27 dicembre 2009
Allegoria della Seconda Repubblica
De Reditu Suo
Allegoria della seconda Repubblica
Quarto foglio
I mercanti, i barrocciai, e gli
ambulanti trassero dei sospiri di sollievo, il mostriciattolo stava sparendo
dalla vista con il suo seguito di esseri indegni. Il nano aveva fatto il suo
lavoro e fin qui le cose andavano bene, chissà come mai aveva chiesto proprio
la parte altrui. Ma erano pensieri inutili, pensare troppo non è bene per chi
vive di vendere e comprare e deve spostarsi di qua e di là per piazzare la sua
merce o per strappare a un concorrente un buon affare. Il mattino era alto nel
cielo e gli affari dovevano assorbire tutta la volontà e la capacità di
concentrazione di coloro che frequentavano il mercato. Tutti avevano bisogno di
quel che si trovava in vendita nel mercato. Gli esempi di varia umanità erano
talvolta pittoreschi, talvolta ridicoli. Là gentiluomo ben vestito contrattava
il prezzo di una collanina da poco per la sua giovane amante con un venditore
di cianfrusaglie, un mascalzone cercava presso il rivenditore di ferraglia
degli attrezzi per fare un furto con scasso, nel mezzo della piazza un paio di
saltimbanchi e un ciarlatano attiravano il pubblico con la scienza del loro
occulto e truffaldino sapere, un monaco impartiva benedizioni cercando qualche
piccola donazione, alcuni contadini stanchi esibivano sui loro carretti frutta
e verdura di stagione con la speranza di cavarne abbastanza per comprar
medicine e qualche coperta per il prossimo inverno, perfino un mendicante
esibiva qualche moneta per pagarsi una bevuta di vino e un paio di stracci per
coprirsi. Da un lato non lontano da un muro usato come pisciatoio per i cani un
tale, con qualche turba religiosa in testa, chiamava a raccolta i credenti
contro il peccato; era ignorato e non lontano da lui i venditori di vestiti e
di piccoli oggetti richiamavano una folla di donne che cercavano un piccolo
affare per portar a casa qualcosa con la certezza di aver spuntato un buon
prezzo e non di esser state fregate. Gli occhi delle signore brillavano di
avidità e d’illusioni mentre i gli ambulanti declamavano la loro merce e
raccontavano loro ciò che volevano ascoltare. Il venditore di pentole e di
oggetti in rame, con una faccia da straniero del sud, dava qualche colpo ai
suoi oggetti e li faceva risuonare per far sentire che c’era anche lui e che la
sua mercanzia era bella e valida. I bambini e erano indecisi se era più
interessante quella strana persona o il venditore di piccoli oggetti e
giocattoli da poco, il maestro del paese intanto cercava un rivenditore di
cianfrusaglie che aveva anche carta e materiale per scrivere. Al centro della
piazza nel posto d’onore un vecchio truffatore vendeva vecchi vestiti e scarpe
cercando d’imbrogliare i clienti sulla qualità della merce, a sinistra del suo
banco aveva il venditore di dolciumi e a destra quello di vino, uno attirava i
bambini pieni d’illusioni sulla vita, l’altro i vecchi delusi dall’esistenza
che cercavano un paradiso alternativo a quello del prete con due litri di rosso
scadente. Qualcuno era felice il sensale di maiali, quello di pecore e il tale
che combinava matrimoni e fidanzamenti erano seduti comodamente nella bettola
che faceva da taverna e da albergo per i forestieri e guardavano con interesse
lo spettacolo di quel mondo umano in movimento e rigiravano fra le mani qualche
buona moneta. I tre pensavano che in molti erano arrivati, in molti spendevano
e i soldi giravano; anche loro avrebbero avuto una parte di quel fluire di
denari grazie ai loro commerci di lana, pecore, carni suine e ragazze da
maritare. Intanto il tempo passava, le voci si facevano meno insistenti, e le
ombre s’allungavano. Stava arrivando la sera e la piazza iniziava a spopolarsi, il mercato
era quasi finito era venuto il momento di far gli ultimi affari svendendo la
merce invenduta, di lasciar gli scarti per terra per la gioia dei miserabili e
dei pezzenti e dei bambini abbandonati a se stessi e di far i conti e quindi di mettere in mano al nano del cielo le tre
parti che gli erano dovute.
De Reditu Suo
Allegoria della seconda Repubblica
Quinto foglio
Quando le ombre della sera si
allungarono e annunziarono la notte tornò il Nano con la sua veste da medico
degli appestati e assieme a un personaggio vestito di oro, di nero e di rosso
con una maschera da antico attore di teatro sul volto, lo presentò come il suo cassiere e assieme a lui prese le tre
parti del compenso che finirono in una borsa di pelle marrone e vennero le
somme versate annotate in un registro. Erano una coppia molto buffa un essere
piccolo e vestito da medico degli appestati e un tale spilungone vestito in
modo eccentrico che in modo cerimonioso s’inchinava quando doveva aprir la
borsa per far cadere i denari e annotava con scrupolo le somme. Quando la
coppia andò via i mercanti, gli ambulanti, i ciarlatani e i barrocciai
iniziarono a contare il guadagno che gli era rimasto fu allora che cominciarono
a farsi sempre più intensi dei suoni. I garzoni stavano riponendo le merci sui
carri e tutti erano prossimi a partire quando dal pozzo posto su un lato della
piazza emerse una sorta di fantasma. Era lo spirito del pozzo, chi fosse stato
davvero non era noto, o forse i paesani stanchi di ricordare la gente onesta l’avevano
dimenticato, o forse lui stesso aveva perduto il suo nome poiché e cose
cambiano e gli umani non restano mai gli stessi. La sua apparizione destò
ilarità e divertimento da tempo era noto che il fantasma era ridotto solo ad
essere una vuota voce che si perdeva nella notte e che sibilava al calar delle
tenebre. Così andò profetando l’antico spirito:”Malvagi, cosa avete fatto!
Avete dato la dignità del potere a un
nano maligno, deforme e maledetto per le sue magie, a un essere empio dalla
lingua bifida come i biscioni che strisciano nella nera terra. Avete dato a
costui la dignità di Cesare quando gli avete ceduto la parte che spetta al podestà,
l’avete onorato come l’Altissimo dando ad esso la parte che spetta al
Monsignore e infine dando la parte vostra dedicata a Iddio avete tributato
culto a un essere maligno composto di pietra, ossa, carne e sangue. Cosa
credete di aver fatto. Io so perché siete così iniqui, perché deridete questa
voce che sibila nella luce che muore di questo giorno, perché disprezzate così
tanto la vita e tutto ciò che è sacro. Io so che voi siete già morti, ombre
spente di un mondo che non c’è più, avidi esseri travolti dal mutare delle cose
che voi stessi create con il vendere e il comprare, voi avete distrutto il
vostro piccolo mondo umano per avidità e oggi vi prostrate per una fede
interessata e meschina al nano che è sceso dal monte a mostrare a tutti le
nostre deformità morali e la perversione dei nostri costumi. L’animale che ha spezzato, segato, diviso e
fatto portar via dai suoi servi infelici era una nobile bestia, voi tutti
l’avete ammirata e in altri tempi e l’avete posta a tirar il carretto con
l’immagine del patrono, l’avete vista alla destra del Podestà e a sinistra del
Monsignore. Adesso che avete rinnegato la vostra antica fede la morte ha mutato
ciò che era nobile e vivo in un corpo senza vita e decomposto. Solo voi date al
nano del cielo il potere di decidere sul giorno del mercato, di prendere ciò che
è di Dio e ciò che è di Cesare; la vostra discordia è il suo potere, e al suo potere
oggi avete tributato culto. Malvagio è colui che prende ciò che non è suo e
despota colui che compensa con i beni altrui i suoi favoriti, voi siete stati
despoti e malvagi contro voi stessi. Siate dunque maledetti e possa il vento
che soffia sulle vostre porte e sulle vostre finestre ricordarvi ogni notte la
malvagità della vita vostra.”
Dopo aver sibilato le sue
maledizioni il fantasma ritornò nel profondo del pozzo. I mercanti e gli
ambulanti non avevano più nulla da fare in quel luogo, accesero le loro luci e
le loro lanterne e si misero in cammino, lentamente perché la stanchezza era
tanta, i passi pesanti e la strada lunga.
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