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12 settembre 2012
Recensione - Marcione -terza parte

Il Vangelo di Marcione
Parte Terza
Marcione considerazioni personali
Limiterò le mie considerazioni
personali a tre questioni che mi hanno colpito di questa vicenda di Marcione e
della sua Chiesa parallela e dello studio effettuato dal teologo tedesco. La
prima è che essa fu stroncata anche e soprattutto dalla conversione dell’Impero
Romano d’Oriente e Occidente al cristianesimo di Stato, la seconda riguarda la
ricerca di costui di un vero e autentico Vangelo che doveva emergere dallo
studio e dalla selezione del materiale tramandato dalle diverse comunità
cristiane e la terza il fortissimo distacco dal mondo ebraico che intendeva
operare e almeno per ciò che era in suo potere portò avanti. La prima questione
è una cosa che da tempo vado meditando e che mi porta a pensare il
cristianesimo in quanto cattolicesimo come esito della dissoluzione dell’Impero
dei Cesari che lo adottarono come fede di Stato. In questo mio convincimento mi
confortano i testi di numerosi autori e una serie di considerazioni da me fatte
nel corso degli anni. I marcioniti avevano l’abitudine di cercare il martirio per mano dei pagani e
dei funzionari romani a causa del grande disprezzo che avevano per questo mondo
materiale. Quando l’Impero diventa cristiano si trovano nella scomoda
situazione di esser eretici e perseguitati dal nuovo potere che ha sposato la nuovo fede
monoteista. Pare una beffa atroce del destino che gente che si caricava di
rinunce durissime e faceva suo un rigore ascetico sia stata stroncata da quella
che è in fondo una storia di successo politico e religioso. Eppure nel
marcionismo c’è un rifiuto così forte del mondo e del male di cui pare essere
intessuto che certamente il fondatore
avrebbe visto nella cristianizzazione dell’Impero qualcosa di orrendo.
Il Cesare diventava cristiano e il suo potere terreno assumeva la forma e i
simboli di una monarchia cristiana pur lasciando non risolti sul terreno la
durezza dei rapporti sociali, la ferocia dei tempi, le pratiche brutali nella
conduzione della vita pubblica e della
guerra. Von Harnack ricorda che nella parte Occidentale dell’Impero la Chiesa
di Marcione fu ridimensionata con relativa facilità o assorbita
dalle sette gnostiche ma a Oriente ci volle più tempo e fu necessario procedere
a persecuzioni e conversioni alla fede ufficiale villaggio per villaggio. In
effetti una Chiesa che esprimeva un contrasto così forte con il mondo materiale
contrapposto a quello spirituale non poteva diventare la forza spirituale di
cui i Cesari avevano bisogno per tener assieme l’Impero minato dalla discordia interna
e dalle aggressioni esterne. Il secondo
punto che è la ricerca del Vangelo vero è addirittura se possibile più
inquietante considerando che in fondo l’eresia, se la si vuol chiamare così, ha
costretto la Chiesa a rivedere le sue testimonianze scritte e a pensare a porsi
il problema di quali Vangeli seguire. Von Harnack osserva che Marcione:” Marcione ha
combattuto solo contro un unico avversario- gli Pseudo-apostoli e gli
evangelizzatori giudaicizzanti…” ossia ha cercato di staccare cristianesimo ed
ebraismo, il suo Cristo non aveva nulla a che fare con il mondo ebraico. Mi sono
fatto l’idea, ma è una mia congettura,, che Marcione vedesse in un messia
connesso all’ebraismo qualcosa di molto materiale e territoriale, ossia un principe d’Israele
venuto a rifondare con la forza e la politica religiosa il regno davidico.
Ovvio che l’accostamento fra mondo ebraico, desideroso d’affrancarsi
dall’Impero e di rifondare il regno d’Israele, e il Messia Salvatore Universale che salvava
l’umanità da questo piano materiale in nome di un Dio straniero e mai nominato
prima per Marcione era un qualcosa d’assurdo. Quindi le divinità erano: due il
Dio Straniero e il Creatore di questo mondo materiale. Da qui la sua correzione
meditata del Vangelo di Luca e delle Lettere di San Paolo e il giudizio
negativo sul mondo ebraico. Von Harnack arrivò a scrivere: “Se Marcione fosse riapparso al tempo degli
ungonotti e di Cromwell, avrebbe incontrato nel mezzo della cristianità il Dio
guerriero d’Israele, di cui aveva orrore”.
Un problema di fede quindi, teologico che costringe i suoi nemici a
confrontarsi con i suoi testi e a pensare di dover presentare alle diverse
comunità cristiane un corpo di scritti unitario, quel che diventerà il canone per esser chiari. Il terzo punto è
in stretto rapporto con questo secondo punto e riguarda le evidenze su cui
Marcione opera per dimostrare l’incompatibilità fra Bibbia e Vangelo. Per un
vivente nel XXI secolo la situazione politico-religiosa è diversa da quella di
Marcione nella quale il popolo ebraico aveva visto la distruzione del Secondo
Tempio e la rovina dei suoi capi religiosi e politici e la dispersione o morte
delle sue popolazioni. Israele è di nuovo uno Stato militarmente potente e finora supportato dal Grande Impero
Statunitense, a partire da questo dato è per me evidente che cristianesimo
cattolico che fa riferimento alla Città del vaticano e al piccolo Stato della
Chiesa non è lo stato d’Israele. Forse anche solo per una questione di bandiere
è palese che le due fedi sono distinte e diverse. Il distacco fra mondo ebraico
e mondo cristiano in atto nel II secolo è oggi un fatto di secoli lontani.
Quello che rimane in comune è questo conservare il vecchio Testamento da parte
delle diverse confessioni cristiane. Mi pare però che esso sia un conservare e
un credere a un legame che fa a pugni con la realtà dei fatti. Cosa è davvero
il cristianesimo tolto ogni riferimento di qualsiasi carattere alla Palestina
al tempo della dinastia Giulio-Claudia e Flavia dalla vicenda del Messia Gesù?
Mi sono dato la mia risposta: “la religione dell’Impero Romano e il fondamento
culturale di quanti fra Imperi, Regni e Regimi democratici oggi esistenti
ritengono di avere dei legami culturali con quella civiltà antica”. Questo è il
punto. Senza il riferimento al mondo ebraico del I secolo il cristianesimo
potrebbe essere la sintesi religiosa di alcune famose divinità orientali in
congiunzione con i culti ispirati ai diversi messia e comparsi nei territori
dell’Impero fra I e II secolo dopo cristo. Il Cristianesimo al tempo dei Cesari pagani
aveva raccolto forze d’opposizione, le speranze messianiche del periodo e il
desiderio di una trasformazione radicale del mondo e un termine al disagio e al
male di vivere. Ad un certo punto diventò per volontà di Costantino religione lecita e favorita in molti
modi dallo stesso imperatore e con i suoi successori essa divenne la religione
di Stato, non subito ma poco per volta e non senza contrasti. Fare del Cristianesimo la religione di Stato
monoteista trasformò quanti erano pagani, eretici o seguaci di altre fedi
nemici potenziali o palesi del potere imperiale. Ovviamente il cristianesimo
doveva esser tale da poter essere la fede di tutti i popoli sottomessi ai
Cesari e ai funzionari imperiali di allora, una religione universale quindi che
non distingue fra popolo e popolo, fra città e città, fra umano e umano. In
fondo il senso politico dell’operazione di Costantino era di creare una base
culturale e religiosa comune a tutti i sudditi dell’Impero, una fede che
sostenesse un sistema imperiale in crisi militare e arrivato al limite delle
risorse e della umana sopportazione dei suoi sudditi. Come può quindi una fede
di questo tipo incontrarsi con la religione ebraica di carattere locale e nazionale presente nel Vecchio Testamento, seguendo
la ragione di stampo illuminista in
teoria tutto non può essere. Eppure questo è accaduto. La mia logica mi porta a
ritenere la vicenda storica di Marcione estremamente istruttiva, dà infatti
alla vicenda del formarsi del cristianesimo il senso di un percorso non sacro
ma umano; la comprensione del sacro assume la dimensione dell’essere umano
davanti ai suoi limiti più duri da comprendere e da accettare e alle prese con
la difficile opera di comprendere Dio. Ossia di avvicinarsi a ciò che è oltre
se stesso, ciò a cui tende con il pensiero e con l’intuizione. Spinge questo
libro a pensare alle origini remote di fatti che nel quotidiano non vengono mai
messi in discussione, a cercare da sé le risposte ai problemi d’identità
religiosa, a confrontare la fede con il fatto storico e con lo scorrere dei
secoli. Il fatto che l’opera di Marcione
sia giunta solo parzialmente e in forma frammentaria dimostra quanto opportuno
e importante sia stato il libro di Adolf von Harnack che mentre ne traccia i
possibili confini presenta anche al lettore i confini del proprio sapere intorno
alle origini del cristianesimo.
Interessante
a questo proposito è il testo di Franco Cardini, Cristiani, perseguitati e persecutori, Salerno Editrice , Napoli,
2011. Sulla chiesa di Marcione in
generale si rimanda a http://it.wikipedia.org/wiki/Marcionismo.
Adolf
von Harnack, Marcione, il Vangelo del Dio
Straniero, Una monografia sulla storia dei fondamenti della Chiesa Cattolica,
ivi, Pp.246-247
Adolf
von Harnack, Marcione, il Vangelo del Dio
Straniero, Una monografia sulla storia dei fondamenti della Chiesa Cattolica,
ivi, Pag.293
Sulla Chiesa delle origini e la sua
formazione deve aver inciso la
sconfitta del messia, sedicente ricostruttore del regno d’Israele Simon Bar
Kochba del 135 D.C .”Cfr. Corrado Augias, Mario Pesce, Inchiesta sul Cristianesimo, Come si
costruisce una religione, (Smart Collection),Mondadori, Milano, 2008, pag.103.
Per avere una parziale visione dei problemi
legati al concetto di Messia Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Messia
Adolf
von Harnack, Marcione, il Vangelo del Dio
Straniero, Una monografia sulla storia dei fondamenti della Chiesa Cattolica,
ivi, Pag.319
Adolf
von Harnack, Marcione, il Vangelo del Dio
Straniero, Una monografia sulla storia dei fondamenti della Chiesa Cattolica,
ivi, Pag.133 e cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Nuovo_Testamento#Canone
A
questo proposito cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Israele
A
questo proposito cfr. Franco Cardini, Cristiani,
perseguitati e persecutori, Salerno Editrice , Napoli, 2011. pp 72-94
Occorre
per correttezza dire che questa non è l’unica spiegazione possibile, personalmente la preferisco ad altre ma questo
non attribuisce ad essa alcuna pretesa di verità manifesta. A questo proposito per
un giudizio diverso cfr. Franco Cardini, Cristiani,
perseguitati e persecutori, Salerno Editrice , Napoli, 2011. Pag.94
Cfr:
Bertrand Russell, Storia della filosofia
occidentale, TEADUE, Forlì, 1992, pag.307
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25 luglio 2012
Le Tavole delle colpe di Madduwatta Terzo Libro. Il numero Due
Il terzo libro delle tavole
"La scoperta dell'UFO" di I. Nappini
Viaggio nell’Italia del remoto futuro
Il numero due degli Xenoi
(anticipazione da uno scritto ancora tutto da
scrivere)
Il numero due aveva suscitato in me
un timore reverenziale, ero come succube del suo enorme carisma. Dovevo
sforzarmi, evitare di far la figura del barbaro ignorante e cialtrone. I popoli
umani della terra in fondo non hanno la lucidità di questi alieni, non vedono
la loro forza, la loro comune natura e come un formicaio impazzito si ammazzano
fra sé per futili motivi, per ambizioni di despoti e di tiranni, per la fame di
denaro di oligarchi scellerati e corrotti. Nel numero due osservavo la lucidità e la
razionalità del potere contrapposta a l’umanità frammentata e persa dietro mille follie e mille egoismi. I
popoli umani sono una potenza impegnata a massacrarsi fra di sé, a derubarsi, a
uccidersi, a donare poteri e ricchezze a despoti, demagoghi, oligarchi, capi
sciagurati e chi si ribella a questa sottomissione a minoranze violente e dissolute
viene chiamato oppositore, eversore, terrorista, mafioso viene duramente punito e spesso giustiziato o
recluso per anni. Questo accade perché quest’umanità deve evolversi e diventare
altro. Gli Xenoi sono già ciò che devono essere; il loro problema è il dominio
e controllo su parte di questa galassia. Ormai il colloquio volgeva alla fine e i miei
accompagnatori mi avrebbero riportato indietro.
Dovevo arrivare al dunque.
Così improvvisai:” Eccellenza ormai
siete vicini alla conclusione dei vostri progetti. Siete qui e ben inseriti in
territori che appartengono a tre continenti su cinque. Sarete parte
dell’evoluzione di questa difforme umanità e delle sue ragioni di vita e di
sviluppo. Dunque mi dica, se può, fin dove volete spingervi.”
Sua eccellenza così rispose:” Vicini.
Non direi. Questo è un principio oscuro che cerchiamo di manipolare in
associazione con i nostri locali amici devoti. Non è facile inserirsi su un pianeta
conteso da forze diverse e pieno di problemi ecologici e ambientali. Mi figuro che lei abbia pensato a
potenti strumenti tecnologici, a segreti scientifici straordinari e
meravigliosi, a macchine immense e capaci di far cose straordinarie perfino di
distruggere interi continenti, o al contrario di crearli. C’è questo, ma è
poco. In realtà la possibilità di agganciarsi alla vicenda di questo pianeta
azzurro e d’inserirsi nel destino di questa galassia dipende dagli alleati che
troviamo sulla strada, dal coraggio di popoli, di famiglie, di privati decisi a
sostenere la nostra volontà di potenza. Strano vero? Noi abbiamo bisogno di
alleati locali e loro hanno bisogno di
noi. Siamo esterni a questo pianeta, alle sue logiche, ai suoi processi
evolutivi, alla natura stessa e senza l’integrazione con i viventi locali non
sarà possibile frane per noi una ragione di presenza e di potenza. I nostri
pianeti, le basi e i satelliti abitati sono una sola cosa con la popolazione,
integrati e coerenti. Qui è diverso. Questo è un pianeta ostile perfino per gli
umani, difficile sotto tutti i punti di vista, ma è il punto dal quale è
possibile per noi entrare nella periferia della galassia e non possiamo
rinunziarvi. Qui in questo giardino sembra ovvia l’armonia fra umani e natura, ma non è che illusione, questo è un
pianeta in conflitto con se stesso; utile per creare esseri viventi sottoposti
a processi di evoluzione forzata o accelerata. Inutile dire che questo interessa
molto i nostri apparati militari e di ricerca. Tutto questo è noto.”
Risposi:” Per voi quindi questo è far
esperimenti, veder fin dove potete spingervi.”
Lei: “Solo in parte, perché c’è un
sincero interesse per i destini di questo pianeta. Quanto agli esperimenti mi
risulta che non siamo né i primi e neanche saremo gli ultimi. So che in tanti
pensano a migliorare gli umani per ragioni di produzione, sociali e militari. I mezzi che usano gli altri per la
manipolazione della cultura, della
coscienza o genetica ci sembrano rozzi e privi di un sincero approccio
olistico, tuttavia comprendiamo di dover rispondere a questa sfida. Con mezzi
nostri, ovviamente. In questa situazione è necessario per noi aiutare un
governo amico e alleato che è sinceramente interessato a vincolarsi a noi.
Paradossalmente la conflittualità violenta presente sul pianeta ci ha favorito
perché così come ci portava tanti nemici ci ha donato i nemici dei nemici nella
veste di alleati e di complici. Tante volte nel corso dell’ultimo conflitto una
situazione difficile o pericolosa è stata salvata da una spia, da un gruppo di
entusiasti, da forze locali o miste, da guerriglieri e perfino da mercenari. L’essere umano come lo conoscete è
una cosa in transizione, è un passaggio verso qualcosa di diverso di cui noi
vogliamo esser parte. Per questo è stata affrontata l’ultima grande guerra.
Questo non è dominio, questo è destino.“
Mi stupì il termine destino proprio
quella parola destino. Una parola
singolare in bocca a un simile essere. Eppure. Dovevo conoscere meglio questi
Xenoi, queste facce di plastica che non avevano esattamente del sangue nelle
vene, era necessario per capire cosa stavo cercando io in questa storia.” Oso
chiedere a sua eccellenza quale rapporto ha avuto con il processo e perché
tanto interesse per un fatto in fondo marginale, per una resa dei conti fra
gente locale; so che sua Eccellenza si è adoprata per seguire il processo, per
capire di cosa si trattava. In fondo io sono qui per comprendere cosa è stato
davvero, anche per voi Xenoi”.
Rimase leggermente impressionata, ho
avuto la sensazione netta che riuscisse a cogliere elementi del mio pensiero e
della mia memoria, come se potesse leggere i tratti somatici o i miei segreti. Forse
questa domanda non era prevista, ero d’un tratto fiero di aver messo un punto a
mio favore in questa intervista, ora non ero più lo stupido che faceva domande
prevedibili; quello era il punto. Loro non capivano qualcosa e forse era
l’unico elemento scoperto di tutto il loro gioco per il potere. Forse ero il
solito illuso che credeva di far carriera con un colpo di fortuna, che si
giocava la sua occasione e forse la stavo già rovinando.
Questo mi disse: “Non capivo e non
riusciamo nel complesso a capire quella situazione che viene in essere quando
nelle civiltà umane crolla un regime e ne arriva uno diverso. Noi abbiamo da
tempi remotissimi sistemi stabili, il nostro sovrano è simile a un Dio Vivente e rappresenta l’unità del sistema
biologico e tecnologico di cui siamo parte. Lo spettacolo di un crollo di
civiltà completo visto da vicino e per gran parte da noi provocato e voluto ci
ha suscitato grandi curiosità. Il passaggio fra un prima e un dopo visto il
pianeta coinvolgerà anche noi, c’è ragione di credere che sarà per noi
necessario diversificare la nostra forma di vita per adattare elementi della
mostra popolazione al pianeta Azzurro. La distruzione del vecchio e del morto
per creare il nuovo e il vivente diventerà per noi fatto comune, ordinario e
questo passaggio ci riempie di timore perché è certo che non è controllabile.
Proprio io quale principale funzionario e
ministro del mio sovrano ho dovuto studiare con attenzione questo esempio di
resa dei conti che rivelava le dinamiche di dissoluzione e di decomposizione
del potere e dell’ordine costituito. Sapere perché si tradisce, perché ci si
vende, perché si corrompe, cosa si prova se si è preda di rimorsi, rimpianti,
passioni violente, istinti omicidi, vendetta può essere utile. Queste pulsioni
un po’ primitive possono accelerare processi di mutazione e di trasformazione.
Gli umani spesso passano da una vita all’altra senza accorgersene e restando
uguali nel nome e nell’aspetto. Cambia ciò che sono pur restando simili nelle
forme esteriori. Capire questo processo di mutazione psicologica è per noi
vitale e interessante. In fondo anche le nostre comunità qui potrebbero essere
sottoposte a stress psicologico e a malattie derivate da complicate relazioni
sociali o cose simili. Inoltre il processo era incentrato sui sistemi di
propaganda e plagio, conoscere ciò che faceva l’altra parte e unirlo con i dati
in nostro possesso completava il quadro della situazione e mi ha dato molto
materiale per organizzare le nostre future attività. La fondazione di una forma
di civiltà integrata con la nostra e la vittoria in guerra esigono molto studio
e conoscenze, e una cosa che voi chiamate intuizione. Capire in un solo istante
il legame fra fatti lontani e distinti, comprendere una cosa difficile in un
solo attimo di questo parlo. Qui con questo processo di cui voi vi siete
interessato ho compreso alcune dinamiche
del potere e dello sfruttamento delle passioni e delle paure umane. Ma mi dica
professore cosa avete cercato in quei
fatti di giustizia oltre a un a carriera
universitaria?”
Risposi subito:” Il potere dell’uomo
sull’uomo. Non c’è modo migliore di vedere l’interno di un uovo se non
spaccando il guscio. Voi avete spaccato il guscio dell’Antico Ordine con la
vostra violenza tecnologica e potenza militare. Così ho visto l’interno del
potere, almeno qualcuno dei suoi aspetti e grande è il favore che mi avete
fatto. Conoscere un processo di decadenza e fine illustra tutti i processi di
decadenza e fine. Una parte della storia non si ripete mai uguale, il colore
degli stivali dei soldati cambia di solito, ma conoscere una parte fino a
intuirla nel profondo aiuta a capire tutta la storia o almeno a delinearla per
ciò che è. Così la visione dello squallore di un potere umano marcio e ormai infelice e deforme mi ha svelato molte
cose lette e studiate ma mai davvero comprese, non ho avuto così tante
intuizioni professionali come in questi pochi mesi di ricerca qui in questa
terra e in questa città.”
Lei disse:” Rompere il guscio…vero.
Le confido che è stata una piacevole sorpresa anche per me trovare così tanti
stimoli intellettuali e di conoscenza in questo fatto marginale. C’è un
pericolo grande per ogni civiltà che si stabilisca qui ed è quello della
decadenza e della corruzione. Cosa di cui abbiamo orrore. La morte anche
violenta è sopportabile, basta che il corpo bruci, che si dissolva in fretta
che il disordine e lo squallore della decomposizione sia rapidissimo. Questo ha
un suo corrispettivo nella vita sociale e politica presso di noi. Alle volte
capi e ufficiali Xenoi vengono polverizzati pur di evitare disagi e problemi al
sistema nel suo complesso. Marcire per decenni, secoli entro i termini di un
sistema sfatto e gestito da sciagurati e pazzoidi è per noi un disordine terribile,
la peggiore delle punizioni, peggio della pena di morte. Questo grande pericolo
va studiato, compreso e risolto, o limitato nei danni. Sappiamo per certo che
altri hanno avuto problemi simili e non ci piace ripercorrere i fallimenti
altrui. Io non posso e non devo fallire e devo dar il giusto indirizzo ai miei
ufficiali e funzionari e servi; sono nel
livello più alto del comando e controllo
Xenoi e dovevo capire per ben operare.
Ammetto di essermi interessata al processo personalmente e in modo
inconsueto per il mio altissimo rango. Ma era necessario e utile”
Dissi con felicità: “Capisco Alta
Eccellenza, capisco.
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19 luglio 2012
La Guerra Limitata - note e scritti su un testo tutto da scrivere-

Il
terzo libro delle tavole
Viaggio nell’Italia del remoto futuro
Tecnica della guerra limitata degli Xenoi
- considerazioni -
( anticipazione da uno scritto ancora tutto da
scrivere)
La
mia ricerca sui fatti del processo era incentrata in particolare sulla politica
e sulla società. A questo punto della narrazione è necessario presentare qualche
appunto su quel conflitto sulla base di quanto da me scoperto con ricerche
d’archivio, con interviste, con la documentazione da me rinvenuta o concessa in
visione dalle autorità. Quello che ha pesato nei fatti da me descritti era l’interesse
politico degli Xenoi di creare forze di guerriglia e questo ben aldilà
dell’interesse militare. Il controllo della penisola era per loro un fatto
simbolico e l’occasione per inserirsi sul pianeta ed esercitare un contrasto
forte con altre tipologie di popolazione aliena e umana. La guerriglia aveva
grosse quantità di denaro contante ottenuto dagli Xenoi, i quali se lo sono
procurato in mille modi perlopiù disonesti. Le forze insurrezionali e
sovversive avevano accesso al fiorente mercato nero delle armi e delle merci della
malavita e del contrabbando internazionale mentre un peso minore, a livello di
quantità, hanno avuto lanci o trasporti di armi Xenoi. L’attività sovversiva
era integrata da qualche agente infiltrato e da qualche missione militare per
istruire e organizzare gli attacchi più difficili e coordinare i bombardamenti
orbitali e quelli tattici. Quindi secondo verità gli Xenoi presenti erano
relativamente pochi, il loro merito fu di saper ben organizzare una rete
sovversiva e insurrezionale con agenti e forze locali. Riuscirono a federare la
maggior parte delle opposizioni all’Antico Ordine presenti nel Belpaese con
promesse, elargizioni di soldi, invio di armi e presentandosi come liberatori
da un ordine di cose indecente e da poteri forestieri e domestici criminali e
criminogeni. Eppure c’era qualcosa nella storia di questa penisola che
rimandava ad altri momenti nei quali i regnanti e despoti avevano trovato forze
locali ostili pronte a darsi al banditismo, alla guerriglia, all’insurrezione.
Ancora una volta in questo studio mi trovavo davanti a un potente impasto di
novità e d’antichità. Gli Xenoi appoggiavano capi ambiziosi e demagoghi locali
di talento pronti alla clandestinità e alla vita da banditi e da guerriglieri,
creavano intorno alle persone selezionate un nucleo di comando attraverso il
quale veniva formata una rete di individui pronti alla sovversione politica. In
un certo senso operavano una sorta di attacco di tipo biologico, immettevano
nel corpo di una società minata dalla corruzione, dal militarismo e dal dispotismo quelli che erano delle
cellule cancerogene. Il sovversivo e l’attivista umano degli Xenoi operava come
una cellula tumorale, cercava di colpire il potere riproducendosi in modo
mirato in alcuni settori e punti della società con l’intento di devastare il
suo ordinario operare a favore degli alieni e dei loro alleati. I livelli
dell’attacco Xenoi attraverso le forze umane erano quattro: contestazione
politica e contro-informazione, attività di sabotaggio e creazione di dissenso
nella società, attività di guerriglia, insurrezione armata delle popolazioni
contro le minoranze al potere e le organizzazioni militari e spionistiche
forestiere. Tutti e quattro i livelli dovevano esser foraggiati con soldi,
appoggi, aiuti di ogni tipo e più forte era la componente terroristica e militare
e maggiore era l’impiego di risorse. Il primo livello era facilissimo da
costituire con un poco di soldi e di risorse era facile trovare degli eroi che stavano ben lontani dai campi di
battaglia. Un provocatore o un agitatore politico sulla rete internet o sulle
strade di periferia di una grande città era un tipo di umano facile da trovare,
anche gente poco interessata alle ragioni politiche poteva essere avvicinata
con una busta piena di contanti a corso legale o con dei beni di un qualche valore.
Il primo livello di solito effettuava
azioni come una comunicazione in rete sotto falso nome e con un computer
rubato o di contrabbando, un manifesto provocatorio affisso nelle periferie,
dei volantini minacciosi sparsi di notte nelle piazze o messi in luoghi
pubblici, un murales inquietante o
scritte offensive contro il potere sui muri di case e magazzini, diffusione con
qualsiasi mezzo di notizie false o tendenziose. Il secondo livello richiedeva e ha richiesto gente formata
politicamente, convinta a suo modo delle ragioni del confronto militare e di
potere in atto, la manovalanza pronta a rischiare una bastonatura o qualche
settimana di carcere per soldi, per un portatile nuovo, per una cassa di
superalcolici non era adatta al secondo livello. Nel secondo livello si poteva
sparire, esser sparati da uno squadrone della morte, presi in casa da una banda
di miliziani e stroncati con coltelli e manganelli. Chi praticava il sabotaggio
spesso aveva una seconda vita e uno o due punti dove collocare abiti di
ricambio, soldi, documenti falsi, armi, esplosivi, rivelatori di posizione.
Quando passava all’azione in modo clandestino operava per provocare detonazioni
e incendi in luoghi di un qualche interesse militare o politico, per collocare
segnalatori di posizione utili alle forze aereospaziali, avvelenava derrate
alimentari e altro ancora. Rischiava la fucilazione sul posto o peggio se
veniva preso vivo. Chi faceva questo era gente che aveva poco da perdere o
piena di odio per l’ordine costituito, pronta quindi a infilarsi in posizioni
scomode o pericolose, se voleva soldi era pagato bene e in segreto. Chi si
occupava di condizionare la pubblica opinione era spesso un militante politico
di qualche gruppo o partito sciolto o minoritario e passato alla nuova causa,
doveva muoversi sotto la copertura di associazioni umanitarie, di attività
sociali, di attività commerciali al dettaglio in modo da aver rapporti con
centinaia di persone la settimana e diffondere tra un discorso e l’altro frasi
inquietanti, riconoscere eventuali sostenitori del regime. Questo secondo tipo
di partigiano Xenoi intendeva creare
piccole realtà di copertura per azioni di disturbo nella vita politica o civile
sotto forma di comitati civici, liste elettorali, gruppi informali di cittadini
indignati per qualche motivo, gruppi d’informazione alternativa e perfino
associazioni sportive o pseudo-religiose. Si trattava di far penetrare nella
società umana o nel gruppo di umani presi in considerazione da questo tipo
d’attivista dubbi e perplessità sull’ordine costituito e creare le condizioni
per avere molti gruppi di umani disposti ad accettare o a tollerare gli Xenoi.
Quando vennero messe in rete e coordinate fra loro le centinaia di piccole
organizzazioni diventarono un fattore di
disturbo e di disagio per il potere politico e per l’organizzazione militare.
Il terzo livello la guerriglia necessitava di gente già perseguitata, schedata
dalla polizia, messa all’indice, desiderosa di rischiare la pelle, uomini e donne ormai fuori dai normali legami della
società, oppure convinta a livello fanatico o con forti ragioni di vendetta. Si
trattava in fondo di creare azioni di carattere sovversivo, militare e di
guerriglia volte a disorganizzare la vita civile e l’apparato militare,
talvolta lo scopo era creare zone controllate dalle forze partigiane ove far
arrivare materiali militari e rifornimenti di vario tipo dall’esterno. Qui i
candidati erano pochi e ancor meno quelli con esperienze militari o di polizia,
il guadagno poteva alla fine del conflitto essere notevole ma arrivare vivi
alla fine era una cosa da virtuosi o da fortunati. Così i guerriglieri erano
relativamente pochi ma motivati e grazie ai denari e ai beni che arrivavano le
loro file erano alimentate da nuove reclute, e più l’Antico Ordine perdeva
consenso e accumulava sconfitte militari e politiche maggiore era l’afflusso di
nuovi guerriglieri. La capacità di reclutare era compromessa da eventuali
sconfitte negli scontri contro mercenari, polizia, esercito, da azioni fallite
contro obiettivi protetti, da delazioni o rilevamenti che comportavano
bombardamenti o incursioni mirate delle forze speciali. Questo si verificava
con una certa frequenza e ciò spiega l’aiuto costante degli Xenoi in materiali
e invio di consiglieri, esperti e missioni militari. L’ultimo livello o
preparazione e attuazione di un’insurrezione di una città o una provincia
esigeva la creazione di forze coordinate e vittoriose sui tre livelli già detti
e una rete di agenti in grado di agire in città e di avvicinare capi politici e
religiosi per ottenere da loro almeno la passività davanti alla conquista
definitiva o temporanea del territorio urbano o rurale preso di mira. Questo
livello necessitava inoltre di una serie di dotazioni militari e finanziarie
cospicue trovate in loco o fatte arrivare dall’esterno. Il primo e il secondo
livello dovevano già aver scosso la fiducia della popolazione locale nei capi
militari e politici con sabotaggi, omicidi, provocazioni, false notizie,
manipolazione dell’opinione pubblica. La guerriglia doveva già aver tagliato le
linee di comunicazione via terra e per via d’acqua e aver impegnato sul
territorio le forze di polizia e militari o mercenarie.
Dopo aver disorganizzato e diviso le forze in grado d’opporsi le forze
sovversive iniziavano i combattimenti urbani o nei punti sensibili con lo scopo
di distruggere le forze ostili, i centri di comando e controllo e d’impadronirsi dei depositi di
armi e dei magazzini. A questo punto dovevano emergere fra le fila di coloro
che erano insorti non tanto i capibanda, i demagoghi, gli esaltati quanto
piuttosto i capi politici rimasti in ombra, i dirigenti, i capitani e i
comandanti delle squadre armate. In breve si trattava di formare un nucleo di
capi e dirigenti con competenze e coraggio in grado di trasformare una
sovversione alimentata dall’esterno in un fatto politico serio e responsabile a
suo modo. Una volta vittoriosi sui nemici e sicuri nel territorio conquistato i
sovversivi e i rivoltosi davano vita a una qualche forma di autogoverno locale
e chiamavano gli Xenoi a penetrare nel territorio con spedizioni di soccorso,
infrastrutture, basi militari e civili, forze armate. A quel punto un governo
locale si era formato e a suo modo organizzato e supportato. Il pericolo rappresentato
da questa forma di guerra limitata esigeva da parte delle forze dell’Antico
Ordine una reazione bilanciata fra l’aspetto poliziesco e militare in senso
stretto e la creazione di un consenso prezzolato e mercenario fra gli strati
privilegiati della popolazione e fra alcuni gruppi disagiati pronti a ogni
delazione in cambio di elargizioni di cibo e denaro. Inutile dire che questo
modo di far la guerra comportava migliaia di attentati, incendi, stragi, esecuzioni
sommarie, omicidi mirati e linciaggi selvaggi dovuti alle vendette e ai
regolamenti di conti e all’odio di parte che si sommavano alla durezza del
conflitto iper-tecnologico degli eserciti alieni, umani e Xenoi.
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17 luglio 2012
Appunti sulla dissoluzione della ragione nel Belpaese
 Libro abbandonato
Le Tavole delle colpe di Madduwatta
Terzo Libro
Appunti sulla dissoluzione della
ragione nel Belpaese
Devo provare a ragionare sul male di
vivere di questi anni. Avendo avuto in sorte di trascorre l’infanzia fra la
fine degli anni settanta e i primi anni ottanta del Novecento posso oggi nel
2012 affermare senza troppi problemi che la mia vecchia Italia non esiste più
sotto quasi tutti i profili. Perfino la popolazione è diversa perché è stata
fortemente condizionata dalla pubblicità commerciale e dal materialismo
consumistico, spesso di pessima lega, che la televisione e il sistema dei
mass-media proponevano alle genti del Belpaese. L’immigrazione di popoli e
genti con culture diversissime ha fatto poi il resto. Ha concluso un percorso
di auto-dissoluzione delle forme di vita e pensiero delle genti del Belpaese
semplicemente manifestando la propria diversità, ora per milioni d’italiani di
vecchio e nuovo conio il centro della vita sociale è il centro commerciale o il
discount alimentare e non più la piazza
o il bar del quartiere, la casa del popolo o la parrocchia. Questo è avvenuto fra gli anni ottanta e gli
anni novanta del Novecento. Ciò che rimane del passato deve ritrovare un senso
spesso anche nella cattiva forma
dell’attrazione turistica o della curiosità antropologica o sociale, altrimenti
si vota ad essere parte di miti morti e di ideologie e forme di vita disfatte
dallo scorrere del tempo. Quando ritorno nei luoghi d’infanzia o della
pre-adolescenza mi accorgo della distanza che il tempo ha posto; ciò che è
stato non è più. Cosa è quindi l’Italia di oggi? Dove sta andando, ammesso che
vada da qualche parte? Recentemente mi sono chiesto da dove parte tutto questo,
mi sono risposto che in fondo proprio quel mondo dell’infanzia era tutt’altro
che saldo, col senno di poi e con la giusta distanza che offre lo scorrere dei
decenni ho capito che quel mondo italiano era una piccola parte del Belpaese, fondata
su visioni del mondo precarie o ideologiche, già inserito in una logica di
consumismo dove l’appartenenza ideologica dei singoli era spesso intessuta con
concretissimi interessi professionali, materiali o con questioni private,
magari di famiglia. Questo presente così scisso fra concreta realtà e possibili
visioni ideali del mondo e del futuro coltivate da minoranze politicizzate o
impegnate socialmente viene in realtà da lontano, da decenni di cinismo
politico, di privati interessi trasformati in necessità collettive, di
conflitti d’interesse a tutti i livelli irrisolti e lasciati marcire, di una
nazione di fatto a sovranità limitata in politica internazionale, di pratiche di corruzione quotidiana e di
trasmissione del posto di lavoro di padre in figlio come da antica tradizione
corporativa e familistica, di disagio del cittadino davanti alla macchina della
burocrazia e della giustizia. Basta osservare con spirito libero molti film
italiani di satira o di denuncia dei mali della corruzione politica e sociale e
sul malcostume nazionale fra gli anni settanta e gli anni ottanta. L’Italia di
allora era una realtà fragile tenuta assieme da troppi compromessi, perdite di
memoria, finzioni, ideologie che coprivano la realtà senza trasformarla.
Questo mondo umano fragile è passato
dal fracasso ideologico e settario al silenzio degli anni ottanta, della Milano
da bere, del Craxismo, delle sfilate di moda e della borghesia italiana in
ascesa. Il mondo umano italiano di oggi è il portato di questo passaggio fra
una finta restaurazione borghese infelice e da tristi benpensanti degli anni
ottanta e l’inizio di una trasformazione in senso imperiale delle potenze
mondiali. Con lo smantellamento del comunismo dopo il 1989 lentamente ma fatalmente è emersa la realtà
di poteri imperiali in Cina, Russia, Francia, Inghilterra e
Stati Uniti cresciuti all’ombra delle opposte ideologie e ora finalmente in
grado di rivelarsi per ciò che sono diventati nel corso degli anni novanta:
imperi a vocazione imperiale e
capitalista. Oggi questi imperi che hanno potenti multinazionali, grandi apparati spionistici e complessi
militar-industriali si stanno ritagliando le rispettive fette di mondo dove
sono dominanti i loro interessi strategici o peggio vitali e questo accade con
una logica da politica delle cannoniere dell’Ottocento mascherata sotto ONG,
investimenti di multinazionali, interventi umanitari, guerre a favore dei
diritti umani. Questa è la realtà che oggi milioni d’italiani esorcizzano
fingendo di vivere in un altro tempo e in altro Belpaese. Come se questi anni
fossero il 1945, il 1948, il 1968, il
1977. Il 2012 è il 2012 e non può essere altro da sé.
Credo per molte prove che in Italia
oggi sia presente una realtà dove si è
dissolta la ragione, dove minoranze spesso politicizzate cercano di tener la
testa lucida mentre milioni di umani delle genti nostre seguono ragionamenti
frammentati, istinti opportunistici, paure irrazionali e possono esser con
facilità manipolati da demagoghi televisivi o costruiti ad arte con i milioni
elargiti a professionisti della comunicazione e della politica. Il consumatore ha
il suo pensiero frammentato da desideri indotti e necessità concrete e formato
da milioni di messaggi pubblicitari dei giornali, della televisione, delle riviste
patinate. Egli è oggi la forma base dell’umano italiano su cui poi
s’appiccicano altri optional come l’appartenenza a una tifoseria, a un ceto
sociale, a una città, a un gruppo e altre cose del genere. Un po’ come le auto
quando sul modello di base vengono aggiunte le diverse componenti tipo
l’autoradio o i cerchi in lega. Il primo strato è comunque il consumatore
creato dal sistema dei consumi e della pubblicità commerciale.
Oggi che la situazione lavorativa
e di capacità di spesa è sfavorevole per
milioni d’Italiani vecchi e nuovi a causa della recessione e dei disastri
economici nell’Occidente politico - ossia Europa Occidentale, Israele, Stati
Uniti, ex Impero Inglese - i limiti di questa base su cui si è fondata tanta
parte del popolo italiano emergono. In particolare nella cronaca spesso faziosa
e politicamente orientata dei quotidiani e dei settimanali emergono masse di
popolazione avvilite, talvolta impoverite, incapaci di dare uno sviluppo
positivo alla loro frustrazione umana e professionale. Se si sommano i pezzi di
cronaca con i discorsi delle minoranze politicamente agguerrite che comunicano
in modo alternativo, ad esempio il movimento No-Tav o quello delle CinqueStelle,
emerge un Belpaese che sta perdendo i nuovi punti di riferimento legati al
mondo dei consumi e della pubblicità commerciale e ha dissolto le antiche e
vecchie ragioni di vita. In realtà questo tempo è una terra di nessuno, un
passaggio; e questo passare non si è risolto in una ragionevole sintesi perché
milioni d’italiani e tanta parte dei ceti agiati e di coloro che vivono di
politica ha interesse ha protrarre avanti nel tempo questa incertezza che
comunque li vede socialmente premiati in un contesto di disagio e
d’impoverimento. Il mondo umano in Italia sembra scisso fra i molti che vivono
in mezzi ai detriti di miti perduti e ideologie morte o marcite e i pochi che
cercano di veder oltre questo tempo, di capire cosa può portare l’egoistico
dominio globale delle cinque potenze imperiali, va da sé superpotenze nucleari,
con diritto di veto all’ONU.
Mancano gli Dei e gli Eroi del cinema, dei fumetti e
delle favole in grado di mettere ordine in un mondo umano caduto della
scelleratezza, nell’empietà e nella
follia. Quindi senza possibilità di miracoli da fumetto o da cinema rimane
l’ordinario sforzo dare un senso di giustizia ed equità a un mondo umano che
deve formarsi essendo quello antico disfatto dallo scorrere del tempo e dal
darsi un mondo scisso non più in due blocchi ideologici ma in concretissimi
interessi imperiali e in grandi concentrazioni finanziarie. L’incapacità di
leggere in chiave di quotidiano questa trasformazione del grande potere su
scala mondiale da parte di tanta parte della popolazione italiana è il segno
della dissoluzione della ragione. Ciò che appare è più forte di ciò che è
nascosto, ciò che è presentato platealmente dai media diventa l’unica realtà,
lo spettacolo continuo avvolge le notizie, l’abitudine cementa il pregiudizio e
la cattiva conoscenza. Occorre ammettere da parte mia che la mente umana che vuol fare dei ragionamenti
sensati deve selezionare ogni giorno quel che serve davvero a capire, ossia
deve fare uno sforzo alimentato con l’abitudine e l’esercizio critico. Nella pigrizia
intellettuale e nell’abitudine derivata dal conformismo vedo il primo perdersi
della ragione da parte di troppi abitanti del Belpaese.
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15 luglio 2012
Le Tavole delle colpe di Madduwatta Terzo Libro Appunti sparsi sul processo
 Libro abbandonato
Il terzo libro delle tavole
Viaggio nell’Italia del remoto futuro
Appunti sul processo
( anticipazione da uno scritto ancora
tutto da scrivere)
Cominciai a mettere le date una
dietro l’altra. La mia ricerca riguardava “l’Anno Uno” del nuovo regime, ovvero
subito dopo la guerra Xenoi, ossia sette anni fa. La storia era già passata,
era una cosa finita. Il processo era iniziato nell’Anno Sesto del Contatto,
ossia nell’ultimo anno della guerra globale che interessò le potenze aliene e
Xenoi ed era finito l’anno dopo o “Anno Uno” primo anno di Pace o se si vuole
di passaggio da una guerra pesante e distruttiva a una guerra a bassa intensità
e in territori limitrofi e marginali
rispetto alle potenze planetarie e non solo. Il processo doveva concludere il momento
della resa dei conti, del saldare i debiti di sangue e procedere alla creazione
del nuovo Stato rigenerato dalla
presenza Xenoi e dal ritorno al nuovo Stato di territori e città perdute da
queste popolazioni in altri tempi e in altri contesti. Il processo era una
linea che doveva tracciare il prima e il dopo, un gesto simbolico per
distruggere il passato infelice e il suo squallore. Il processo celebrato in
una delle Biblioteche Nazionali era simbolico, era la sconfessione di una
cultura meschina data da una spregevole arte dell’arrangiarsi e del vivere
d’espedienti con una mentalità da colonizzati che trovava nell’intrattenimento,
nella cattiva informazione, negli spettacoli sportivi o di svago più o meno
erotico la propria forza. Plebi abbruttite dalla cattiva alimentazione, dalla
microcriminalità, da paure indotte, rincretinite da cattive abitudini tollerate
dalla polizia e dal potere politico, dalla diffusione di sostanze stupefacenti
venivano travolte dalla distruzione del loro mondo idiota e mendace, quelli che ne sono usciti vivi
sono stati riconvertiti nel popolo di un nuovo sistema; ma fra un prima e un dopo va tracciata la linea
che separa e essa va scritta con l’ultima esecuzione. Un nuova forma di civiltà si era formata
nella guerra fra umani e nella stretta alleanza di tanta parte dei popoli della
penisola con i poteri e la popolazione
Xenoi, è la Neoitalia. Il processo incrocia l’accordo di fusione con gli
Xenoi, la creazione di un nuovo Stato, La fondazione delle nuove istituzioni,
la creazione di un modello altro di vita associata, l’ascesa al potere di un
movimento nazionalista erede della guerra vittoriosa e questa strana convivenza
fra umani e facce di plastica. Milioni
di plagiati dal sistema della pubblicità commerciale, dell’intrattenimento
scemo, del divertimento stupido, nei telegiornali e dell’informazione di
propaganda dovevano esser riciclati, diventare altro. Si trattava di un gigantesco
lavacro, di una purificazione di massa, una rigenerazione a suo modo, stavolta
però di popoli interi. Quel processo era parte del lavoro di trasformazione, di
fatto si trattava di trasformare in profondità i popoli della penisola e questo
come da antica tradizione doveva esser parte di un passaggio di poteri
imperiali, se vogliamo di una vera e propria invasione che trovava all’interno
della penisola entusiasti dell’una o dell’altra parte.
Da un certo punto di vista si è
trattato di un misto fra rivoluzione e invasione, qualcosa che ricorda sul
piano psicologico di massa l’impresa di Re Alarico al tempo del crollo
dell’impero Romano D’Occidente quando prese Roma e la saccheggiò e Napoleone
sul piano degli effetti di trasformazione del diritto e della società,
ovviamente tutto questo a un livello di potenza all’altezza della quarta
rivoluzione industriale. Eppure il contesto in cui si sviluppò la cosa pare
davvero una questione di provincia, solo sette imputati, un luogo di detenzione
ridicolo ossia una stanza nel
sotterraneo della Biblioteca ridotta a cella per i due gruppi separati da
sbarre, un cortile quadrato di pochi metri, un corpo di guardia di poche
persone con qualche Xenoi venuto per altri motivi. Oggi posso scrivere
liberamente che fu Rodolfo Brandimarte a rivelarmi certi segreti, che non erano
tali, di quel processo; mi portò quasi di nascosto a vedere il cortile angusto
dove i detenuti passavano l’ora d’aria, la panca dove si sedevano a fumare o
borbottare fra sé, la stanza dei reclusi con il bagno, il posto dei
sorveglianti. Quelli erano i luoghi ove la parte invisibile del processo si era
data, cosa pensassero e come vivessero quei momenti i processati può essere ricostruito
solo in modo grossolano. Del resto all’inizio di questa storia non era chiaro
quale peso politico avrebbe avuto questo processo; in un certo senso esso fu
invenzione politica e di propaganda tormenta, esso poteva benissimo passare
sotto silenzio. Solo verso la conclusione del processo la cosa divenne nota e
un fatto di grande rilievo politico e culturale. L’inizio della cosa fu quasi
familiare, intimo. Il finale fu spettacolare, senza dubbio. La mia intenzione
inizialmente era quella di scoprire i segreti della dimensione spettacolare, ma
una volta sul posto ho cambiato tutta l’impostazione. Erano quelli che pensavo
essere i particolari minori, le rivelazioni su fatti quotidiani, le
caratteristiche dei personaggi di questa tragedia della storia, l’opinione dei
molti, perfino i dettagli all’apparenza futili. Ricostruivo dai particolari un
mondi umani e di pensieri che non potevo
nemmeno concepire prima del mio venire in questa terra.
Per prima cosa devo far capire il
luogo. Di solito non si arriva alla Biblioteca Nazionale partendo dal davanti e
ammirando al facciata imponente ma da una delle due strade laterali. Quindi
l’impatto visivo con la costruzione ordinariamente non ha luogo, uno arrivando
dalla strada laterale sale scalinata bianca, osserva il cancello aperto, passa
dalla portineria e non si rende conto se non quando è dentro edificio della sua
natura volutamente monumentale. Ma
l’edificio ha un secondo elemento che tende a confondere lo sprovveduto:
assieme alle sale imponenti ci sono corridoi e sale più piccole, quasi un
labirinto. Non tutte sono aperte, e il risultato è di nuovo illusione i grandi
spazi sono circondati da piccoli spazi invisibili all’occhio del visitatore
meno esperto. Un luogo di cerimonia, di consultazione, di lavoro, di studio e
d’impiego per burocrati, professori, dottori, esperti, tecnici. Pensai alla
forma del grande edificio ed a fatto che al
grande spazio monumentale si congiungeva il piccolo spazio, era come
nella realtà quando il grande evento era
circondato da tanti piccoli eventi o il fatto storico da troppe storie piccole
all’apparenza ma ognuna piena di senso e di conseguenze. Ecco cosa comunicava l’architettura
dell’edificio; era una lezione di storiografia, o forse l’atto primo della
fondazione di qualsiasi cultura responsabile di sé. Sette delinquenti culturali
rimasero per un anno chiusi là dentro. Non si faccia illusioni il mio lettore
erano di tal fatta che non capirono dove erano e cosa stava loro precipitando
addosso. Ma dalle piccole cose, dai segni, perfino dall’edificio sibilava una
verità: Non tutto muore. Vi era continuità storica e forse anche una triste forma
di sacralità in quel processo, la fine di un mondo umano arrivato a una
meschina e miserabile fine era una nuova versione di molte altre antiche e quasi dimenticate miserevoli vicende storiche.
A un certo punto osservando per la terza o quarta volta quel cortile quadrato
piccolo e anonimo compresi quanta continuità
segreta vi fosse fra i crolli di regimi di re e principi antichi condannati e
criminalizzati per le loro azioni e i loro atti e questi fatti recenti. Solo
che in questa storia mancava un pezzo, non da poco. I diversi imputati
sembravano inconsapevoli, del tutto ignari di ciò che comportavano le loro
azioni; all’apparenza erano macchine senza rimorso, senza morale. Avevano
imparato a far i soldi e a viver bene con l’inganno mediatico, con le false
notizie, con la più bieca propaganda di guerra; il loro egoismo li portava a ignorare
le molte vittime delle loro calunnie e delle loro frodi. Il processo fu
condotto con grande abilità per smascherarli su questo punto preciso. Sapevano,
sapevano tutto e mentivano anche a se stessi per soldi e per amore di piaceri e privilegi. Milioni di umani nella penisola
erano tali e quali a loro, molti erano
morti o fuggiti altrove ma molti no. Occorreva far capire che la presente non
era un’invasione come le altre, essa pretendeva di purificare e di ricostruire.
Era una nuova forma di crociata ideologica, a suo modo una “Piccola Apocalisse”.
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7 gennaio 2010
Il dispiacere di pensare la fine
De Reditu Suo
Il dispiacere di pensare la fine
Ammetto di aver ripensato alla Repubblica Spagnola,
quella federale stroncata brutalmente e massacrata da Franco, Hitler e
Mussolini e dall’imperizia e dalla complicità delle sedicenti democrazie di
allora. Grazie ai portenti della terza rivoluzione industriale posso vedere
documentari, fotografie e perfino le musiche di chi ha combattuto e morto dalla
parte della Repubblica Spagnola, e beninteso anche da quella dei fascisti dei
reazionari spagnoli. Mi vien fatto di pensare che in fin dei conti quella
Repubblica ha avuto un destino tragico, aldilà di quanto nel Belpaese si possa
concepire, e che la loro Repubblica non ha fatto i conti i conti con la
decomposizione e la disgregazione civile e sociale in cui si dibatte la nostra,
con la perdita del senso della realtà per mezzo dell’intrattenimento televisivo
e della pubblicità. La loro decomposizione è stata una fiammata, un rogo collettivo
nel mezzo dei furori bellicisti e ideologici del primo Novecento. La fine di
questa Seconda Repubblica in questo secondo millennio sembra un lento disfarsi di
ciò che per anni abbiamo chiamato Italia. Il cupo desiderio di morte che è
parte di questo tempo è presente nella quotidianità di questa Seconda
Repubblica italiana e dà il senso della una fine e della decomposizione di ogni
valore e di ogni morale precedente. Quel che emerge è una realtà frammentaria
priva di quegli elementi di unità e di appartenenza ad una vicenda storica
comune, un contesto dove ogni egoismo umano e sociale può scatenarsi senza
dover render conto a qualsivoglia forma di riprovazione morale. L’esempio
infelice delle minoranze dei ricchi e dei politici di un certo spessore spesso
chiacchierati o alle prese con i tribunali nostrani sta dando alla popolazione
italiana l’impressione che l’unico metro possibile su cui ragionare sia il
denaro. Lo strumento del commercio e del lavoro nonché merce che serve ad
acquistare altra merce diventa l’unico fine perché coincidente con il potere. Avere
il potere su uomini e cose è oggi l’unica garanzia di salvezza individuale in
un mondo dove si sono perduti i valori e le ragioni di una comunità che
condivide una storia comune o delle radici culturali. Questa mutazione
antropologica e civile aiuta e rafforza tutti i fenomeni di disfacimento
presenti nella società e nella Repubblica italiana. Del resto il mondo umano
percepisce a modo suo l’evidenza che è presente sul pianeta azzurro ossia che
ciò che nasce e si sviluppa, si indebolisce, muore e si decompone. Nel corso
dei milioni di anni cambia perfino la geografia figuriamoci se non finiscono i sistemi
politici, con le classi dirigenti. Dove sono oggi i re-sacerdoti
dell’antichità, o il patriziato dell’Antica Roma, o le legioni di Cesare con i
centurioni o i condottieri delle milizie Rinascimentali? Tutto finito, tutto
trasformato, morto o ricomposto in forme nuove. Questa Repubblica, con i suoi
riti, con i suoi discordi signori, con i suoi orrori che ogni tanto balzano
all’onore della cronache giudiziarie sembra una massa informe di personaggi e cose
diverse che stanno assieme per sbaglio. Finirà, prima o poi anche questo
sistema. Esso è destinato a riformarsi e a cambiare o a sparire sotto la
pressione spaventosa dei mutamenti che arrivano nel corso dello scorrere del
tempo. Quel che mi dispiace è che la fine sembra annunciarsi in uno scenario
crescente di noia, di disgusto e di squallore entro un contesto di miseria
morale.
IANA per FuturoIeri
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21 maggio 2009
Gente mia dove siete?
Il Belpaese: quarantanove passi nel delirio
Gente mia dove
siete?
Mi ricordo di
aver già scritto qualcosa con un titolo simile. E’ molto difficile al giorno
d’oggi per individui come me con idee eccentriche o semplicemente romantiche
guardarsi attorno e veder tutto il mondo umano di prima morto e sepolto sotto
il peso del tempo e sotto la forza dell’idiozia e del cretinismo applicato ai
sistemi di comunicazione di massa. Forse ho avuto la ventura di vivere a
cavallo fra due mondi umani, di aver vissuto la mia infanzia fra un modello di
vita civile in rapida estinzione e uno nuovo dominato dalla pubblicità e dai
consumi inutili. Un modo di vivere dominato non tanto dal consumo in quanto
tale ma dalla sua immagine, dal suo imporsi come unico metro del possibile e
della vita. Il mondo di prima aveva qualcosa che veniva da altri tempi, da un
passato remoto, dai silenzi di altre epoche; questo nuovo mondo umano
incentrato sul dio-denaro e sui consumi come unico valore credibile è anche
l’abiura perfetta del tempo che fu. La maggior parte degli italiani prima
ancora che venissi al mondo aveva ben accolto questa dissoluzione dei valori
precedenti. Essi erano nell’immaginazione dei molti confusi o mischiati con le
memorie di guerre perdute, di sacrifici inutili, di crudeli miserie di massa,
di simboli morti che afferravano i vivi come in un film dell’orrore. Quindi lo
sviluppo economico e sociale ha portato alla lenta ma inesorabile disgregazione
del mondo di prima. Poteva non essere così, potevano gli eventi prendere altre
vie, ma così è stato.
Non so più
quindi dove sia la gente mia, in vent’anni il Belpaese è diventato qualcosa di
nuovo, un cantiere aperto, la grande fabbrica dove si sta creando l’opera
nuova somma di antiche contraddizioni e di nuove cose che quasi ci precipitano
addosso. Mi ritrovo con il mio personalissimo romanticismo ad essere compresso
fra un qualcosa che non riesce a prendere forma e un tempo ormai passato,
remoto, votato al rimpianto e alle onoranze funebri più o meno solenni.
Mi rendo conto
che per uscire da questa condizione occorre qualcosa di più di uno sforzo di
volontà, occorre fare il famoso salto oltre la propria ombra: immaginare un
mondo umano nuovo dotato di senso e di valori. Occorre accettare una condizione di
presa di distanza tanto dal presente quanto dal passato, trovare se stessi e le
proprie ragioni. Quelle più profonde, intime, lontane dal caos di ogni giorno.
Creare il futuro è oggi un momento di libertà, di ostentazione del proprio
pensiero, di dichiarazione di esistenza di se stessi in faccia a tutto questo
presente e al mondo. Oggi guardare se stessi nel proprio tempo con la propria sensibilità
e razionalità è più di un semplice atto, è una visione alternativa; è la propria interpretazione della realtà in quanto atto personale. A modo mio so che ritroverò il mio Belpaese nel futuro, in un tempo diverso da questo, quando non lo so. Forse nei nuovi volti di allora troverò la mia vecchia gente che non vedo più.
IANA per
FuturoIeri
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8 maggio 2009
Civiltà italiana: una, nessuna,centomila
Il Belpaese: quarantanove passi nel delirio
Civiltà italiana: una, nessuna e centomila
Per
una persona normale, incensurata, che non è scesa a particolari compromessi è
difficile far una ragionamento lineare e ragionevole sulla comune identità
italiana. Questo perché una civiltà italiana, chiara, distinta, con valori
certi come tale non esiste. Si può fare l’arbitrio d’indicare la lingua comune
come fondamento della comune identità ma essa non è quella parlata ogni giorno,
la lingua comune di cui si parla è quella dei manuali scolastici, delle
antologie, dei testi ufficiali, non certo quella ordinaria e banale della
comunicazione di tutti i giorni. In verità tanta parte del linguaggio comune
deriva dal freddo impasto fra modi di dire mutuati dalle lingue straniere e
dalla pubblicità commerciale e la banalissima vita quotidiana nella quale si
risparmia ogni fatica del linguaggio per arrivare ad argomentazioni efficaci e
rapide. Il problema del Belpaese è che la civiltà che lo anima è, per così dire,
invisibile. Si fa presto a suonare l’inno (ma nessuno si ricorda più che in
tempi non sospetti ebbe luogo un dibattito politico sull’opportunità di cambiarlo) ma una civiltà
non è solo questo ma l’insieme di ragioni che spingono esseri umani molti
diversi fra loro a fare gruppo, a star assieme, a riconoscersi in valori e in
simboli, a darsi regole, riti, vita politica. Ebbene neanche il mito
garibaldino sembra in grado di mettere assieme gli italiani, figurarsi gli
altri. Il Belpaese ha avuto una storia recente dove il passato monarchico e
fascista è strato abiurato e rinnegato per cause di forza maggiore e la
Repubblica è stata storia di partiti e gruppi diversi ed eterogenei, divisi su
tutto ciò che era comune identità e valori a cui guardare per pensare lo
sviluppo dello “stivale”. L’unico ente che si occupa -quasi per caso- di
ragionare in termini di "identità e nazione", al quale si guarda con fastidio da
parte delle “classi dirigenti” perché concepita come costo e come problema
perché limita affari lucrosi nel settore,
è la scuola italiana dalla materna al liceo. Oltre la scuola e ciò che
essa riesce a legare c’è una cultura commerciale da grande magazzino, da
rivista patinata di moda, da volantino del discount, da televendita che guarda
con fastidio alla dimensione nazionale, alla storia e alla vita. Quindi non gli
spettri di comunismi e fascismi morti, stramorti e sepolti ma il tritatutto della
società dei consumi, aggravata qui nel Belpaese dalla difficoltà dei ceti
sociali che vivono di politica di concepire l’esistenza di un “problema
italiano”, di una comune identità che si proietti oltre il qui e ora degli
slogan della politica e della banale e ordinaria cialtroneria culturale delle
campagne elettorali. In quali simboli dovrebbero riconoscersi tutti gli
appartenenti al Belpaese, in quelli più o meno politici magari legati al remoto
passato?, in quelli banalmente commerciali come se il Belpaese fosse una somma
di loghi per vendere merce magari soltanto assemblata e confezionata in Italia?
In quelli religiosi e cattolici con
buona pace delle masse d’immigrati e di connazionali che cristiani non sono? In
quelli logorati da decenni di vuota e roboante retorica patriottarda. Inoltre
chi scrive non ha fiducia nella dimensione unificante della nazionale di calcio
perché nei campionati e nelle sfide sportive fra nazioni non sempre si vince e
un simbolo unitario non può essere una variabile calcistica, inoltre milioni
d’italiani praticano o sono amatori degli sport minori e la centralità del
calcio sembra fatta più per divedere gli italiani che non per unirli. Una
dimensione di civiltà del Belpaese forse dovrà far a meno di fattori
unificanti, probabilmente si dovrà sfidare la logica comune e il buonsenso e
concepire per gli anni a venire una civiltà senza un suo centro, senza quei due
o tre elementi unificanti forti che di solito aggregano le popolazioni delle
altre nazioni. L’Italia che sarà può essere costruita solo proiettandola nel
futuro e con la rinunzia preventiva a fare di domestiche glorie e remote
reliquie di miti perduti le basi di una
civiltà che oggi non è. Sarà solo ciò che potrà essere se verrà costruita pezzo
per pezzo.
IANA
per FuturoIeri
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27 settembre 2008
RECORD MIRACOLOSO
Non è neanche trascorsa per intero la settimana delle dimissioni dell'assessore alla cultura contestatore dello stadio nuovo dei Della Valle che un vertice metropolitano esprime l'OK . Il solito quotidiano moderato Repubblica del 27 settembre 2008 nella cronaca di Firenze rende conto della decisione presa dagli amministratori e dai politici del fu centro-sinistra. Il quotidiano moderato scrive fra l'altro su questa adunanza:"...questo l'esito del vertice metropolitano, il primo mai fatto in tanti anni, tenuto ieri a Palazzo Vecchio.". Questa Fiorentina ha il potere magico di scomodare la politica locale, addirittura di convocare vertici altrimenti rari o impensabili. Non resta che auspicare altrettante simili riunioni per:" attuare severi controlli contro coloro che affittano a nero gli appartamenti, per parlare dei problemi di anziani e giovani coppie alle prese con mutui e affitti insostenibili, per la tutela dell'ordine pubblico, per un sano dibattito sull'acqua come bene pubblico, per ragionare di povertà, emigrazione, trasporti pubblici". Dimenticavo l'inquinamento e i lavori della tranvia! Che sbadato! Questo gioco del calcio si rivela fin troppo importante nel Belpaese, diventa subito un problema politico, anzi lo svago della politica che s'aggrappa alle emozioni della folla per strappare un facile consenso. C'è qualcosa di funesto, di cupo presagio in una vita democratica che passa per gli stadi. Quel tipo di spettacolo, è bene non chiamarlo più sport, è un affare enorme, produce di tutto: magliette, eventi, personaggi, marchi, pubblicità e anche stadi. Con gli stadi arrivano i lavori pubblici, le strade, gli appalti, e magari nuove attività edilizie. Non è bene che la politica fiorentina, ma Firenze è in questo caso simile al resto della Nazione, si vincoli a una cosa del genere, perchè il calcio non unisce proprio nessuno. Anzi proprio perchè è diventato un grande affare sportivo che oscura tutti gli altri sport è oggetto di molti risentimenti e di diffidenza da parte di coloro che praticano gli sport minori, oltre alle pessime figure che ci regala puntualmente alle olimpiadi. Non sarebbe male per questa ex Atene d'Italia svincolarsi dalle tendenze nazionali e ripensare il rapporto con il gioco del pallone che è bello se rimane sport, ma quando si trasforma nella macchina del consenso e degli affari diventa una cosa molto diversa.
IANA per FuturoIeri
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