29 luglio 2013
Diario Precario. Dal 28/6 al 11/7/2013
Data.
Dal 28/6/2013 al 4/7/2013.
Note.
Nuoto
libero in piscina per rilassarmi.
Esami
a ritmo sostenuto, cinque candidati per volta
Dopo
la presentazione della tesina il candidato o la candidata iniziano l’esame con
uno dei professori nello schieramento a U.
Poi
arriva il mio turno e la presentazione, alla fine del colloquio, del risultato
della prima, seconda e terza prova.
Per
la mia parte dopo le domande sul programma arriva il momento in cui presento la
parte che mi compete della terza prova.
A
quel punto l’esame è finito.
Riunione
a porte chiuse per determinare il voto della prova orale e dell’esposizione
della tesina ovviamente consultando la relativa griglia di valutazione,.
Somma
della prova orale con le prove scritte, i crediti e infine ecco il risultato
finale.
Poi
avanti il prossimo.
Così
va l’esame. Un candidato dopo l’altro.
Ho
modo di parcheggiare nel parcheggio di una palestra adiacente all’istituto con
un gettone che mi viene di volta in volta dato.
Gli
esami iniziano verso le 8,20 e di solito si termina la sessione intorno alle
due, in realtà l’orario varia da situazione a situazione.
Il
bar della scuola non è male, sto bevendo molto thè confezionato.
Osservazioni
Fatta
una gaffe con un esterno autodidatta, gli avevo chiesto se avevano fatto a
lezione un certo argomento di storia da un certo punto di vista, mi ha risposto
che era autodidatta. Non mi ero reso conto che si trattava di un esterno. Sono
così abituato a pensare in termini di scuola, programma, cattedra che questa
possibilità quasi l’escludo. Meglio così mi sono ricordato una cosa importante
ovvero che il proprio mondo di convinzioni e di abitudini non è mai coincidente
con la vastità del mondo di tutti.
Devo
dire che fra candidati e candidate sto sperimentando tutte le possibili
varianti del comportamento umano davanti a una simile prova, si va dalla forte
sicurezza di sé al panico da esame, non ci sono due allievi o allieve uguali.
Certo
che questo mi fa comprendere la singolarità della mia situazione da precario
perché in effetti son chiamato a valutare e a decidere in nome dello Stato,
visto che di Esame di Stato si tratta; ma la mia condizione è quella di
precario con contratto scaduto e rinnovato per la maturità.
Tuttavia
per l’allievo o l’allieva che sostiene l’esame questa differenza non conta il
professore è professore di per sé in sede d’esame.
Mi
sono fermato a pensare che in fondo il mio ruolo me lo sono già guadagnato con
anni d’esperienza e di servizio, quello che manca è un atto di volontà del
potere politico che determina di mettere nel sistema scuola le centinaia di
milioni di euro che servono ad assumere parte del precariato con anni di
servizio sulle spalle.
Comincio
a prendere il ritmo dell’esame e della routine, prevedere più o meno come si
svolgerà la giornata aiuta a lavorar con meno tensione e fatica, anche in una
situazione che dura due settimane occorre trovare quelle costanti che diventano
punti di riferimento. L’essere umano tende ad aggrapparsi alle abitudini.
La
temperatura è leggermente scesa.
Sono
andato nella piscina di Sesto Fiorentino, mi è parso d’osservare una
diminuzione della pubblicità presente in loco.
In
compenso c’era il manifesto che si trova un po’ dovunque a Sesto di sostegno
agli operai della fabbrica Ginori.
Data.
Dal 5/7/2013 al 7/7/2013
Note.
Il
lavoro ormai gira in modo sicuro. Ho messo in atto un piccolo sistema per fare
l’esaminatore.
Osservo
il candidato mentre espone la tesina, capisco più o meno come si orienta
davanti alla commissione.
Sulla
base di quello che fa e del programma che porta mi domando cosa è opportuno
chiedere.
Lo
scrivo su un foglietto volante e aspetto il momento nel quale dovrà esser
interrogato da me.
Osservo
qualche difficoltà dei candidati e delle candidate nelle mie materie: storie e
filosofia
L’atteggiamento
dei colleghi è cordiale e collaborativo.
Domenica
sono andato a vedere l’associazione Lailac che presentava degli stand presso la
Limonaia di Villa Strozzi.
Si
tratta di un modo per fare beneficenza a favore dei bambini di Fukushima.
Al
mare dove vanno i miei pochi gli italiani e tanti gli stranieri.
Osservazioni
A
passeggio per la città di sera, domenica visita a una festa di beneficienza
dell’associazione Lailac.
Si
è trattato di andar a curiosare fra due o tre bancarelle e di dar qualche soldo
in beneficienza.
La
macchina l’avevo parcheggiata a quattrocento metri dal punto della festa, così
ho fatto di sera una passeggiata nei luoghi d’infanzia.
Passando
nei pressi di un palazzo ho sentito una voce. Era una bambina piccola due o tre
anni che da un balcone osservava i passanti.
Quella
bambina mi ha chiesto: chi sei? Evidentemente ero vestito in un modo per lei
curioso, forse per via del cappello o della borsa a tracolla.
Non
ho risposto, tuttavia la domanda mi è ritornata più volte nella testa.
In
effetti in questa contemporaneità emerge forte il senso di una precarietà
propria del singolo, che lo colpisce perfino nella considerazione di sè.
I
bambini piccoli hanno la capacità di mettere in crisi gli adulti con domande
semplicissime.
In
effetti se ci si pensa bene rispondere a un simile quesito è difficile di
solito è possibile rispondere solo con una banalità o una qualche ovvietà: ad
esempio indicare la professione, la condizione sociale, il nome e cognome.
Il
senso più profondo e determinante di ciò che uno crede di essere necessita di
autocoscienza, meditazione e comprensione del proprio tempo, il che rende
difficile una risposta immediata a meno che uno non sia un maestro Zen in grado
di sintetizzare aspetti qualificanti della vita e della natura.
Alla
fine questa e non solo questa domanda dovrebbe essere la tipica domanda che sta
dietro tante risposte che gli umani danno automaticamente anche solo a livello
celebrale.
Invece
in Italia l’essere umano tipico ordinariamente tende a rispondere senza pensare
alle domande che l’esistenza quotidiana e
professionale presenta di volta in volta, questo spesso senza aver
dietro alle risposte delle domande complesse già almeno in parte risolte.
In
effetti ogni buona risposta presume più domande risolte o affrontate in modo
adeguato.
Notizie
dalle ferie, i miei sono a Montescudaio.
Tutto il campeggio che ha riaperto è pieno di stranieri in particolare Olandesi
e Tedeschi, pochissimi gli italiani.
Il
lavoro prosegue, fino alla conclusione. In fondo lavorare mi aiuta, risponde a
qualche domanda declinare la propria condizione professionale.
Data.
Dal 8/7/2013 al 11/7/2013
Note.
L’istituto
mi scrive di mandare il foglio per il pagamento delle ferie non godute, essendo
precario è ovvio che non avrò modo di usufruirne una volta cessato il
contratto.
L’istituto
mi chiede se sono disponibile per gli esami di riparazione di settembre.
Fine
orali maturità.
Riunione
sindacale l’ultimo giorno di maturità.
Il
luogo dell’incontro cambiato, sono finito nel mezzo di un funerale preso la
camera del lavoro prima di capire cosa fosse successo; grande gaffe con il
portiere.
Cena
con i maestri del Judo club.
Bel
ristorante, in mezzo al verde.
Domattina
domanda per la disoccupazione.
Un
cerchio si chiude, uno si aprirà a settembre.
Osservazioni
Fatta
ormai siamo al finale, l’esame è quasi finito.
La
scuola mi chiede se sono disponibile per l’esame di settembre, risponderò di sì
anche se questo comporterà l’interruzione di un eventuale assegno di
disoccupazione.
Di
solito però trovo da lavorare con le supplenze di settembre o con le cattedre
annuali, quindi dovrebbe esser mal di poco. Sulle ferie non godute direi che è
proprio una necessità, io non presento il foglio-ferie dei colleghi a tempo
indeterminato. Al sottoscritto scade il contratto.
Sono
arrivato alla fine di questa inaspettata maturità, tra poco gli ultimi
candidati e poi la parte burocratica e l’impacchettamento delle prove d’esame
con tanto di sigilli in ceralacca.
La
conclusione è prevista per il giorno 11. Al termine delle operazioni è stato
fatto il pacco, io stesso ho timbrato il sigillo. Ho sempre avuto una certa
affinità con i timbri, forse è perché occorre usare un po’ di forza per usarli,
danno il senso del colpire e dell’ufficializzare qualcosa di burocratico.
Il
tempo di salutarsi cordialmente fra colleghi e tutto è finito per me.
Lo
stesso giorno avevo la riunione sindacale di pomeriggio sulla questione del
precariato.
Il
giorno 11 ho fatto una gaffe per via della riunione sindacale, sono finito nel
mezzo di un funerale preso la Camera del Lavoro.
Prima di capire cosa fosse successo ho dovuto
ragionare il portiere che per la cosa era infastidito. L’auto era parcheggiata
quasi due chilometri indietro. La scena
è stata fantozziana con il sottoscritto che in mezzo alla pioggia estiva se ne
tornava sui suoi passi a ritmo di marcia per raggiungere il parcheggio e
ripartire per l’altra sede del sindacato.
La
riunione sul precariato era gremita, la stanza non era grande ma la gente stava
anche in piedi o fuori dalla porta.
La
situazione è quella nota: senza i soldi che servono ogni riforma o sistemazione
del precariato nella scuola non può aver luogo.
La
sensazione che ho avuto è stata quella di una situazione nella quale anche il
precariato nel settore scuola è fortemente differenziato, le differenze sono
molte e metterle assieme risulta estremamente difficile. In effetti questa è la
debolezza della categoria: la frammentazione della categoria. I docenti sono
divisi a causa della tipologia di materie che insegnano, a causa delle modalità
di reclutamento sia per i contratti a tempo determinato che per i contratti a
tempo indeterminato, a causa del tipo d’istituto scolastico, a causa dei
diversi orientamenti dei sindacati del settore scuola. A questi quattro elementi
ovvi s’aggiunge che si differenziano anche dal personale ATA (bidelli) e di
segreteria. Di fatto il settore scuola è scomposto in tante parti e solo in
occasioni di rivendicazioni molto forti è possibile congiungere nella protesta
personale che viene da situazioni così diverse. Questa scomposizione di una
vasta categoria di lavoratori nel settore della conoscenza rende più difficili
le rivendicazioni sindacali. Credo sia questo il motivo di tante volte nelle
quali ho visto un grande disagio fra i colleghi e talvolta fra i compagni di
precariato e una difficoltà oggettiva a far valere le proprie ragioni come
categoria.
Comunque
una novità: la questione dei precari della scuola in Italia con contratti a
tempo determinato reiterati per un periodo oltre i 36 mesi sarà rimessa alla
Corte di Giustizia Europea.
Alla
fine la questione del precariato diventa un caso individuale e di Stato, il
singolo caso lavorativo è riconnesso a una dimensione più grande di carattere
collettivo.
La
cena con i maestri presso i campi da tennis. Dove c’è un ristorante all’ombra
di antichi cipressi, una curiosa combinazione.
In
fondo la sera, i vecchi amici, i cipressi, i ricordi, le stelle, la pizza e la
birra sono un buon modo per chiudere un ciclo e cominciarne uno nuovo.
Domattina
comincerò a pensare alle carte per la domanda di disoccupazione, poi l’attesa
di un nuovo incarico annuale.
Quest’ennesimo
anno da precario non ritorna al suo punto d’inizio, è come un cerchio che vorrebbe
chiudersi ma non ci riesce e finisce con il formare una spirale.
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