28 aprile 2009
Immobilismo politico e un paese in fuga
Il
Belpaese: quarantanove passi nel delirio
La grande follia: immobilismo politico e un
Belpaese in fuga
Da tempo la politica italiana, il suo
giornalismo, i suoi riti retorici e istituzionali si sono allontanati dalla
vita quotidiana, dalla realtà del divenire di ogni giorno, dalle vicende del
Mario Rossi di turno. La politica consuma i suoi riti e i suoi giochi di
potere, sono troppo stanco e dolente per sforzarmi di capire che cosa c’è
dietro il Berlusconi che apre al venticinque aprile. Temo che dietro
questa novità ci sia qualcosa che riguarda il suo futuro
politico. Quindi tutti gli italiani. Ma adesso non riesco a capire, forse è
troppo banale, forse è troppo difficile. Intanto osservo che la grande politica
e il grande giornalismo si rassicurano fra sé. Il potere politico è in fuga, atterrito e affascinato dalle
novità della crisi, sconvolto da un mondo umano diventato nel volgere di pochi anni
multipolare e con le potenze emergenti che cercano di strappare al gigante
americano pezzi del suo potere finanziario e politico. In un mondo umano in
fuga dal suo passato e le genti d’Italia sono trascinate in questa rincorsa
forsennata verso assetti politici post-Seconda Guerra Mondiale. Ma qui e ora nella
grande politica della Nazione Italiana tutto sembra fermo, L’Italia della
Seconda Repubblica è la copia logora della precedente, le classi dirigenti si
adattano al cambiamento cercando di preservare le forme arcaiche con cui
s’esprimeva il loro potere. L’Italia è immobile non perché si commemora questo
e quello, ma perché c’è poca mobilità sociale, perché il figlio del notaio farà
il notaio e il figlio del medico il medico, perché le licenze dei taxi sono
investimenti e non un modo per regolare un servizio necessario, perché una
causa per l’importo di 190 euro può trascinarsi in tribunale per cinque anni.
Inoltre nessuno ha ancora pensato un vero modello d’accoglienza e integrazione
per le nuove generazioni d’Italiani che nascono e che sono figli di gente di
recente immigrazione; nelle scuole siamo alla seconda generazione. I figli
degli immigrati nati qui ragionevolmente s’aspettano qualcosa dal Belpaese. Ma
la grande politica dove è finita? Si deve forse aspettare uno scoppio di rabbia
come in Francia, si deve lasciare a una società italiana frammentata e
diversissima la soluzione caso per caso di questioni di questo tipo?
Il
Belpaese deve abbandonare la retorica, il diluvio di parole insensate e
scomposte, qui un mondo umano è in sofferenza. Ma forse io sbaglio, mi son di
nuovo confuso. Le genti diversissime del Belpaese hanno da tempo abbandonato
tutto questo parlarsi addosso, recitano con disinvoltura la grande farsa in
maschera che piace al potere ma da tempo
hanno capito i limiti e il senso di fine che circonda questa messa in scena
collettiva. Forse il mio problema è personale. Non so recitare nel teatro della
vita. Questioni di punti di vista, per me la vita è importante e trasformare
l’aspetto della finzione e dell’illusione nella sua unica e assoluta dimensione
è fare un grave torto a se stessi. Prima di tutto.
IANA per FuturoIeri
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