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29 luglio 2013
Diario Precario. Dal 28/6 al 11/7/2013
Data.
Dal 28/6/2013 al 4/7/2013.
Note.
Nuoto
libero in piscina per rilassarmi.
Esami
a ritmo sostenuto, cinque candidati per volta
Dopo
la presentazione della tesina il candidato o la candidata iniziano l’esame con
uno dei professori nello schieramento a U.
Poi
arriva il mio turno e la presentazione, alla fine del colloquio, del risultato
della prima, seconda e terza prova.
Per
la mia parte dopo le domande sul programma arriva il momento in cui presento la
parte che mi compete della terza prova.
A
quel punto l’esame è finito.
Riunione
a porte chiuse per determinare il voto della prova orale e dell’esposizione
della tesina ovviamente consultando la relativa griglia di valutazione,.
Somma
della prova orale con le prove scritte, i crediti e infine ecco il risultato
finale.
Poi
avanti il prossimo.
Così
va l’esame. Un candidato dopo l’altro.
Ho
modo di parcheggiare nel parcheggio di una palestra adiacente all’istituto con
un gettone che mi viene di volta in volta dato.
Gli
esami iniziano verso le 8,20 e di solito si termina la sessione intorno alle
due, in realtà l’orario varia da situazione a situazione.
Il
bar della scuola non è male, sto bevendo molto thè confezionato.
Osservazioni
Fatta
una gaffe con un esterno autodidatta, gli avevo chiesto se avevano fatto a
lezione un certo argomento di storia da un certo punto di vista, mi ha risposto
che era autodidatta. Non mi ero reso conto che si trattava di un esterno. Sono
così abituato a pensare in termini di scuola, programma, cattedra che questa
possibilità quasi l’escludo. Meglio così mi sono ricordato una cosa importante
ovvero che il proprio mondo di convinzioni e di abitudini non è mai coincidente
con la vastità del mondo di tutti.
Devo
dire che fra candidati e candidate sto sperimentando tutte le possibili
varianti del comportamento umano davanti a una simile prova, si va dalla forte
sicurezza di sé al panico da esame, non ci sono due allievi o allieve uguali.
Certo
che questo mi fa comprendere la singolarità della mia situazione da precario
perché in effetti son chiamato a valutare e a decidere in nome dello Stato,
visto che di Esame di Stato si tratta; ma la mia condizione è quella di
precario con contratto scaduto e rinnovato per la maturità.
Tuttavia
per l’allievo o l’allieva che sostiene l’esame questa differenza non conta il
professore è professore di per sé in sede d’esame.
Mi
sono fermato a pensare che in fondo il mio ruolo me lo sono già guadagnato con
anni d’esperienza e di servizio, quello che manca è un atto di volontà del
potere politico che determina di mettere nel sistema scuola le centinaia di
milioni di euro che servono ad assumere parte del precariato con anni di
servizio sulle spalle.
Comincio
a prendere il ritmo dell’esame e della routine, prevedere più o meno come si
svolgerà la giornata aiuta a lavorar con meno tensione e fatica, anche in una
situazione che dura due settimane occorre trovare quelle costanti che diventano
punti di riferimento. L’essere umano tende ad aggrapparsi alle abitudini.
La
temperatura è leggermente scesa.
Sono
andato nella piscina di Sesto Fiorentino, mi è parso d’osservare una
diminuzione della pubblicità presente in loco.
In
compenso c’era il manifesto che si trova un po’ dovunque a Sesto di sostegno
agli operai della fabbrica Ginori.
Data.
Dal 5/7/2013 al 7/7/2013
Note.
Il
lavoro ormai gira in modo sicuro. Ho messo in atto un piccolo sistema per fare
l’esaminatore.
Osservo
il candidato mentre espone la tesina, capisco più o meno come si orienta
davanti alla commissione.
Sulla
base di quello che fa e del programma che porta mi domando cosa è opportuno
chiedere.
Lo
scrivo su un foglietto volante e aspetto il momento nel quale dovrà esser
interrogato da me.
Osservo
qualche difficoltà dei candidati e delle candidate nelle mie materie: storie e
filosofia
L’atteggiamento
dei colleghi è cordiale e collaborativo.
Domenica
sono andato a vedere l’associazione Lailac che presentava degli stand presso la
Limonaia di Villa Strozzi.
Si
tratta di un modo per fare beneficenza a favore dei bambini di Fukushima.
Al
mare dove vanno i miei pochi gli italiani e tanti gli stranieri.
Osservazioni
A
passeggio per la città di sera, domenica visita a una festa di beneficienza
dell’associazione Lailac.
Si
è trattato di andar a curiosare fra due o tre bancarelle e di dar qualche soldo
in beneficienza.
La
macchina l’avevo parcheggiata a quattrocento metri dal punto della festa, così
ho fatto di sera una passeggiata nei luoghi d’infanzia.
Passando
nei pressi di un palazzo ho sentito una voce. Era una bambina piccola due o tre
anni che da un balcone osservava i passanti.
Quella
bambina mi ha chiesto: chi sei? Evidentemente ero vestito in un modo per lei
curioso, forse per via del cappello o della borsa a tracolla.
Non
ho risposto, tuttavia la domanda mi è ritornata più volte nella testa.
In
effetti in questa contemporaneità emerge forte il senso di una precarietà
propria del singolo, che lo colpisce perfino nella considerazione di sè.
I
bambini piccoli hanno la capacità di mettere in crisi gli adulti con domande
semplicissime.
In
effetti se ci si pensa bene rispondere a un simile quesito è difficile di
solito è possibile rispondere solo con una banalità o una qualche ovvietà: ad
esempio indicare la professione, la condizione sociale, il nome e cognome.
Il
senso più profondo e determinante di ciò che uno crede di essere necessita di
autocoscienza, meditazione e comprensione del proprio tempo, il che rende
difficile una risposta immediata a meno che uno non sia un maestro Zen in grado
di sintetizzare aspetti qualificanti della vita e della natura.
Alla
fine questa e non solo questa domanda dovrebbe essere la tipica domanda che sta
dietro tante risposte che gli umani danno automaticamente anche solo a livello
celebrale.
Invece
in Italia l’essere umano tipico ordinariamente tende a rispondere senza pensare
alle domande che l’esistenza quotidiana e
professionale presenta di volta in volta, questo spesso senza aver
dietro alle risposte delle domande complesse già almeno in parte risolte.
In
effetti ogni buona risposta presume più domande risolte o affrontate in modo
adeguato.
Notizie
dalle ferie, i miei sono a Montescudaio.
Tutto il campeggio che ha riaperto è pieno di stranieri in particolare Olandesi
e Tedeschi, pochissimi gli italiani.
Il
lavoro prosegue, fino alla conclusione. In fondo lavorare mi aiuta, risponde a
qualche domanda declinare la propria condizione professionale.
Data.
Dal 8/7/2013 al 11/7/2013
Note.
L’istituto
mi scrive di mandare il foglio per il pagamento delle ferie non godute, essendo
precario è ovvio che non avrò modo di usufruirne una volta cessato il
contratto.
L’istituto
mi chiede se sono disponibile per gli esami di riparazione di settembre.
Fine
orali maturità.
Riunione
sindacale l’ultimo giorno di maturità.
Il
luogo dell’incontro cambiato, sono finito nel mezzo di un funerale preso la
camera del lavoro prima di capire cosa fosse successo; grande gaffe con il
portiere.
Cena
con i maestri del Judo club.
Bel
ristorante, in mezzo al verde.
Domattina
domanda per la disoccupazione.
Un
cerchio si chiude, uno si aprirà a settembre.
Osservazioni
Fatta
ormai siamo al finale, l’esame è quasi finito.
La
scuola mi chiede se sono disponibile per l’esame di settembre, risponderò di sì
anche se questo comporterà l’interruzione di un eventuale assegno di
disoccupazione.
Di
solito però trovo da lavorare con le supplenze di settembre o con le cattedre
annuali, quindi dovrebbe esser mal di poco. Sulle ferie non godute direi che è
proprio una necessità, io non presento il foglio-ferie dei colleghi a tempo
indeterminato. Al sottoscritto scade il contratto.
Sono
arrivato alla fine di questa inaspettata maturità, tra poco gli ultimi
candidati e poi la parte burocratica e l’impacchettamento delle prove d’esame
con tanto di sigilli in ceralacca.
La
conclusione è prevista per il giorno 11. Al termine delle operazioni è stato
fatto il pacco, io stesso ho timbrato il sigillo. Ho sempre avuto una certa
affinità con i timbri, forse è perché occorre usare un po’ di forza per usarli,
danno il senso del colpire e dell’ufficializzare qualcosa di burocratico.
Il
tempo di salutarsi cordialmente fra colleghi e tutto è finito per me.
Lo
stesso giorno avevo la riunione sindacale di pomeriggio sulla questione del
precariato.
Il
giorno 11 ho fatto una gaffe per via della riunione sindacale, sono finito nel
mezzo di un funerale preso la Camera del Lavoro.
Prima di capire cosa fosse successo ho dovuto
ragionare il portiere che per la cosa era infastidito. L’auto era parcheggiata
quasi due chilometri indietro. La scena
è stata fantozziana con il sottoscritto che in mezzo alla pioggia estiva se ne
tornava sui suoi passi a ritmo di marcia per raggiungere il parcheggio e
ripartire per l’altra sede del sindacato.
La
riunione sul precariato era gremita, la stanza non era grande ma la gente stava
anche in piedi o fuori dalla porta.
La
situazione è quella nota: senza i soldi che servono ogni riforma o sistemazione
del precariato nella scuola non può aver luogo.
La
sensazione che ho avuto è stata quella di una situazione nella quale anche il
precariato nel settore scuola è fortemente differenziato, le differenze sono
molte e metterle assieme risulta estremamente difficile. In effetti questa è la
debolezza della categoria: la frammentazione della categoria. I docenti sono
divisi a causa della tipologia di materie che insegnano, a causa delle modalità
di reclutamento sia per i contratti a tempo determinato che per i contratti a
tempo indeterminato, a causa del tipo d’istituto scolastico, a causa dei
diversi orientamenti dei sindacati del settore scuola. A questi quattro elementi
ovvi s’aggiunge che si differenziano anche dal personale ATA (bidelli) e di
segreteria. Di fatto il settore scuola è scomposto in tante parti e solo in
occasioni di rivendicazioni molto forti è possibile congiungere nella protesta
personale che viene da situazioni così diverse. Questa scomposizione di una
vasta categoria di lavoratori nel settore della conoscenza rende più difficili
le rivendicazioni sindacali. Credo sia questo il motivo di tante volte nelle
quali ho visto un grande disagio fra i colleghi e talvolta fra i compagni di
precariato e una difficoltà oggettiva a far valere le proprie ragioni come
categoria.
Comunque
una novità: la questione dei precari della scuola in Italia con contratti a
tempo determinato reiterati per un periodo oltre i 36 mesi sarà rimessa alla
Corte di Giustizia Europea.
Alla
fine la questione del precariato diventa un caso individuale e di Stato, il
singolo caso lavorativo è riconnesso a una dimensione più grande di carattere
collettivo.
La
cena con i maestri presso i campi da tennis. Dove c’è un ristorante all’ombra
di antichi cipressi, una curiosa combinazione.
In
fondo la sera, i vecchi amici, i cipressi, i ricordi, le stelle, la pizza e la
birra sono un buon modo per chiudere un ciclo e cominciarne uno nuovo.
Domattina
comincerò a pensare alle carte per la domanda di disoccupazione, poi l’attesa
di un nuovo incarico annuale.
Quest’ennesimo
anno da precario non ritorna al suo punto d’inizio, è come un cerchio che vorrebbe
chiudersi ma non ci riesce e finisce con il formare una spirale.
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24 luglio 2013
Diario Precario 19/6 e dal 20/6/2013 al 27/06/2013
Data.
19/6/2013
Note.
Fine.
Ma anche no.
Tarda
mattinata, caldo esagerato. Appena svegliato.
Il
CSA mi chiede di fare una sostituzione. Hanno avuto le disdette per l’esame di
maturità.
Si
tratta di un liceo scientifico-sportivo parificato, è relativamente lontano
rispetto a dove abito.
Dico
di sì. Parto su due piedi perché la sessione d’esame è in corso.
Arrivo
che è già iniziata la prima prova.
Mi
presento senza la nomina stampata, arriverà più tardi.
Considerazioni.
Prima
sorpresa: è uscito fra le tante tracce una con un brano di Pasolini di cui
avevo indirettamente trattato in classe, avevo visto giusto a far qualcosa in
questo senso durante le lezioni sulla storia della Repubblica.
Ho
come l’impressione che i miei allievi non ne abbiano fatto tesoro. Chissà…
La
mia mente era già andata verso calcoli di che cosa fare dopo.
Cercavo
di allontanarmi dal pensiero del lavoro, essendo di fatto concluso anche se il
contratto cessa il 30 del corrente mese. Ma mentre pensavo alla lettera da
mandare alla commissione sull’ora alternativa e alla domanda relativa allo
stato di disoccupazione ecco che torno in cattedra, anzi in commissione come
esterno. Un supplemento d’attività lavorativa, va bene perché ci sarà da
lavorare anche nelle due settimane di luglio e son soldi che arrivano dopo il
contratto, del resto l’alternativa era presentarsi il 1 di luglio per chiedere
al patronato di supportare la mia domanda per l’indennità di disoccupazione,
così mi pare una cosa onorevole. Capita proprio bene la sostituzione e in un quartiere
che conosco e avevo frequentato quando ero universitario. Il presidente di
commissione pare un tipo tranquillo e sereno, io e lui siamo gli unici docenti
di sesso maschile in quella commissione, gli allievi da esaminare sono 54.
Quindi con una media di cinque a mattinata c’è da pensare ragionevolmente che
l’esame arriverà fino alla seconda settimana di luglio. Curioso come
l’indisponibilità di una collega diventa per me occasione di un guadagno, quasi
una sorta d’equilibrio nei fatti della vita.
Ho
già individuato le macchinette del caffè e delle merendine e il bar della
scuola che resterà aperto in questo periodo.
Tuttavia
questa novità mi rappresenta di nuovo il senso della precarietà della mia
condizione lavorativa.
Data.
Dal 20/6/2013 al 27/6/2013
Presento
la nomina stampata nel pomeriggio del giorno prima.
L’esame
assomiglia a una serie di passaggi collegati fra loro.
Come
in una produzione industriale.
Il
20 la seconda prova.
Il
21 e il 22 le correzioni
Il
24 la terza prova con correzione nel pomeriggio.
Il
25 attività legate alla burocrazia e al corretto funzionamento dell’esame
Il
26 giorno di pausa.
Il
27 inizio orali.
Il
giornalaio sotto casa espone il cartello di cessione attività, intende
chiudere.
Considerazioni.
Prima
azione personale della maturità: faceva caldo fuori e ho sistemato io il
ventilatore per dare un po’ di ricambio d’aria nell’aula durante la seconda
prova.
Sorpresa:
non mi ricordavo che ci fossero così tanti verbali, firme, lettura elaborati…
Avevo
saltato un paio di maturità per motivi diversi e quindi rieccomi dentro il
meccanismo.
Come
professore elaboro i quesiti di terza prova per le mie materie, era una cosa
che non facevo da tempo.
Dopo
quattro giorni intensi il premio di un giorno di pausa poi di nuovo al lavoro.
Il
27 i primi candidati per gli orali, i quali si mettono al centro di una sorta
di U composta dal centro dato dal presidente della commissione e a destra le
materie scientifiche e a sinistra quelle letterarie. Dietro il candidato c’è il
pubblico.
In
effetti dal punto di vista del posizionamento il candidato dovunque ruoti la
testa vede gli esaminatori, la maturità è anche una prova di carattere.
La
maturità così come è organizzata trovo che presenti parecchio di meccanico. Nel
senso che alla fine risulta essere una somma fra le varie prove a cui si
aggiungono i crediti scolastici. Arrivare al 100 è estremamente difficile, ci
vogliono delle condizioni di partenza buone e occorre non sbagliare
praticamente nulla.
Trovo
questa modalità troppo severa, soltanto
alcuni casi rari per istituto possono raggiungere il punteggio massimo.
La
prima cosa che cerco di fare in questi casi è ambientarmi, cercar di capire
come funziona l’esame nel senso di scoprire chi sono i colleghi, quali le
condizioni di lavoro, quali gli ambienti, dove si può parcheggiare la macchina,
quali i trasporti pubblici su cui far affidamento.
Una
delle cose che mi ha sorpreso è il traffico la mattina, la gente ordinaria non
sembra esser andata in vacanza.
Il
caldo è una tortura, perfino il volante e il cruscotto sono caldi. Metto la
radio per sentir meno la temperatura.
Quando
uso i mezzi pubblici ci metto più tempo per la percorrenza ma osservo la città
e i luoghi durante il tragitto; però mi vedo la città, ripasso da luoghi
conosciuti, faccio due passi.
Il
giornalaio del quartiere ha messo il cartello “Cessione attività, astenersi perditempo”. Coerente con
i molti cartelli della piana e della
città con la scritta affittasi, vendesi, chiuso…
Come
docente alle volte mi chiedo cosa faranno questi allievi e questi esaminandi,
vent’anni fa era possibile fare una previsione, oggi il futuro si sta
restringendo e domina un presente triste e piuttosto cupo nonostante il sole e
il caldo aggravato dal tasso d’umidità.
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20 luglio 2013
Diario Precario Dal 14/6 al 18/6/2013
Data.
Dal 14/6/2013 al 18/6/2013
Note.
Scrutinio
alle 8.00.
Fine.
Davvero
la fine di questo periodo d’insegnamento
Secondo
rito: restituzione dei registri personali.
Poi
considerazioni personali sull’anno scolastico che tengo per me.
Delle
due quinte quattro non ammessi in una, e due di questi miei allievi alle
lezioni alternative, e nell’altra tre non ammessi.
Il numero dei non ammessi mi disturba.
Considerazioni.
La
mia disposizione d’animo è tale che ho avuto un cattivo sogno la notte del 17 e
sdoppiato perfino.
Ossia
ho sognato male, mi sono svegliato, mi sono riaddormentato e di nuovo un
cattivo sogno.
Ne
deduco che il mio inconscio ha qualcosa d’inquieto.
Una
stagione di lavoro è finita. Un nuovo anno di lavoro si prospetta.
Così
va nel sistema del precariato si passa da un anno scolastico all’altro spesso
senza continuità.
Osservazioni
Quando le lezioni cessano si chiude un ciclo
iniziato nel momento in cui metti piede in aula. Se hai il contratto da
precario non hai garanzia di continuità e devi farti una ragione della
scissione fra la natura intima del tuo lavoro e il senso del tuo contratto. Ho
fatto due sogni che indicavano in modo brutale la cessazione del ruolo che
avevo. Uno era una specie di cartone animato sulla presa di una fortezza una
roba da pirateria del settecento, dove un tesoro grande non veniva né conteso
né bramato dai conquistatori intenzionati a far chissà che cosa. L’altro invece
mi trovavo a far lezione ed erano spariti gli strumenti della lezione, perfino
al lavagna, gli studenti dell’ultimo anno non mi davano retta e alla fine
interrogavo me stesso e poi spariva tutto. I due sogni li ho interpretati come
l’evidenza della cessazione dell’esperienza lavorativa. Il tesoro che lasciava
indifferente era probabilmente quel che avevo cercato di comunicare e
d’insegnare, e la lezione inutile era la percezione onirica dei limiti del mio
lavoro. Così ho interpretato i due sogni, ho cercato di dare un senso a quanto
mi comunicava l’aspetto onirico della mia esistenza, credo che cominci a pesare
sulla mia coscienza questa condizione di precariato nella scuola pubblica che
si protrae da otto anni nella quale ogni anno la mia esperienza lavorativa
viene rimessa in discussione senza nessuna continuità se non casuale. Non mi sento
valorizzato dal sistema, c’è poco da fare così stanno le cose.
Poi
c’è la grande questione del tempo dell’essere umano che è relativamente breve,
quindi tempo che va e non torna. Per questo il tempo di lavoro assume una certa
importanza perché finisce con l’esser una parte della propria vita, si lega
alla tua identità personale e alla vicenda umana che porti avanti con il tuo
esserci in questo mondo e in questo tempo. Quindi la restituzione delle chiavi
del cassetto e, dopo gli scrutini, dei registri segnano la cessazione di quella
esperienza che compone una parte del tempo e della vita; e nello specifico del mio tempo e della mia vita. In effetti quando si è dentro
il lavoro non si visualizza come esso sia parte del flusso d’esperienze che
formano un pezzo della propria personale vita, eppure proprio la natura del mio
lavoro dovrebbe indicarmi l’importanza del pensare quanto faccio nel corso dell’anno
scolastico come parte di un percorso unico. Comunque sia su quest’anno
scolastico fatto l’ultimo scrutinio e consegnato i registri cala la parola
fine, ci potrebbe essere una riconvocazione a settembre per la commissione
giudicante gli esami di riparazione, comunque sia è andata.
Ora
ho bisogno di riposare e di lasciar che la mia mente s’abitui alla cessazione
di questo quotidiano rapporto di lavoro e sia pronta a un nuovo incarico fra
circa tre mesi. Vita e lavoro a mio avviso sono strettamente connessi in questo tempo, per
questo, in generale, il lavoro dovrebbe esser qualcosa di più e di diverso da
una serie di aridi rapporti mercantili, di dati numerici, di “produttività”. Il
lavoro potrebbe esser una parte della costruzione del senso della propria
esistenza qui e ora.
Ma capisco che è chiedere troppo di questi
tempi, la completa realizzazione di se stessi nel proprio tempo stride con le
difficoltà del momento, il qui e ora punisce le aspirazioni senza fondamento.
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7 luglio 2013
Diario Precario Dal 9/6 al 10/6/2013
Data.
Dal 9/6/2013 al 10/6/2013
Note.
Notte
prima dello scrutinio. Ovviamente son andato a mangiare i tortelli di Prato a
Vernio.
Scrutinio
alle 8.00.
Sono
segretario, una cosa da fare in più; peraltro non facile.
Considerazioni.
Battuta
personale a proposito della continuità didattica: chi presenta il foglio-ferie,
chi ha il contratto scaduto.
Sto
diventando sarcastico e un po’ acido, gli anni pesano.
I
tortelli erano buoni, davvero una cucina raccomandabile quella della Casa del Popolo
di Vernio.
Fra
un bicchier di vino e una buona forchettata ho come al solito ragionato di
politica e di costume con il Vincenti.
Mi
rendo conto però che questo non serve. Almeno per quel che mi riguarda.
Tutto
gira su se stesso: i ragionamenti, i discorsi, le analisi argute vengono
pronunciate, magari criticate, anche lodate; e poi nulla accade.
Senza
un potere reale e concreto le parole rimangono aria e suoni che si perdono
nella notte.
Non
è certo ragionando in modo amichevole, a tavola, fra una cosa e l’altra che può
cambiare questa realtà umana.
La
zona delle montagne rimane comunque molto bella, c’erano davvero dei bei
paesaggi leggermente deturpati dai soliti capannoni.
Di
notte vedendo il profilo delle montagne e delle colline a nord di Prato mi rendo
conto che c’è una fisicità del territorio che va oltre i tempi ristretti della
vita umana. Il profilo dei monti e delle colline di notte mostra una natura
imponente, che attende la sfida dei millenni e non quella dei decenni o degli
anni. Il profilo della conformazione della terra si stampa nella notte come una
massa nera su un cielo scuro.
Anche
viaggiando in auto la massa dei monti e delle colline colpisce l’attenzione. Ti
senti un minuscolo dettaglio in una storia non umana votata a passare ancora qualche
altra epoca geologica.
Tra
parentesi scrivo che siamo nell’Eone Fanerozoico, l’era è il Cenozoico, il
periodo è il Quaternario e l’epoca attuale è l’Olocene.
Davanti
alle decine di millenni l’essere umano
singolo è maledettamente fragile, marginale, un granello di sabbia in una
spiaggia.
La
mia disposizione d’animo non è serena.
C’è
uno scarto troppo grande fra la brevità della vita umana e la manifestazione
della natura.
Questa
presente forma di civiltà industriale non riesce a trovare alcun tipo d’armonia
dentro le società umane, d’integrazione con la natura e la conformazione questo
pianeta, di senso proprio per quello che riguarda i fini generali e collettivi.
Questa civiltà è moltiplicazione di ricchezza, tecnologia e potenza senza un
senso ultimo, un fine superiore. O se c’è pare inconfessabile perché non è
evidente e non è pubblico.
Eppure
il confronto a livello di pensiero alto, di sincera preoccupazione per il
futuro dovrebbe essere non la tornata elettorale prossima ma il senso della
vita umana su questo pianeta.
Il
problema che si esiste come singoli.
Alla fine è il singolo che si confronta con qualcosa che rimanda all’eternità,
allo scorrere dei milioni di anni.
La collettività, e non solo in Italia, pensa
al qui e ora; l’agenda delle priorità e del dibattito pubblico è legata ai
tempi dello spettacolo, del commercio, della pubblicità, della finanza
internazionale. C’è un oltre che non viene neanche pensato o intuito. In fondo
mi piace pensare allo scorrere dei secoli e
dei millenni e delle centinaia di migliaia di anni perché mette fra
parentesi questo presente, in quanto questo pensiero lo confina e lo rende
incredibilmente mortale; in una parola lo svuota della sua potenza ipnotica,
affabulatoria e ingannevole.
Osservazioni
Sono
alla chiusura di un percorso scolastico. Del solito percorso, per così dire.
Una specie di labirinto del precario che ogni anno si ripresenta ad ogni nuovo
contratto.
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4 luglio 2013
Diario Precario Dal 7/6 al 8/6/2013
Data.
Dal 7/6/2013 al 8/6/2013
Note.
Lezioni
mancano meno due, meno uno…
Fine
lezioni per Nappini
Mini-rito
della restituzione delle chiavi del cassetto.
Ultima
ora di lezione: reazioni opposte da parte degli allievi chi si dimostra riconoscente,
chi quasi infastidito.
Va
bene così. Sta nel divenire delle cose.
Prima
riunione della commissione a tre su una proposta per l’ora alternativa da
presentare a settembre
Sabato
notte scrittura via internet di voti e giudizi
Considerazioni.
Il
rito della riconsegna delle chiavi è
stato un lampo, una breve formalità. Meglio così.
Le
mie lezioni cessano, per motivi d’orario, quest’anno prima dell’ultimo giorno
di lezione, di solito l’ultimo giorno è difficile da gestire. In effetti scavando
nei ricordi mi è capitato proprio d’assistere a una sorta di primordiale e
infantile scatenamento, l’energia con cui escono dalla scuola l’ultimo giorno
non è paragonabile a niente di simile durante l’anno scolastico. Talvolta i
presidi mandano circolari apposite perché gli studenti cercano di forzar la
mano sulla disciplina e di non far nulla; e poi fuori dalla scuola, di solito,
si vedono gavettoni e lanci di uova. Talvolta qualche passante s’arrabbia, specie
se la scuola è nel centro di una città. Questo
stavolta non mi riguarda. Finisco il giorno prima.
La
scuola è finita e ora c’è lo scrutinio
finale che inizia con la messa online sul sistema Argo delle votazioni e dei
giudizi.
Io
preferisco lavorare di notte, dopo aver riletto più volte il registro personale
e segnato quel che devo inserire. Nella mia zona dopo le 23 comincia a scendere
un silenzio rotto solo da qualche auto e camion che supera i limiti di velocità
o strombazza in piena notte, da qualche urlo, da qualcuno che sbatte porte e
portiere. Così con la finestra aperta mi metto al computer e lavoro per il
giudizio, quello conclusivo. Il silenzio della periferia quando si riesce a
percepirlo è una fotografia del proprio mondo interiore, è come vedersi
riflessi nell’acqua scura. Il lavoro diventa dialogo con se stessi e ripercorri
cosa hai fatto, cosa credevi di fare, quali risultati hai raggiunto, voti e
giudizi ti forzano a dare l’estrema sintesi al lavoro che è anche un pezzo di
vita e di memoria. La periferia di notte è un silenzio rumoroso e quindi ti lascia solo
con i tuoi ricordi e i tuoi pensieri.
C’è
qualcosa d’artigianale, di medioevale nel lavoro del docente, proprio perché è
in uso la registrazione informatica emerge con forza la necessità di far
entrare in formule e numeri quel che si è fatto. Più si usano cifre e frasi
fatte o griglie più emerge che qualcosa sfugge sempre al dato numerico. Il
docente ha a che fare con l’irriducibile singolarità dell’esser umano e non è
facile inquadrare il singolo e la sua vicenda dentro una griglia di valutazione
che pensa in termini generali e collettivi.
Dal
momento che l’insegnamento impartito darà i suoi frutti nel corso della vita
del singolo, se di un serio insegnamento si tratta, è facile osservare che c’è
qualcosa di profetico, di destinato al dopo e al domani nel lavoro del docente.
Osservazioni
Spesso
mi sembra d’essere un profeta che predica alle rocce.
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26 giugno 2013
Diario Precario Dal 3/6 al 6/6/2013
Data.
Dal 3/6/2013 al 6/6/2013
Note.
Lezioni
mancano meno tre, meno due, meno uno
ormai resta solo la burocrazia e forse l’ultima spiegazione o interrogazione.
Tempo
variabile, piove e poi arriva il sole.
Notizie:
netto aumento delle proteste in Italia per povertà e disoccupazione e vittoria
dei governativi nella guerra siriana, i ribelli sono in fuga.
Collegio
docenti finale: quasi quattro ore.
Considerazioni.
La
scuola è finita e son riuscito a farmi mettere in via temporanea in una
commissione che stilerà un documento sulla possibile organizzazione dell’ora alternativa
alla religione cattolica, ovviamente questo mio lavoro è a gratis, ovvero non
ho incentivi economici. Lo spirito del docente deve prevalere sulla materia in
questa piccolissima cosa.
Suona un po’ assurdo per un precario.
Nell’ultimo
consiglio ho voluto dir la mia sull’ora alternativa e come al solito mi son
fatto carico dei miei pensieri. Personalmente credo che sia impossibile oggi
fare un ragionamento di etica o un ragionamento sulla Costituzione senza prima
aver costruito un vocabolario minimo. La stragrande maggioranza degli studenti
non sa cosa sono i partiti citati nell’art.49 della vigente Costituzione
Italiana perché non li ha mai visti. Voglio proprio prendere l’esempio
dell’art.49 perché mi semplifica l’argomentazione. I ragazzi e le ragazze nati
dal 1994 in poi non hanno, per motivi anagrafici, memoria, di cosa è accaduto
prima a livello politico, sociale, di vita quotidiana. Ciò che sanno del
passato recente è spesso frutto di nozioni o argomenti che si sono sedimentati
per caso o sono arrivati loro in modo frammentario se non addirittura distorto.
Ad esempio cosa poteva esser un partito politico italiano della Prima
Repubblica lo possono immaginare o
ricostruire perché semplicemente sono nati dopo quei fatti e quel tipo di
costume e di società. Quelli di oggi non
sono più i partiti del dopoguerra, sono perlopiù organizzazioni politiche
diverse simili ai partiti liberali dell’
Ottocento, quindi se un liceale associa un partito di massa del Novecento ai
movimenti o ai partiti legati a un singolo personaggio di questo XXI secolo rischia di trasporre il presente sul passato e
di giudicare o pensare ciò che era stato come se fosse un fatto del quotidiano.
Se non viene fatto un percorso per spiegare allo studente la natura e la storia
dell’argomento in esame, nell’esempio si tratta del partito politico, il
rischio che capisca poco o male è fortissimo. Sono persuaso che oggi ragionare
d’etica anche in senso laico presupponga percorsi di conoscenza strettamente
collegati all’attualità e alla padronanza delle parole che orientano in questa
civiltà industriale. Del resto il grosso della comunicazione che passa oggi è
pubblicità, intrattenimento, spettacoli; gli adolescenti e i pre-adolescenti
sono bombardati da un tipo di cultura dei consumi e dello spettacolo che non si
accorda con il ragionamento, la meditazione sui grandi problemi, la
comprensione delle grandi questioni di questa civiltà industriale arrivata a
toccare gravi problemi di sviluppo e crescita.
Per
il resto nel mio quotidiano prevalgono le preoccupazioni di fine scuola.
Domani
è l’ultima lezione per me. Con venerdì chiudo.
Dopo
rimane solo il dato numerico dello scrutinio.
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17 giugno 2013
Diario Precario Dal 30/5 al 2/6/2013
Data.
Dal 30/5/2013 al 2/6/2013
Note.
Lezioni
mancano meno cinque ormai.
Ora
la prospettiva è lo scrutinio e fare le medie.
Domenica
faccio il presentatore del Judo club alla festa dello sport di Sesto
Sabato
e domenica fuori a cena.
Considerazioni.
La
mia testa pensante va alla fase degli scrutini.
Ho
le ultime ore per decidere, interrogare, calcolare le assenze, fare le somme e
le sottrazioni del caso.
Mi
sono messo nell’aula vuota di fisica con un righello in mano e la matita per far
il punto sulle assenze, in quel momento l’insegnate sembrava un contabile dell’ottocento,
poi i risultati finiranno sul sistema di registrazione elettronica della
scuola. In quel momento come ero sospeso
fra l’ottocentesco registro di carta e il XXI secolo digitale.
Lo
scrutinio finale è il momento dove è necessaria maggior precisione, dove lo
strumento dell’Ottocento incontra il XXI secolo dove il dato numerico
registrato su carta dovrà diventare digitale.
Sbagliare
vuol dire prestar il destro a un ricorso di eventuali bocciati o delle loro
famiglie.
Lo
scrutinio non è iniziato e già sono al punto di pensare ad esso, mi proietto
già verso la fine prima che arrivi la parola stop.
Sono
giorni piuttosto intensi.
L’Italia
intanto mi par sempre più triste. La cronaca continua ad essere pessima,
notizie di delinquenza, cronaca politica fusa con la giudiziaria, confusione,
incapacità di affidarsi a voci credibili o autorevoli, venti di guerra nel
Mediterraneo, troppe storie di povertà e disoccupazione.
La
manifestazione sportiva a Sesto con l’occasione dell’anniversario della
Repubblica è andata bene, con dei volenterosi e con i maestri si è portato il
materiale, allestita la postazione, fatta l’esibizione e ho presentato la
palestra. La giornata di sole era bella, temperatura ottima, c’erano nel parco
le più importanti realtà sportive del territorio di Sesto Fiorentino. La folla di curiosi e amatori del parco di
quest’anno rispecchia una popolazione del Belpaese molto variata con una
percentuale crescente di popolazione proveniente dai quattro angoli del
pianeta, l’Italia da questo punto di vista come prima impressione si presenta sempre di più come
una sorta di Stati Uniti in miniatura, o se si vuole come una caricatura degli
USA.
C’è
una sorta d’Italia sospesa fra passato ingombrante, un presente estremamente
provvisorio e un futuro imprevedibile.
Da
tempo credo che questi ultimi due decenni nei quali mi trovo a vivere qui in
Italia siano una sospensione, una lunghissima
pausa in attesa che ben altre potenze
impegnate in lotte titaniche definiscano
il futuro dell’Europa e di gran parte della razza umana e delle risorse del
pianeta.
Occorre
precisare che le risorse sono abbondanti ma finite.
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3 giugno 2013
Diario Precario Dal 24/5 al 29/5/2013
Data.
Dal 24/5/2013 al 29/5/2013
Note.
Lezioni
quasi finite, quindi vicina la chiusura del rapporto di lavoro.
Conto
i giorni, conto alla rovescia per la fine delle attività scolastiche.
Subito
furto dei tergicristalli.
Tempo
variabile.
Notizie:
netta flessione del Movimento di Grillo alle Comunali e peggiora la guerra
siriana.
Considerazioni.
Ho
subito un furto, mi han smaterializzato i tergicristalli, 36 euro di danni. Meno
male che non avevo urgenza d’usarli altrimenti un furto lieve poteva
trasformarsi in un qualche tipo d’incidente. Fatta segnalazione alla polizia.
In effetti nella mia zona capita talvolta qualche episodio di piccola
delinquenza come: furto di gomme, di benzina, aggressioni, rumori molesti di
notte, perfino furto di gomme d’auto. Il fastidio e il senso d’essere
vulnerabile è più grave del danno nel mio caso. In effetti un mascalzone così
come può rubare i tergicristalli o rapinare della benzina col sistema dei tubi
può far di peggio. Come alcuni anni fa quando ci furono diversi episodi
d’incendio ad opera di uno o più piromani. Vulnerabile. Ecco la sensazione che
mi prende. Posso esser colpito con grande facilità. Reagire è difficile. Come
si fa. Proprio le abitudini e i ritmi di vita forzano ad esser ripetitivi e quindi
facile bersaglio dei malintenzionati. Quest’anno son forzato a riconoscere i
miei limiti ossia considerare quanto son vulnerabile, infatti è facile colpire
un tipo che ha un lavoro di fatto precario, che ha orari fissi, disposizioni,
tre o quattro attività sociali. Sono stanco. C’è in me un malessere che deriva
dalla condizione di precarietà troppo a lungo protratta e dall’ossessione per
il denaro coltivata da grandi masse della popolazione che squalifica qualsiasi
attività umana che non produca rapidamente
profitto in denaro. Il parere dei molti pesa e può schiacciare quando
diventa una sorta di spirito dei proprio tempo. Mi sento come se fossi incapace
di attaccare chi si muove contro di me, purtroppo l’avversario non ha né nome né
volto; si tratta della mia condizione di
precariato che provoca una sensazione di debolezza, inadeguatezza, infelicità.
Di per sé la cosa è comune e dovrebbe esser l’incentivo psicologico a darsi da
fare, in realtà porta spesso a un malessere persistente e diffuso. Da quando il
precariato si è unito alla globalizzazione voluta e imposta dalla finanza
inglese e statunitense all’Europa e al mondo il male di vivere è aumentato e la
piccola borghesia italiana si è impoverita nel giro di un paio di decenni. Mi sono visto come uno che è debole, uno dei
tanti che non riesce a trovare il punto per colpire il nemico, l’oggetto che deve
esser rimosso, il bersaglio. Quindi essendo debole la mia percezione è di esser
potenziale vittima, potenziale oggetto di prepotenza o violenza altrui, in
questo caso l’occasione per questa considerazione è stata un piccolo furto. Chi
ha fatto il furto è sparito e non so chi possa essere, probabilmente resterà
ignoto. Il problema tremendo del declino italiano è che la persona comune non
riesce a capire da che parte arriva l’aggressione, da dove comincia il processo
che porta allo smantellamento di interi pezzi del Belpaese e di dissoluzione di
cose che riteneva certe e sicure. In questo non vedere e non sentire il nemico
è causa di un crollo dell’autostima, è come combattere contro l’aria o l’acqua del
mare. I fatti prendono la forma del furto, pezzi d’esistenza, cose date per
certe spariscono, e rimangono solo cause apparenti o mezze verità o congetture
su cosa sia davvero successo o cosa possa esser davvero accaduto. Le piccole
storie di tanta gente comune sono mosse da fili invisibili, da grandi eventi
finanziari e da guerre vere o anche solo politiche che avvengono lontano spesso
oltre il confini nazionali, ma qui nel Belpaese si vedono solo le ombre e spesso
solo gli effetti. In questo non sapere rimane al singolo il Italia resta difficile
il dovere della ricerca, il trovare una risposta non banale e non cretina fra
una scadenza sul lavoro e una cosa urgente da fare; l’urgente impedisce di
pensare, toglie capacità di trovare quelle risposte spesso lontane e perfino
oscure che sono dietro il declinare di gruppi sociali e lo spegnersi lento di
un a vecchia Italia.
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24 maggio 2013
Diario Precario Dal 17/5 al 23/5/2013
Data.
Dal 17/5/2013 al 23/5/2013
Note.
Lezioni
regolari, qualche prova scritta.
Conto
i giorni.
Contare
mi spinge a pensare sul tempo e sul tempo che è finito.
Tempo
variabile, qualche dolore fisico.
Notizie
bruttissime sulla stampa: povertà, suicidi, violenza, omicidi
Considerazioni.
Mi
prende male. Da mesi ormai quando leggo il giornale scopro fatti di sangue o
suicidi legati al disagio psichico o alla miseria o tutte e due le cose, e questo in Italia non in
qualche luogo oscuro dell’Asia.
I
suicidi poi sono spaventosi. Un italiano che si suicida non ha neppure il
conforto della propria cultura tradizionale o della religione dei padri e dei
nonni. Il suicidio dell’Italiano è un gesto di disperazione assoluta, e avviene
tragicamente spesso dandosi fuoco o creando le condizioni per sfracellarsi da
qualche parte. Non è il suicidio dei senatori della Roma dei Cesari o dei
filosofi di qualche perduta dottrina, si
tratta di distruggere se stessi e il
proprio mondo, è azione negatrice, dichiarazione di odio insanabile verso questo
presente, impossibilità manifesta di vivere dentro storie e regole sentite come
mostruose, aggressive, persecutorie. Ma cosa è successo al Belpaese che mi
scuote, da anni è irriconoscibile; certo non è mai stato un giardino di rose ma
quel che accade oggi è clamoroso. Questo dato rende ancora più amara la
riflessione sulla mia adolescenza quando mi son illuso che la cultura e
l’attivismo politico o qualche forma di volontariato potesse cambiare qualcosa
in meglio. I fatti del quotidiano sono tutti contro di me. Questo errore era
frutto di una qualche forma di millenarismo inconsapevole che mi accompagna da
decenni e dalla cultura politica di allora mediata dai giornali, dai presunti
intellettuali e dalle televisioni. C’è un modo per misurare grossolanamente
quanto mi sono sbagliato ed è la mia reazione davanti a storie tragiche di
suicidi per povertà, di gente che uccide la madre anziana perché non può
mantenerla, di padri che sparano ai figli e poi s’ammazzano perché travolti dai
debiti, di adolescenti e persone ritenute normali che si danno alla devianza. Ad
esempio oggi 23 maggio leggo sul “Corriere della Sera” a pag. 21 un trafiletto
su un tale disoccupato e privo di mezzi che ha ucciso la madre vecchia e
inferma e poi si è consegnato ai carabinieri, ha dichiarato d’aver compiuto il
delitto perché non poteva più assisterla ed era disperato. Quando la cronaca è
questa e non sono più fatti isolati, slegati fra loro ma inseriti in un
contesto di grande disagio è evidente la dimensione catastrofica delle mie
illusioni adolescenziali. Quando l’impressione negativa quotidiana per me è aggravata dal fatto che
non avevo nella mia adolescenza allora una connotazione politica estrema o come
si dice eversiva. Un eversore, uno che è sempre e comunque contro il sistema ha
meno difficoltà sul piano psicologico davanti a una simile cronaca. Il mondo
degli altri per l’estremista di destra o di sinistra è funestato da forze
infernali a cui dà nomi diversi: capitalismo, mondialismo, banche, illuminati, comunisti,
fascisti, servizi segreti, congiura sionista e chi più ne ha ne metta. In
questa visione minoritaria della realtà il mondo di tutti è impregnato di male
e la purificazione una necessità consegnata al futuro. Quindi la riforma a
partire da forze interne o il progresso lento e necessario del sistema in nome
di una comune civiltà sono da escludere; il male è tale da non poter credere
nel sistema e in chi ci vive dentro. Quindi l’estremista vive come straniero in
un mondo che sente ostile, estraneo, irrecuperabile alla civiltà o alla società
giusta che arriverà prima o poi. Non ha
illusioni o belle speranze. Io che ho coltivato in gioventù una sorta di speranza
civile mi son dovuto ricredere e ho dovuto osservare la pesante ingenuità che
avevo dentro di me. Forse avevo in testa troppi esempi virtuosi, invece se
avessi meditato con maggior attenzione le molte figure di umani delinquenti e
squallidi che la televisione mostrava nei film polizieschi o nelle commedie avrei
capito l’impossibilità di riformare in modo pacifico e civile il Belpaese in
tempi ragionevoli e non biblici. Oggi che devo contare le ore e i giorni per
arrivar bene alla fine del servizio, in quanto precario, peso di riflesso il
tempo andato e son forzato a giudicare come infantili e ingenue certe illusioni
che erano al fondo di molti mie scelte adolescenziali. Oggi sono amare ma senza
passione, perché gli anni passati hanno sfocato la forza di quei sentimenti e
di quei pensieri e riesco così a incasellarli in qualcosa che era e ora non è
più, una vicenda di storia personale. Nulla di più.
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22 maggio 2013
Diario Precario Dal 12/5 al 16/5/2013
Data.
Dal 12/5/2013 al 16/5/2013
Note.
Collegio
docenti. Durato tre ore.
Lezioni
regolari, ultime lezioni dell’anno scolastico.
Tempo
variabile, umido e caldo.
Considerazioni.
Mi
prende spesso una sensazione di non esser riuscito a far bene il mio mestiere.
Alle volte mi pare di rimbalzare, di spendere ore di lezione e di riflesso di
vita che scivolano, che spariscono, che vanno via senza causare esiti positivi.
Per valutare il lavoro di espansione degli orizzonti di pensiero e di
conoscenza tipico della filosofia e di un rapporto non nozionistico intorno
alla storia ci vogliono anni, quel che è fatto magari riemerge nella vita di un
tale dopo un decennio o lo spinge a riflettere in un altro periodo della sua
esistenza. C’è una dimensione per così dire profetica nell’insegnamento in
virtù della quale ciò che si fa s’apprezza
a distanza di anni. Mi guardo indietro nel tempo e vedo la mia
difficoltà a catturare l’attenzione delle classi per più settimane, mesi. Nello
stesso tempo ricevo segnali e verifiche
che vanno nella direzione opposta, quantomeno di un successo parziale delle mie
soluzioni didattiche e pedagogiche. Ogni situazione nella quale mi sono calato
è stata un caso a sé, di volta in volta ho adottato metodi e strategie diverse
a seconda delle situazioni cercando di arrivare al punto che volevo. La difficoltà
di far scuola e soprattutto la media superiore è grande perché essa è e non è
riflesso della società. Mantiene quasi per forza d’inerzia una sua autonomia ma
risente di tutte le pulsioni e le trasformazioni della società e del mondo del
lavoro. Per ciò che concerne il quotidiano da tempo ho fatto i conti con la mia
adolescenza e gli anni della formazione. Sono dispiaciuto per non aver capito
in tempo la natura quasi irriformabile del Belpaese, per anni ho pensato che
fosse possibile con l’attività di volontariato, con la cultura, con la
divulgazione perfino con la politica cambiare qualcosa; oggi sono davanti alla
sconfessione di questa mia illusione di gioventù. L’Italia è rimasta immobile
su se stessa e la concentrazione della ricchezza nazionale in poche famiglie di
ricchissimi, e certamente molte di esse sono straniere o aliene alla mentalità
e alla civiltà del Belpaese, è cresciuta. La politica è diventata oggetto di
cronaca giudiziaria e talvolta scandalistica, povertà e disperazione ormai si
misurano per mano dal numero di cartelli con la scritta vendesi, affittasi o
chiuso e con l’aumento di gente che chiede aiuto ai diversi enti
assistenziali. Oggi vedo le mie
illusioni del passato. Chi era ricco e influente, salvo casi di caduta in
disgrazia, tale è rimasto; la concentrazione della ricchezza ha avuto in
parallelo la concentrazione del potere politico reale nelle mani di pochi
personaggi di fatto leader e padroni di partiti, correnti, gruppi di senatori e
deputati, detentori di una visibilità pubblica propria. Ciò che era tendenza
nel 1994 è oggi a un punto estremo, si potrebbe dire che è giunto, dopo il
frutto caduto a terra, l’albero con i
fiori e i frutti nuovi. Questa concentrazione di ricchezza e di potere nelle
mani di pochi che crea di fatto qualcosa di molto simile a una oligarchia
allargata è ormai cresciuta e maturata. Crollerà? Non so. La novità dei Cinquestelle
nelle istituzioni dura da troppo poco
tempo per capire se si tratta di una concreta inversione di tendenza o di un
diverso passo. Qui e ora ciò che cresceva in passato in termini di diseguaglianza sociale,
accentramento dei poteri, corruzione di diversa natura e disagio di milioni d’italiani
ora è come un albero cresciuto. Io considero però di esser sempre stato
all’opposizione, non tanto per ragioni umanistiche o moralistiche, quanto
perché in questo processo di concentrazione del potere non ho mai visto nulla
di autenticamente nobile, aristocratico, sacro, superiore. Nulla che
giustifichi sia pure in una logica aristocratica e di dominio dei molti sui
pochi l’esercizio del potere dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. L’essere
umano tende alla sottomissione, questo avveniva pure nei regimi comunisti, ma
c’è modo e modo. Questo potere nuovo deve nascondersi, deve assumere su di sé
di continuo una falsa coscienza, deve promettere libertà e benessere, deve
parlare di leggi rette e di eguaglianza. Deve far di tutto per non ammettere
l’evidenza di esser un potere dell’uomo sull’uomo e fatalmente un dominio dei
pochi sui molti anche se espresso in modo diverso rispetto alle oppressioni
antiche quando tanta gente comune era messa,
letteralmente, a lavorare in
catene. Quello che non sono mai riuscito ad accettare è questa doppiezza,
questo esercitare il potere di nascosto, questo nascondere di continuo
l’evidenza del dominio dei pochi sui molti; la verità è che le minoranze al potere
in Europa e negli USA sono strette da una contraddizione originale del loro
potere: non possono disfarsi della democrazia ma non riescono a convivere con
alcuni esiti di essa e fra questi la messa in discussione del loro dominio e
del loro potere che è sempre possibile se si formano grandi movimenti che
stravolgono l’ordine politico esistente o mettono in discussione valori e
situazioni prima accettate e condivise dalle masse elettorali. Da qui
l’esigenza di pietose finzioni e pesanti bugie e di un potere sempre a metà e
sempre opaco perché non è né oligarchia, né aristocrazia, né democrazia.
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