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29 marzo 2010
L'Italia delle antiche rovine e degli eroi immaginari

De
Reditu Suo - Secondo Libro
L’Italia delle antiche
rovine e degli eroi immaginari
Le genti del Belpaese si
devono dividere fra i resti di macerie e rovine delle antiche civiltà del
Belpaese e fra una miriade di eroi più o meno immaginari siano essi politici,
santi elargitori di miracoli, artisti meravigliosi, architetti abilissimi,
condottieri e altro ancora. Rovine di miti e tempi perduti ed eroi morti persi
in ricordi lontani, in appunti frettolosi, note a margine di qualche guida
turistica o pagina WEB di qualche Agriturismo o
hotel di questa lunga penisola. Dismessi i panni imperiali e fascisti o
para-Risorgimentali da decenni il mondo umano del Belpaese si accontenta di
eroi minimi televisivi, pubblicitari, banalmente propagandistici e talvolta in
mancanza di meglio anche di quelli dei cartoni animati giapponesi.
Personalmente dal 2005 ho riscoperto il grandissimo Capitan Harlock che fu un
eroe dei cartoni animati al tempo della mia infanzia. Tuttavia rimane il
problema che gli eroi apertamente finti, o virtuali o trapassati possono ispirare azioni concrete e assolutamente materiali; ma
l’oggetto dell’ispirazione non è mai lì è sempre aldilà dell’azione e del gesto
concreto e materiale. Questo vale anche per le rovine di cui è ornata la
penisola ed esse sono un monito e una sfida: superare gli antichi ed evitare di
fa la loro fine. Pure in questo caso si
è quasi perso il senso di monito e di sfida che il passato rivolge al presente.
Le rovine diventano occasione per un turismo di massa frettoloso e poco audace
che si accontenta dei pacchetti delle agenzie e che non cerca di scoprire
qualcosa di personale trovando una via propria per decifrare un popolo con la
sua storia e il suo passato. Io mi ostino a credere che sia possibile decifrare
il passato in quanto tale e far di esso qualcosa di potente, qualcosa che
diventa parte del singolo perché da ad esso un punto di partenza di una storia
umana che è sua e che è di tutti gli altri e che dona la certezza di non essere
al mondo solo di passaggio, casuali, piovuti sulla nera terra tanti anni fa per
una bizzarria, dovuta all’amore o alla passione. Questa mia convinzione mi
porta ad affermare che c’è bisogno di modelli, di punti di riferimento per
giustificare i proprio stare al mondo, per dare un senso alle proprie azioni,
per tendere più o meno consapevolmente a produrre una propria interpretazione
del proprio ruolo nel mondo dell' uomo Avere una percezione del proprio passato
e comprendere il proprio stare al mondo è utile per darsi una personalità con
la quale si possa misurare la distanza propria dal mondo degli Dei e degli
Eroi. Ognuno ha poi i suoi modelli, i suoi Dei e i suoi Eroi; personalmente non
trovo quasi nulla di eroico e di divino dei capitani delle squadre di calcio di serie A, al contrario milioni di
umani miei simili sono così affascinati dal gioco del pallone che si
sentirebbero offesi da questa mia persuasione. Alla fine di questi anni
indecorosi e inverecondi qualcuno che verrà farà il confronto fra le rovine e i
miti del nostro remoto passato e questa cosa informe che si va formando tra la
morte della Prima Repubblica e il lento
decomporsi della Seconda. Il silenzio delle cose morte cadrà allora sui tutte
le illusioni e i falsi idoli della propaganda e della pubblicità.
IANA per FuturoIeri
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8 novembre 2009
Quale forma per la propria libertà?
De Reditu Suo
Quale forma per la propria libertà?
Per caso mi
è caduto l’occhio su Youtube su uno dei tanti montaggi che intendono onorare
Capitan Harlock, il pirata spaziale dei tardi anni settanta inventato dal
maestro del fumetto giapponese Leiji Matsumoto. Uno di questi montaggi di
sigle e spezzoni della serie si concludeva con una frase che credo una volta
tradotta suonasse così: “Tutti gli uomini cercano la loro Arcadia”. Arcadia è
la corrazzata spaziale del pirata Harlock e nello stesso tempo è il simbolo
della libertà coincidente con la vita dell’eroe, visto che è l’arma con cui
porta a effetto le sue imprese e con la quale si difende dai tanti nemici. Si
tratta di una metafora poetica: l’astronave spaziale da guerra è il simbolo di
una libertà assoluta e di un luogo nello spazio nel quale si è liberi dalle
costrizioni dei poteri scellerati e corrotti sedicenti democratici e dai
sovrani sanguinari e bellicisti che fanno solitamente da antagonisti all’eroe e
alla sua ciurma. Ora c’è qualcosa di vero in questo frase e in questa metafora.
La libertà,
inclusa la libertà di avere le proprie opinioni ha bisogno di strumenti, ha
bisogno sempre di strumenti materiali e intellettuali per difendere se stessa
da quelle forze che in modo palese o occulto vogliono plagiare la mente degli
esseri umani. Oggi si fa questo con la propaganda più o meno politica, con le
concentrazioni editoriali che si spalmano su certe posizioni o che sollecitano
certe paure collettive, con la cattiva televisione, con la pubblicità
commerciale che martella sempre gli stessi messaggi e le stesse modalità
d’intendere la vita. La prima di tutte le libertà quella del pensiero esige un
livello minimo di conoscenza degli strumenti del plagio, esige un po’
d’esperienza se non politica almeno di come si muove la società in cui uno
vive, impone riflessioni ora dolorose ora penose sui propri errori; questa è
quindi appropriazione di sé e affermazione di un proprio mondo interiore.
Purtroppo viviamo in un tempo di decomposizione delle democrazie e delle
libertà, forse questo avviene perché questa è una transizione verso qualcosa di
nuovo che ci aspetta come esseri umani alla fine di questa terza rivoluzione
industriale. Forse fra qualche decennio l’umanità sarà talmente integrata con
gli strumenti tecnologici e il vivere quotidiano talmente cambiato che sarà
impossibile riconoscere le tracce delle abitudini e delle fobie di questi anni.
In questo contesto internazionale, e nel caso italiano in particolare, la
libertà di pensiero deve essere curata con grande attenzione perché nella
cultura materialista delle difformi
genti d’Italia l’individuo è coincidente non con ciò che è ma con ciò che ha.
Questo fa sì che i pensieri, le opinioni, le speranze più forti siano viste
dalla stragrande maggioranza delle popolazione come divagazioni poetiche; al
contrario le raccomandazioni, i soldi, la casa, le proprietà,la villa, la
macchina di lusso son percepite come cose serie, certe, buone perché reali.
Ecco allora il difetto principale della libertà di pensiero in Italia: essa è
considerata dai più una cosa strana. Avere
le proprie idee e ostentarle è una cosa da gente eccentrica, meglio ripetere
quelle di cui si sente dire in giro o non dir nulla, o non pensare affatto. La
libertà di pensiero è quindi anche auto - determinazione e affermazione di sé
come individui, essa è uno dei principali strumenti per decifrare questa realtà in
trasformazione, ma nel Belpaese ora vanno forte gli inganni.
IANA per FuturoIeri
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28 settembre 2009
Rat-Man nei panni di Harlock: quando non basta la Parodia
La valigia dei sogni e delle illusioni
Rat-Man nei panni di Harlock: quando non basta la
Parodia.
La vita è
difficile. Scriverò qualcosa che a molti non suonerà bene. Ma credetemi, così è
giusto.
Il Rat-Man
numero 74 di Leo Ortolani si è indirizzato stavolta a colpire con la sua
parodia l’opera del maestro giapponese Leiji Matsumoto. Si tratta di un
rispettoso pestaggio cartaceo fatto usando con il suo personaggio di punta:
Capitan Harlock. L’impianto della cosa è geniale: si prende di mira il celebre
Capitan Harlock, e si badi bene solo quello della serie del 1978 contro
Raflesia, disegnandolo come il suo Topaccio vile, orbo, scemo, balordo e
scimmiesco; Ortolani va oltre la figura del pirata spaziale e allarga la
sua satira per prendere pesantemente in giro anche i manga per ragazze
inserendo nella parodia anche una figura femminile, sedicente transessuale, che
cerca di distogliere Rat-Man dalla sua interpretazione fantozziana di Harlock
per immetterlo nel loro fumetto per ragazze sull’orlo della chiusura. Si tratta
di una botta a tutto ciò che è, ed è stato, l’universo fumettistico e
artistico del Matsumoto il quale si forma, fra l’altro, come autore di fumetti
per ragazze.
Alcune
invenzioni di Ortolani sono notevoli e meritano ammirazione fra le tante citerò
Rattock che abbandona per quarantadue volte di fila la sua astronave per paura
delle aliene donne-pianta, Rattock che viene rigirato come un vecchio calzino
dalla Regina nemica al suo primo incontro, e la scena formidabile nella quale
il protagonista del fumetto si affaccia da una vignetta per contemplare il suo
pubblico constatando con sorpresa di essere letto da tanti affezionati. Inoltre
c’è da sottolineare che la presa in giro s’estende alla serie animata e alle
famosissime musiche che la caratterizzano. Il riferimento va sempre alla serie
classica del 1978, infatti Rat-Man/Harlock può scegliere come colonna
sonora nello spazio o una musica dolce e triste o le tele-prediche di
Radio-Maria. Il topastro, ovviamente, si sintonizza su Radio-Maria con una
radio antidiluviana. Questo numero 74 è un buon lavoro e una dissacrazione ben
confezionata.
Qualcosa
però non va.
Primo:
Harlock è sempre in coppia con Tochiro uomo o con Tochiro-Computer, anche nella
serie classica. Ortolani elimina questo fatto e si dimentica perfino della
piccola Mayu su cui ruota tanta parte della vicenda del Pirata Spaziale.
Secondo:
Ortolani non ha colpe in questo, sembra un tipo che ha cervello e talento, ma è
troppo facile prendere in giro la colossale industria dell’animazione e del
fumetto giapponese quando non si ha nulla di equivalente. E’ un fatto che la
cultura popolare giapponese veicolata dai Manga, come vengono chiamati, è uno
strumento potentissimo per favorire le esportazioni giapponesi, anche di beni e
prodotti non direttamente collegabili ai fumetti; lo stesso potere politico
s’interessa di questo settore industriale con forti ricadute culturali,
economiche e di soft-power. Alle volte si ha la sensazione, lo scrivo da
lettore di fumetti, che vi sia nel fare satira e nel citare gli autori
giapponesi una sorta di rivalsa, di invidia mal celata, che si sfoga nella
presa in giro e nel ridicolizzare. In sintesi si tratta di un complesso
d’inferiorità fantozziano, ormai caratteristico delle genti del Belpaese, e che
evidentemente s’estende anche al settore animazione e fumetti.
Forse in
questo caso è da citare come difesa d’ufficio del maestro nipponico quella
frase del celebre Fantozzi che in cura dallo psicologo della ASL chiede come
può uscire dal complesso d’inferiorità. Il medico davanti a una folla di
curiosi risponde che:”Lei non ha un complesso d’inferiorità. Lei è inferiore!”.
IANA per
FuturoIeri
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