|
12 settembre 2009
La censura italiana vista da Capitan Harlock
La
valigia dei sogni e delle illusioni
La
censura italiana vista da Capitan Harlock
Nel lontano 9 aprile 1979 alle 19.15 Capitan Harlock faceva
la sua comparsa nel piccolo schermo della penisola, sembra passato più di un
secolo da allora e non poco meno di trent’anni. L’Italia della fine degli anni
settanta è oggi polvere di cose decomposte, tutto ciò che è stato prima ha
cessato da tempo di vivere nella sua natura intima e nei suoi scopi, proprio
l’enorme distanza mi aiuta in questa riflessione perché l’oggetto della mia
attenzione è qualcosa che sa d’antico, di circoscrivibile, in ultima analisi si
tratta di una cosa su cui riflettere che è passata di cui si può ragionare con
calma perché non più parte di questo tempo. Uno degli aspetti che risaltano
agli occhi di chi appassionato della serie se la riguarda nei nuovi DVD o su
Youtube è la censura italiana. Wikipedia l’enciclopedia libera a questo proposito
scrive:” Di fatto, Harlock è un
contestatore: non ruba un gioiello per poi andare in vacanza a Las Vegas, come
potrebbe fare Lupin. La sua critica al sistema è orgogliosamente portata
dall'esterno, nella convinzione che non si possa venire a patti con una società
governata da principi ingiusti. Quindi, anche se è stato deciso di mandarla
comunque in onda, la serie è stata trattata in maniera estremamente dura dalla
censura. Se il doppiaggio è stato di eccellente livello, quasi tutti gli
episodi sono stati 'tagliati' prima della messa in onda. La produzione
esecutiva RAI ebbe da ridire anche sulla sigla, ritenendo che ricordasse la X MAS. Nei DVD attualmente in circolazione vi sono molte scene che sono prive
di dialoghi in italiano, per via che a quei tempi esse non vennero mai
doppiate. Nondimeno, molte scene violente e alcune di nudo rimasero anche
nell'edizione italiana.”
Nella finzione della serie di fantascienza, fin dall’inizio
si sente la voce di un narratore proprio come nelle fiabe, il governo del
pianeta Terra e della razza umana è in meno ad una democrazia autoritaria,
imbelle e dissoluta, incapace di difendersi, rincretinita dalla videodipendenza
e corrotta. Alcuni dialoghi riportano il senso di questa decomposizione morale
e alcune scene rimandano a un concetto quasi senza tempo che delinea il senso
della fine di una civiltà e della sua gente. Nella quarta puntata c’è il
celebre episodio censurato della distruzione della bandiera. Uno dei personaggi
della serie, il giovane Daiba, perseguitato dagli alieni e dai terrestri prima
di salire sulla corrazzata spaziale del pirata Harlock distrugge la bandiera
del governo terrestre al grido di –Tu non sei più la mia bandiera- con un sol
colpo di pistola. La scena dava nella puntata il senso di un cambio di
prospettiva e di una scelta di vita: assistere l’eroe e combattere al suo
fianco contro i nemici esterni e quelli interni. Il tutto era parte di un
contesto assolutamente drammatico che a ben pensarci, osservato “col senno di
poi”, anticipa una certa fantascienza che oggi sconfina nel gotico e
nell’orrore.
Ovviamente Harlock da buon eroe
romantico e nicciano-wagneriano riuscirà dopo una guerra aspra e pericolosa a
salvare il pianeta azzurro e almeno in parte la sua popolazione umana
scellerata. Da buon eroe diventa l’altro, l’estraneo con il quale una civiltà
umana corrotta e dissoluta è forzata al confronto. Forse il senso di quella
dose sostanziale di italica censura di stampo politico che ha colpito questa
serie è legato al fatto che il contenuto della storia era abbastanza forte da
far sì che i nostrani censori, dalla coda di paglia, si riconoscessero nei
terrestri rincretiniti, o peggio nei funzionari iniqui del corroto Primo Ministro. In altre parole il racconto fantastico-fantascientifico aveva una carica
suggestiva ed emotiva tale da preoccupare i custodi reali e concreti della
tranquillità degli italiani in quel remoto 1979. Alle volte un’opera d’arte non
la si riconosce nel successo ma nello scandalo e nella persecuzione che cade
sul suo messaggio. Quando tutto è troppo tranquillo nei fumetti come nei
cartoni animati c’è da preoccuparsi, forse c’è troppa tranquillità, molto
marketing, scarso messaggio e zero arte.
IANA per FuturoIeri
|
|
13 luglio 2009
L'Italia che mette la testa sotto la sabbia quando si tratta di guerra
Il Belpaese: quarantanove passi nel delirio
L’Italia
che mette la testa sotto la sabbia quando si tratta di guerra
L’esercito italiano è schierato in Afganistan, come
devo chiamare la cosa: missione di pace, vacanza in colonia, passeggiata
militare, soccorso ai bisognosi? Non è forse il caso di usare la parola giusta
e dire chiaro e tondo che siamo in guerra contro forze ostili militarmente
preparate alla guerriglia? Agli inizi di luglio il presidente statunitense
Obama finalmente dismessi i panni del buon padre e del politico amico di tutti
ha vestito quelli del comandante in capo e ha dato il via libera per
un’offensiva dei marines. Come vogliamo chiamare quella cosa? Turismo
eccentrico?
Alle genti del Belpaese piace troppo mettere la
testa sotto la sabbia, fingere e far finta che la realtà del mondo sia come
loro l’immaginano. Da tempo ai miei venticinque lettori avevo segnalato la
rivista atlantista e bellicista Raids, pur non condividendo il tono entusiasta
e propagandistico ho più volte fatto riferimento alle immagini e agli articoli
colà contenuti. Quella è guerra e va chiamata col suo nome, fuggire dalla
realtà non è una medicina ma un viatico per la follia e per attirare su di sé
nuove disgrazie. Del resto da tempo il Belpaese si è addormentato, vive il suo
incubo con l’incoscienza e l’inattività di un tale che è imbottito di sedativi
e calmanti. Ormai tutti i problemi sono questioni private, o nella migliore
delle ipotesi questioni amministrative di corretto uso della cassa pubblica; la
politica è ormai il privilegio di chi vive di essa e la sedicente società
civile è tagliata fuori, e forse nemmeno ci prova, dalla possibilità di
comunicare e di cambiare qualcosa nella
presente situazione. Tutto quello che è spettacolo, divertimento, festa,
idiozia, tifo calcistico occupa le menti dei molti; la politica non può essere
scissa facilmente dalle forme nelle quali si confeziona per il vasto pubblico
la notizia o lo spettacolo, o il facile scandalo da dar in pasto alla pubblica
riprovazione. Non c’è una vera capacità di pensare o di assumersi delle
responsabilità collettive, non c’è quasi una dimensione di comune identità se
non in vuote parole, in esercizi di retorica, nei gesti quotidiani, nel ricordo
di tempi lontani. Le genti del Belpaese
pensano a sé stesse e alle loro limitate risorse, ai problemi quotidiani, alla
crisi e al proprio male di vivere, e ai loro piccoli piaceri quotidiani. Cosa potrebbe aggiungere la parola guerra se
venisse usata tutti i giorni: fastidio, serietà, comprensione, odio per il
diverso? Non lo so, ma una cosa grossa come questa non può essere lasciata alla
dimensione di quello spettacolo integrato che è il miscuglio di calcio, tifo, vicende
giudiziarie, sentimentali ed erotiche di VIP veri o presunti tali, immagini dal
mondo, balle in libertà ed esercizi di retorica. Prima o poi andrà a finire
come nella serie classica di Capitan Harlock: l’umanità rincretinita, corrotta,
dissoluta e mal governata si ritrova con un’invasione aliena vecchio stile, da
cinema degli anni settanta. A quel punto entra in azione l’eroe con i suoi
mezzi e il suo seguito…Ma il Belpaese non è un cartone animato.
IANA per Futuro Ieri
|
|
|
|
|
|