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20 ottobre 2009
Basta Obama! Voglio scrivere di cose di provincia
La valigia
dei sogni e delle illusioni
Basta Obama! Voglio scrivere di cose di provincia
Ho seguito con crescente timore le cronache di otto
anni di guerre di Bush, adesso mi si racconta la favola felice del buon
principe che arriva a raddrizzare i torti, si chiama Barak Hussein Obama e
ancor prima di qualsiasi risultato tangibile prende il premio Nobel per la
pace.
Quale pace?
Di cosa si favoleggia in questi pazzi tempi dove le
parole hanno smarrito il loro senso e il loro suono?
Potrei fare delle facili ironie e raccontare di Nobel
inventore della dinamite, sbeffeggiare pacifismi di maniera e ipocrisie
farisaiche. Invece basta Obama!
Voglio scrivere per i miei venticinque lettori cose di
provincia, sestesi addirittura.
Il 16 e il 17 ottobre 2009 a Sesto Fiorentino presso
un parco cittadino e nella Villa San Lorenzo è stata onorata la memoria di Ivan
Della Mea cantautore popolare e comunista atipico recentemente scomparso con
convegni, buffet popolare, canti e musica. Si trattava a suo modo di un
maestro, di un cavaliere d’altri tempi che in questi decenni di decomposizione
e corruzione ha cercato di cantare le disgrazie e le piccole gioie dei ceti
operai e contadini d’Italia, le loro lotte spesso di sinistra, la delusione di
tanti militanti rossi davanti al destino avverso e alla loro incapacità di
fermare i processi distruttivi e creativi della civiltà industriale e del
consumismo edonistico e acritico. Un piccolo eroe della parola e della musica
in questa valle di lacrime e duro fango. Certo questa qui è una cosa di provincia,
marginale, quasi privata per certi aspetti. Eppure mi ha fatto impressione la
folla di circa trecento persone di ogni età che ha sfidato il freddo, non c’era
riscaldamento al concerto nel parco, che è stata per ore ad ascoltare il
ricordo cantato degli amici di costui, che ha riascoltato in video qualche sua
parola, il pubblico stesso si è più volte unito ai canti di lotta e di protesta
di Ivan e di altri. Per parlare davvero di pace in questo consorzio umano
residente nel pianeta azzurro ritengo che ci sia bisogno da parte dei singoli
della cognizione di quella elementare solidarietà umana che esce fuori dal fare
una cosa tutti assieme, dall’essere uniti da un ricordo, dal condividere
qualcosa di certi valori, dal provare una gioia primitiva nello star con gli
altri a far una cosa bella. Si tratta di un sentire e di un fare estraneo alla
persuasione pubblicitaria, all’intrattenimento televisivo dei predicatori delle
sorte magnifiche e progressive della civiltà industriale, di qualcosa di
estraneo nel senso più profondo alla solitudine che è parte costitutiva della
civiltà dei consumi. La pace di cui si narra in televisione e sui sistemi
d’intrattenimento e d’informazione è la naturale continuazione della propaganda
di guerra, da una parte i buoni, dall’altra i cattivi. Come in certi brutti
film o in certi fumetti per adolescenti: qui sono collocati i buoni dipinti e
vestiti da buoni, là i cattivi dipinti e vestiti da cattivi e guai a chi la
pensa diversamente. Sarebbe bene dare alle cose il loro nome, quello vero e non una qualche
fantasia creativa da pennivendoli e addetti alla propaganda di guerra. Se la pace
oggi è la banalità della “guerra di guerriglia” o il quotidiano di quella “a bassa intensità”
allora si usino i termini appropriati senza ipocrisie farisaiche.
Questo è il primo passo per far una cosa seria, anche
quando s’invoca la Pace come se fosse una divinità pagana.
IANA per FuturoIeri
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20 febbraio 2009
Al gentile lettore
Ma quando fu solo, Zarathustra parlò così al suo cuore “E’ mai possibile! Questo santo vecchio nel suo bosco non ha ancora sentito dire che dio è morto!” .( Friedrich Nietzsche, Così parlo Zarathustra )
La Morte di Dio. Patria e Famiglia
Al gentile lettore
Voglio finir qui questa serie di riflessioni sulla morte di Dio, Patria e famiglia, facendo l’auspicio di ritornarci su in un secondo momento. Sono stanco e provato e questo blog in parte riflette il mio stato d’animo. Molte cose nel Belpaese hanno preso la forma del corrotto, del deforme, del cadaverico; ciò che era certo e che è stato creduto oggi sembra parte di discorsi farneticanti, di esternazioni da vecchi tromboni, flussi di parole degni di retori da strapazzo. Al deforme del mutamento verso l’egoismo sociale e politico s’aggiunge la decomposizione portata dall’ipocrisia e dalla doppiezza. Deformità e iniquità sono ormai moneta comune nella vita civile e politica. La Prima Repubblica è finita, la Seconda raccoglie tutto il peggio della precedente e si candida a far star peggio di prima le genti del Belpaese aiutata in questa dal colossale debito pubblico e da classi sociali egemoni sedicenti dirigenti che considerano le genti del Belpaese e lo Stato Italiano dei beni da sottoporre a sacco e a scempio. Dio è morto perché ciò che era onorevole e sacro fino a pochi anni fa è disprezzato o ritenuto spazzatura, perché la fede è o uno spettacolo per gonzi, o un sacco d’ossa da tirare in faccia ad altri che sono diversi, e perché in fin dei conti chi è che si ricorda più dei dieci comadamenti in tempi di Repubblica Italiana. Poi l’unico vero Dio delle nostre genti è l’adorazione del denaro perché il denaro è potere sulle cose e sulle moltitudini di umani pronte a vendersi al miglior offerente. La Patria è un capitolo ancor più tragico, due guerre mondiali disastrose e l’alleanza obbligata con i vincitori di ieri hanno ridotto a poca cosa il prestigio delle nostre armi, e del resto potrebbe non essere necessariamente una cosa negativa se gli esseri umani fossero quello che dicono di essere e in verità non lo sono. In un mondo umano segnanto dal conflitto e dall’uso sistematico di ogni tipologia di violenza e di aggressione organizzata è difficile dire che si può far a meno di forze organizzate e di quel minimo di unità politica e psicologica che aiuta a difendersi o a portare l’offesa ai nemici. Purtroppo questa Patria italiana è l’eterna incompiuta, il motivo è chiaro: una Patria seria e aspra metterebbe in discussione i privilegi delle classi egemoni, delle caste al potere, dei troppi che vivono d’espedienti o di politica clientelare. Una Nazione seria potrebbe nascere solo da un periodo di severe epurazioni e da una cospicua resa dei conti, da un tracollo dei privilegi acquisiti. La Patria io la leggo contrapposta al privilegio dei pochi, elemento di unità contro l’egoismo civile e sociale oggi dominante presso tutti i ceti, oggi la Patria degli italiani più che un’utopia è un’amara ironia. La famiglia è l’altro dramma, sulla famiglia, e secondariamente sulla scuola, si è scaricato addirittura l’impossibile. La famiglia italiana deve farsi carico di ogni diosgrazia, di ogni turbamento sociale ed economico, deve essere lei a seconda dei casi centro d’assistenza, ufficio di collocamento, ammortizzatore sociale, luogo di formazione civile e culturale e anche assicurare vitto e alloggio ai figli. Senza politiche di sostegno alla famiglia questo può riguardare solo una minoranza di famiglie italiane. In realtà colpita dalla povertà crescente e da modelli scellerati e pazzi di famiglia nomofamiliare indotti dalla pubblicità e dalle divette di turno la famiglia italiana è colpita al cuore. È aggredita nel suo senso più profondo, nel suo essere centro d’unione spirituale, affettiva e civile per le sfortunate genti del Belpaese. Da questo deduco che il mondo di prima è morto, l’Italia di Dio, Patria e Famiglia è un cadavere che aspetta la sepoltura; le genti del Belpaese vanno verso un qualcosa che con difficoltà prenderà forma dopo questa crisi economica d’inizio millennio. Cosa sia non lo so. Aspetto da tempo la fine di questo percorso tragico ma non serio, di queste tragiche mascherate, di queste carnevalate di questo fingere di vivere in un altro tempo con altre regole. Non so come sarà il futuro, ma l’aspetto. Vivere in una finzione come questa, in un mondo umano e italiano che nega se stesso perché non vuol far i conti con i suoi pesantissimi fallimenti morali e civili, con le sue sporche eredità, con i suoi silenzi è un continuo soffrire. Sia l’Italia che può essere, oppure non sia e cessi questa tragica finzione, questo dolore.
IANA per FuturoIeri
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