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14 maggio 2009
Civiltà francese, civiltà italiana...
Il Belpaese: quarantanove passi nel delirio
Civiltà italiana, civiltà francese…
In
questi giorni si accende nel cuore della Francia una lotta politica e di
civiltà in relazione all’uso di internet e in particolare alla possibilità di
scaricare file di varia natura protetti
dal “diritto d’autore” che come è noto non tutela l’artista ma il
produttore o la finanziaria che ha prodotto o finanziato un’opera o un
programma o un videogioco. La legge voluta dal marito della Carla Bruni e dal
suo partito presenta quattro problemi:
la difficoltà di procedere legalmente all’intercettazione delle comunicazioni
nei confronti di soggetti perlopiù incensurati che ‘potrebbe prefigurare un
controllo da “Grande Fratello”, L’irritazione di milioni di fruitori della rete
che vedono le Major alleate del potere politico e che passeranno a forme di
boicottaggio o di reazione, la capacità di mettere in campo contromisure e la
possibilità che vengano alla luce programmi che garantiscono l’anonimato degli
utenti che scaricano, la difficoltà di
un governo eletto, e non quindi una dittatura comunista o fascista, a tener una
linea salda su una materia del genere visto che non mancheranno dal basso
critiche e problemi dal momento che forti interessi si sono mossi per spingere
il governo francese a far questo passo. Di per sè si tratta di creare un provvedimento amministrativo che stacca la possibilità di connettersi alla rete in caso di tre violazioni. La cosa più grave è che si prefigura un
regime di sorveglianza con un comune interesse fra potere politico e potere
privato, al punto che la legge prevede un’autorità nuova nominata dall’esecutivo- cioè dal marito della Carla- il che è quantomeno in contraddizione con le professioni di fede nella cultura liberale dei
nostri leader europei e dell’attuale presidente francese. La
corrispondenza privata e la vita privata è garantita dalle leggi liberali, se
si tratta di leggi liberali. Ma qui sembra che i diritti fondamentali siano
legittimi se sono parte della volontà dei poteri economici, illegittimi se li contrastano.
Il quotidiano “Il Manifesto” pubblica
oggi 14 aprile 2009 una interessante analisi della situazione, il quotidiano la
“Repubblica” , dando ampio spazio a quanti vogliono autorità che s’attivino
contro pirati veri e presunti,fa l’analisi del problema a partire dall’Italia.
Si viene a scoprire, e la cosa non mi era nota, che da tempo questo governo ha
una commissione “Comitato tecnico per la pirateria digitale e multimediale”
presieduto da Mauro Masi, il quotidiano sottolinea che “ Il comitato non
comprende rappresentanti dell’utenza, sta facendo una serie di audizioni con le
associazioni industriali di settore…”. Chi scrive non può sapere se quanto
riferisce il quotidiano sia più o meno fondato, tuttavia pare credibile questa
scelta e le simpatie a favore del modello francese. Vorrei far notare ai
miei venticinque lettori che qui non è tanto in questione una questione di
quattrini ma dietro l’interesse di cassa di pochi singoli miliardari, detentori
dei mezzi con i quali si riproducono alcune forme rilevanti di cultura e
intrattenimento, c’è qualcosa di nuovo. E’ l’idea che un soggetto statale, o un
soggetto pubblico-privato, o un soggetto pubblico ma che esiste per favorire
interessi privati possa entrare nella vita quotidiana delle connessioni dei
singoli alla rete e spiarli! Non c’è verso: l’unico modo per rendere palesi gli
effetti di questa legge o di leggi siimili è andare a vedere cosa fanno gli italiani o i francesi
sulla rete uno per uno. Sinceramente mi preoccupa una specie di ente pubblico
che può legalmente spiare cosa faccio con il mio computer, in particolare mi fa
disgusto se esso si relaziona ad un potere esecutivo espressione di una
maggioranza di governo verso la quale io mi trovo all’opposizione. Qui c’è il
pericolo di ritrovarsi con la versione casereccia del supercomputer immaginato nella serie
classica di Capitan Harlock - il pirata dello spazio- che scheda gli abitanti del pianeta Terra dalla
lettera A alla Z con tutte le conseguenze del caso. Se si prende in
considerazione il fatto che una simile legislazione deve prevedere un programma
che raccoglie i dati su tutte le connessioni a livello nazionale e che
controlla i siti pornografici, eccentrici, politici, ecologisti ai quali un tale
si collega e magari fa una classifica dei soggetti da sanzionare o prevede di
fare dei controlli su certe tipologie d’utenti allora si scopre che se non è il
supercomputer immaginato nei cartoni animati del 1978 certamente può essere il
suo antenato. Se così non è mi chiedo come si possa procedere per individuare i pirati di internet della domenica pomeriggio: forse
consultando dei maghi, o con le delazioni condominiali, o con una buca in
piazza nella quale si lasciano le spiate come al tempo della Santa
Inquisizione? Mi chiedo cosa sia l’Italia di oggi stretta fra poteri nuovi e
tecnologie dirompenti e un ceto politico che vorrebbe vivere ancora nel 1948 al
tempo della guerra fredda e dell’egemonia americana sull’Europa Occidentale. Un
Belpaese che rifiuta il rapporto con la contemporaneità se non per intervenire
in difesa di interessi singolari e di alcuni privati o che s’acconcia a far
compromessi con un mondo nuovo estraneo alla fobie, alle certezze e ai miti
delle nostre classi sociali egemoni. L’Italia deve darsi una sua civiltà o sarà
vittima di ogni suggestione e di ogni vento di follia che viene dall’altro
versante delle alpi o dagli Stati Uniti d’America. Il Belpaese deve essere,
oppure non sarà mai più.
IANA
per FuturoIeri
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28 aprile 2009
Controllare tutto, controllare un bel nulla!
Il Belpaese: quarantanove passi nel delirio
Controllare tutto, controllare un bel
nulla!
Questa nuova mania del controllo, del
vigilare intasando le città nostrane di telecamere, di poliziotti privati
antitaccheggio, di ronde più o meno politicizzate rivela una paura di fondo del
potere politico e dei ceti dominanti che legano le loro fortune materiali e
patrimoniali al sistema di potere ad oggi vigente. Controllare, reprime,
investigare, dominare su un territorio sempre meno controllato, in mutazione
continua, in perenne stato d’alterazione. Tutto cambia, il potere economico e
politico dovrebbe accettare il fatto di dover cambiare uomini, mezzi e riti. Di dover costruire i suoi poteri e i suoi
valori da contrapporre a quelli dominanti che sono pubblicitari e finanziari. Il
potere politico ha esaurito da tempo la sua capacità di dominio sulle persone
per mezzo delle suggestioni ideologiche, le grandi narrazioni sui massimi
sistemi e i grandi destini si sono lentamente dissolte. Alla dissoluzione del
suo futuro si è sostituito un generico senso di fedeltà ai modelli pubblicitari
e di senso comune dominanti, I ceti sociali che vivono di politica hanno
sostituito la grande filosofia e l’economia politica con i consigli per gli
acquisti e con le campagne pubblicitarie organizzate e portate avanti da
esperti al soldo. Non ci vuole molto per capire che i mezzi della pubblicità
commerciale hanno finito per dominare l’immagine della politica, il mezzo è
diventato il fine; della politica i molti vedono l’aspetto della propaganda
commerciale, i manifesti, gli slogan, le frasi fatte, i discorsi fatti per i
giornalisti della televisione che si risolvono fra i venti e i trenta secondi
di trasmissione televisiva. Se poi
osserviamo l’aspetto critico verso la società e il sistema vigente di
produzione e consumo si osserva che l’aspetto critico oggi ricade su soggetti
eccentrici, comici, giornalisti atipici
e artisti; ossia la riflessione sul presente è affidata a soggetti
marginali e non deputati a far questo. E’ un fatto che Caparezza ha
recentemente fatto uno spettacolo di grande richiamo nel quale prende in giro
ferocemente: le Grandi Opere, i VIP, la politica, la criminalità organizzata ,
e molto altro ancora. Caparezza è un cantautore di successo che mischia
sonorità rap alla tradizione musicale pugliese e classica. In un paese normale
personaggi come lui non dovrebbero essere centrali nella critica del sistema ,
eppure...
La
politica sta scappando dalle sue responsabilità, in pratica interi ceti sociali
vivono di essa e sopra essa e non hanno idea della sua intima essenza. La
politica degli ultimi quindici anni di Seconda Repubblica è una gestione a
mezzadria con i poteri finanziari e criminali da parte di mediatori sociali,
più o meno abili, che gestiscono, più o meno rozzamente, il consenso politico di
quelle masse di cittadini che riescono a raggiungere. Il controllo del
territorio che ritorno ossessivo nel discorso politico lo percepisco da una
parte come volontà di cavalcare le paure del signor Mario Rossi, dall’altro
nell’incapacità dei poteri politici di vedere la realtà del Belpaese con gli
occhi e le prospettive dei cittadini che non sono parte di minoranze al potere.
Inoltre nessuno mi ha spiegato come integrare, o convivere, con i milioni di
nuovi “ italiani” che catapultati da noi da tutti e cinque i continenti qui
vivono, mettono famiglia e, secondo logica, non vogliono più andarsene.
IANA per FuturoIeri
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