
Se c'è bere vino rosso. Se è venuta male la cosa vi consolerete con
il vino.
E
così avrete risolto.
|
|
25 agosto 2016
Una ricetta precaria N.17
Ricetta
precaria
Siamo
a 17, numero primo
Il
passato alle volte ritorna a tradimento, specie quando si sta in
ozio, quando si hanno quei momenti della vita ove si scopre di
aspettare qualcosa o di non aver nulla da fare o peggio di non voler
far nulla. Così capita che con la calura estiva ritornino ricordi
anche fastidiosi, ricordi lontani. Esperienze che mettono a nudo
l'inesperienza di anni passati o peggio l'ingenuità. Curioso. Il
proprio passato fa parte di noi stessi e è un fardello costitutivo
della propria identità personale. Certo che il passato che ritorna è
pieno di dettagli spiacevoli, di cose che danno fastidio a esser
rammentate, di difficoltà improvvise, di disgrazie, di cose che era
meglio se non capitavano. Mi ricordo di un periodo di
disoccupazione subito dopo la laurea e la specializzazione. Si
tratta di un ricordo di almeno dodici anni fa. Mi trovavo con poco
denaro e sul momento non avevo la possibilità di trovare delle
supplenze per via del punteggio basso in graduatoria. Avevo fatto una
supplenza ma proprio sotto Natale era cessata e mi ritrovavo a spasso
senza un lavoro. Erano le difficoltà normali nel Belpaese di chi
non ha protettori o raccomandazioni serie e deve per così dire far
fronte a questo genere di cose, mi trovavo in quel periodo davvero a
contare i soldi. Inaspettatamente mi venne in soccorso un caro amico
che doveva lasciare un lavoro presso un'associazione per entrare nel
pubblico impiego. Si trattava di una cosa temporanea ma sarebbe
servita per guadagnare qualche soldo sotto Natale e tirare avanti. Mi
presentò al direttore del progetto e lavorai per un mese per loro.
Si trattava di compilare delle schede per una celebrazione importante
e di far un lavoro di segreteria. Mi ricordo che mi portavo il panino
da casa. Si trattava di mettere assieme due o tre fette di pane da
toast. Di solito lo farcivo con maionese, cetriolini e cipolline
sottoaceto, insalata, pomodoro e anche una sottiletta di formaggio.
Qualche volta aggiungevo un pizzico di sale o un wurstel tagliato a
pezzi. Si trattava d una ricetta un po' d'emergenza, un tipico
mettere di tutto. Eppure era una combinazione piuttosto riuscita
perché mi faceva da pasto di mezzogiorno. Il panino incartato aveva
quasi sempre la caratteristica di restare unto, era fatale e allora
talvolta l'avvolgevo nella carta stagnola. Certo a ripensarci oggi
era un segno di gioventù il trovare un lavoro di ripiego e
l'arrangiarsi con un panino e una lattina. Un altro ricordo legato
al tramezzino è quello di un bar dalle parti di Pietrasanta. Allora
ero tutor e lavoravo per La scuola Edile Lucchese, fu il mio primo
lavoro nel settore dell'insegnamento. Ero contento di aver trovato un
lavoro nel settore dell'insegnamento, benchè non fosse quello il
percorso verso il quale mi stavo specializzando. Mi ricordo di un
tramezzino buonissimo preso in un Bar durante una pausa di quel
lavoro. Mi ricordo che era bianco, talmente bianco che sembrava di
mollica e basta. Con maionese, l'uovo sodo e l'insalata nella
farcitura mi fece per un istante dimenticare le difficoltà di quel
lavoro, gli allievi, la scuola, il direttore, gli studi e le mie
inquietudini sul futuro. Fu circa quindici anni fa. Alle volte un
sandwich o tramezzino può portare la testa indietro nel tempo, e
allora basta un panino e ricordi cose che sembravano sparite.
Ritornano volti, fatti, circostanze; il tempo si riavvolge come in un
sogno e come il sogno appare confuso, fumoso, prossimo all'oblio.
|
|
4 agosto 2016
Una ricetta precaria N.16
Ricetta
precaria
Siamo
a 16, quattro volte quattro
Può
succede in estate, quando siete in vacanza solo formalmente ma in
realtà in casa a subire il caldo di pensare al passato. Ad anni di
gioventù e di più forti passioni. Oggi le idee e le speranze di
dieci o quindici anni fa sembrano stranezze, spesso illusioni o
allucinazioni televisive. Il tempo passa inesorabile e la vita si fa
difficile, quando uno si mette a cercar di capire quest'attività
del pensare sembra come il perdersi in un labirinto. Mi ricordo di
anni passati quando i problemi personali e politici convivevano con
l'allegria dell'andare a giro di notte, per caso, dopo una partita,
per un qualsiasi motivo d'occasione. In fondo i fatti sono semplici
quando si è giovani è più facile confondersi e illudersi. Il tempo
che è passato è irripetibile e quindi su questo essere una e una
sola volta s'attaccano tutte le speculazioni e i pensieri sulle
scelte fatte e sui destini del mondo. Quello che è stato e quello
che non è stato convivono nel ricordo e nella riflessione. Eppure
sento che nel passato c'era una grande forza d'inerzia, un peso
enorme che impediva la trasformazione e il cammino ed è la quel
misto di rassegnazione e abitudine al male che contraddistingue
tanta parte delle genti del Belpaese. In quelle notti fra periferie e
luoghi di villeggiatura avrei dovuto capire la forza silenziosa e
negativa che era sparsa nell'aria. Ci si abitua al male e alla
degenerazione. Le genti del Belpaese si adagiano, spiaggiano. Questo
è dovuto al fatto che non c'è un piano condiviso, un ordine morale
o religioso che trovi concordi non solo gli italiani-italiani ma
anche gli italiani-italiani e le nuove comunità. La notte raccontava
di questo e della dissoluzione dei legami antichi, patriottici,
tradizionali. Forse le insegne in arabo o in cinese, forse i discorsi
fatti con gli amici, forse le targhe delle macchine, o la babele di
lingue e dialetti o forse i quartieri della periferia con il loro
silenzio dopo una certa ora dovevano indicarmi il segreto più
evidente del XXI secolo. Un mondo di consumatori è un mondo che ha
come suo punto di raccolta e di condivisione il consumo stesso e
quello che tiene assieme il sistema è il denaro; quello che sempre
più spesso chiamo l'ultimo DIO. Eppure questo è solo uno dei tanti
mondi umani possibili, è probabile che fra un decennio o due tutto
questo sistema sia esaurito e consumato e magari sostituito. Propria
questa consapevolezza di essere in uno dei mondi possibili mi spinge
a pensare e a cercar di capire l'assoluto mistero delle cose
evidenti; perché può capitare in questo aldiquà di dover render
conto a se stessi di cosa si è stati, come e perchè. Una ricetta
fra le tante, maturata nelle notti lontane merita di esser presentata
ai venticinque lettori. Si tratta del solito panino da tavola calda
tipo camioncino spersa in periferia fra fabbriche e officine chiuse e
viadotto autostradale. Una delle mie farciture preferite era la
seguente: dato un banale hamburger si proceda con la classica
spalmata di ketchup e maionese, salsa piccante se c'è e se vi va. A
questo va aggiunto una fetta di pomodoro fresco con una spruzzatina
di sale sopra. Questo ardito panino non sempre è possibile perché
non è detto che l'ambulante abbia sottomano il pomodoro fresco da
insalata. Nel caso provate.
Mangiare questa cosa calda con bevanda gassata o lattina di bi
|
|
4 agosto 2016
Una ricetta precaria N.16
Ricetta
precaria
Siamo
a 16, quattro volte quattro
Può
succede in estate, quando siete in vacanza solo formalmente ma in
realtà in casa a subire il caldo di pensare al passato. Ad anni di
gioventù e di più forti passioni. Oggi le idee e le speranze di
dieci o quindici anni fa sembrano stranezze, spesso illusioni o
allucinazioni televisive. Il tempo passa inesorabile e la vita si fa
difficile, quando uno si mette a cercar di capire quest'attività
del pensare sembra come il perdersi in un labirinto. Mi ricordo di
anni passati quando i problemi personali e politici convivevano con
l'allegria dell'andare a giro di notte, per caso, dopo una partita,
per un qualsiasi motivo d'occasione. In fondo i fatti sono semplici
quando si è giovani è più facile confondersi e illudersi. Il tempo
che è passato è irripetibile e quindi su questo essere una e una
sola volta s'attaccano tutte le speculazioni e i pensieri sulle
scelte fatte e sui destini del mondo. Quello che è stato e quello
che non è stato convivono nel ricordo e nella riflessione. Eppure
sento che nel passato c'era una grande forza d'inerzia, un peso
enorme che impediva la trasformazione e il cammino ed è la quel
misto di rassegnazione e abitudine al male che contraddistingue
tanta parte delle genti del Belpaese. In quelle notti fra periferie e
luoghi di villeggiatura avrei dovuto capire la forza silenziosa e
negativa che era sparsa nell'aria. Ci si abitua al male e alla
degenerazione. Le genti del Belpaese si adagiano, spiaggiano. Questo
è dovuto al fatto che non c'è un piano condiviso, un ordine morale
o religioso che trovi concordi non solo gli italiani-italiani ma
anche gli italiani-italiani e le nuove comunità. La notte raccontava
di questo e della dissoluzione dei legami antichi, patriottici,
tradizionali. Forse le insegne in arabo o in cinese, forse i discorsi
fatti con gli amici, forse le targhe delle macchine, o la babele di
lingue e dialetti o forse i quartieri della periferia con il loro
silenzio dopo una certa ora dovevano indicarmi il segreto più
evidente del XXI secolo. Un mondo di consumatori è un mondo che ha
come suo punto di raccolta e di condivisione il consumo stesso e
quello che tiene assieme il sistema è il denaro; quello che sempre
più spesso chiamo l'ultimo DIO. Eppure questo è solo uno dei tanti
mondi umani possibili, è probabile che fra un decennio o due tutto
questo sistema sia esaurito e consumato e magari sostituito. Propria
questa consapevolezza di essere in uno dei mondi possibili mi spinge
a pensare e a cercar di capire l'assoluto mistero delle cose
evidenti; perché può capitare in questo aldiquà di dover render
conto a se stessi di cosa si è stati, come e perchè. Una ricetta
fra le tante, maturata nelle notti lontane merita di esser presentata
ai venticinque lettori. Si tratta del solito panino da tavola calda
tipo camioncino spersa in periferia fra fabbriche e officine chiuse e
viadotto autostradale. Una delle mie farciture preferite era la
seguente: dato un banale hamburger si proceda con la classica
spalmata di ketchup e maionese, salsa piccante se c'è e se vi va. A
questo va aggiunto una fetta di pomodoro fresco con una spruzzatina
di sale sopra. Questo ardito panino non sempre è possibile perché
non è detto che l'ambulante abbia sottomano il pomodoro fresco da
insalata. Nel caso provate.
Mangiare questa cosa calda con bevanda gassata o lattina di bi
|
|
10 luglio 2016
Una ricetta precaria N.15. Notti lontane e paninari col furgone
Ricetta
precaria
Siamo a 15, tre
volte cinque
Può succedere di
notte, magari notte fonda, di spostare la macchina per via del
lavaggio delle strade e delle multe e rimozioni del mezzo. Quando è
davvero tardi il silenzio è notevole il quartiere sembra deserto,
un dormitorio, un posto di fantasmi. Questo è il momento per
ripensare agli anni andati e dissolti. Quello che sorprende è di
aver passato infanzia, preadolescenza, adolescenza, primi anni di
maturità in un Belpaese che non ha dei fini; ossia non c'è un senso
delle cose e delle diverse condizioni o comunità a cui uno
appartiene. La vita gira su se stessa e s'avvita nel sistema
produzione-consumi-spazzatura. Ideologie secolari e materialistiche,
forme di religione popolare, aspirazioni alla santità e alla
giustizia; tutto si sfalda nel tempo che scorre. In passato ci sono
state epoche dove il fine della comunità era l'obbedienza al
sovrano-sacerdote e alle divinità politeiste, nel Medioevo c'era una
piramide sociale il cui fine ultimo era imporre e far prosperare un
regno cristiano, quale che fosse, in nome di Dio e del principe del
tempo e del luogo. Questa civiltà non ha uno scopo condiviso. Ci
sono delle minoranze di ricchissimi apolidi il cui fine è diventare
ancora più ricchi piegando le leggi e le comunità e la convivenza
fra soggetti sociali diversi che compongono le diverse parti umane di
uno Stato. La realtà in cui vivo è permeata dal fatto di non avere
senso, o meglio di non avere un regno dei fini che giustifica
l'ordinamento sociale e l'esercizio del potere di una minoranza sulle
maggioranze. Questa mancanza di senso si percepisce quando il
silenzio e la notte è calata e il tumulto del giorno è spento.
Forse la periferia è privilegiata rispetto ai centri urbani, si
capisce meglio la mancanza di forma della vita quotidiana. Questa
percezione è resa nitida dall'assenza dei luoghi tipici del potere
quali palazzi nobili, grandi uffici, monumenti, rovine di tempi
lontani, luoghi che rimandano a memorie di eventi e fatti del
passato. Si è soli davanti a se stessi e al vuoto di questi anni. Il
fare tardi mi ricorda un periodo della mia vita di tardo adolescente
e quasi adulto. Da giovane ero stato un giocatore di Warhammer e
capitava di far tardi, allora poteva capitare che si facevano le
macchinate e perdenti e vincenti andavano a giro a mangiar qualcosa.
Tra le mete possibili gli ambulanti professionisti della salsiccia e
dell'hamburger alla piastra condito con le salse più improbabili.
Era un modo di riempire la notte insonne con discorsi di tutti i tipi
e va da sé sul gioco e di stare in compagnia. In un certo senso il
darsi al gioco al tavolo verde, con i pezzi, le miniature, lo
scenario e i dadi e le carte era un modo per mettere fra parentesi
per qualche ora questa realtà così fastidiosamente concreta. Una
ricetta fra le tante merita di esser presentata. Ero solito per il
panino ordinare una salsiccia o un wurstel. Una delle mie farciture
preferite era la seguente: una spalmata di ketchup, una abbondante di
maionese, tabasco quello che serve. A questo va aggiunto, a seconda
delle possibilità del paninaro di solito un ambulante in un furgone,
una o due scelte fra funghi, crauti, melanzane, cipolla rosolate alla
buona sulla piastra rovente. Mangiare calda con bevanda gassata o
lattina di birra.
E avevate
risolto
|
|
29 giugno 2016
Una ricetta precaria N.14
Ricetta
precaria
Siamo a 14, due
volte sette
Può succedere di
trovarsi come un cretino spaesato davanti al frigo e con la falsa
urgenza di metter su un pranzo in squallida solitudine. Nel mentre
pensate a cosa inventare, la vostra mente va altrove. Alla maturità
quest'anno nella prima prova fra le molte citazioni delle tracce
c'era un brano di Umberto Eco, una definizione di PIL
dall'Enciclopedia dei ragazzi e un discorso siciliano, ma celebrativo
del paesaggio italiano, di Vittorio Sgarbi... Il senso di molte cose
che avvengono nel quotidiano sfugge, o è incomprensibile. Forse
perché non esiste. Il tempo delle certezze di passati remoti di soli
trent'anni fa quando c'erano ancora i partiti di massa, totem e tabù
nell'intrattenimento e nella comunicazione si è dissolto. La realtà
non ha più interpreti e nessuno può ragionevolmente proporre dei
grandi e ultimi fini dell'umanità. Per le minoranze al potere conta
il calcolo sul breve periodo e il profitto personale. Molti
appartenenti ai ceti super-privilegiati vorrebbero raccontare cose
vagamente metafisiche e pseudo-religiose alle vaste plebi e plebaglie
che costituiscono i diversi elettorati d'Europa. Ma il gioco ora
viene male. In antico i re-sacerdoti e la nobiltà arcaica potevano
rigirarsi la plebe abbastanza bene fra riti e adorazioni d'idoli e
d'immagini. Ma nella civiltà industriale questo è meno facile, il
plebeo-consumatore ha molti difetti ma ha uno spiccato senso della
realtà: si rende conto in fretta di quando cala il suo potere
d'acquisto e che si sta riducendo la sua quota di spazzatura perché
consuma meno del solito. Quindi raccontargli che sta meglio quando
sta peggio riesce male, anzi dopo tre o quattro anni capisce che lo
fregano e mette in campo contromisure anche improvvisate o
ridicole. In una parola reagisce, come reagisce un animale che sente
il fiato del predatore sul collo, quindi in modo istintivo ma non
senza intelligenza. In fondo se il consumatore non consuma ha perso
lo scopo della sua vita e la sua ragione d'ingombrare la terra con il
suo peso e la sua mole. Da questo fatto l'eccesso di ridicolaggini
dell'informazione-spettacolo. Tutto quello che nei media comunica la
realtà del quotidiano tende a passare dalle forme ordinarie dello
spettacolo per queste plebi elettorali da rassicurare e
tranquillizzare. Segno che sono milioni quelli davvero preoccupati o
furiosi contro il sistema e le minoranze al potere. Se cosi non fosse
non ci sarebbe alcun bisogno di distrarre con dosi da cavallo di
spettacoli sullo stile della pubblicità commerciale e della banalità
più scintillante. Il mondo di tutti è comunicato come se fosse una
strana favola in 3D da vedere al cinema o una lite fra adolescenti
rappresentata sui social. Intanto mentre questo avviene la stazione
era sorvegliata dalle truppe aviotrasportate, un fatto diventato
ordinario e quotidiano che fa da cornice a questi miei pensieri.
Oggi ho pensato a
un piatto in cui due cucchiaiate di preconfezionata salsa russa
vengono avvolte in una capiente fetta, anch'essa preconfezionata, di
prosciutto crudo; completa il tutto tre bocconi di prosciutto e
popone e un paio di sedani rinvenuti per caso e messi in mezzo a
guarnire. Una cosa facile e agile per i pigroni che nemmeno vogliono
far la fatica d'accendere il fornello. Un paio di fette di pane
completano la cosa. Vino bianco ovviamente. In fondo fa caldo e la
testa è altrove. Mettersi poi a pulire le pentole….
|
|
|
|
|
|