30 settembre 2014
Sintesi: Il Maestro - secondo atto - ricordo di un maestro di judo
Stefano Bocconi: Vero.
Maledettamente vero. Questa nostra società è priva di un punto
fermo. Di un centro su cui convergono quelli che una volta erano i valori e le
tradizioni. Mi chiedo come si possa
riconoscere un buon esempio, un buon insegnante, un… Non
so. Ditemi un po’ come la pensate.
Paolo Fantuzzi: Un
punto fermo diverso dal conto corrente. Chiedi molto. Oggi che la vecchia
società è disgregata e disfatta manca proprio il terreno su cui dovrebbe
poggiarsi un sano insegnamento o un vero discorso sul mondo. Qui nel nostro tempo tutti i valori o sono
oggetto di commercio o sono relativi, di conseguenza solo la legge nel senso
della polizia e del tribunale può tener assieme una società disfatta sul piano
sociale e priva di valori condivisi. Va da sé che tribunale, polizia,
burocrazia sono poteri, sono poteri dello Stato e quindi le minoranze che controllano
lo Stato sono il nuovo Potere che governa senza autentiche forze d’opposizione.
Quello che salva un po’ la gente comune da una più grande oppressione è che
queste minoranze al potere sono divise fra loro e piene di contrasti e spesso
non riescono a far morire il vecchio per creare il loro mondo. Lavorare per una
società umana disgregata è stato un loro successo, ma nello stesso tempo non
son riusciti a metter assieme i pezzi. Bravissimi nel dividere e nel
frammentare e nel trarre profitto da leggi svuotate di senso e da società in
disfacimento ma pessimi nel costruire un loro mondo stabile e forte. Questa per
me è la decadenza di oggi. Questo tempo di decadenza è reso più amaro dal fatto
che c’è poca speranza, non si comprende come possa determinarsi un futuro
migliore. Inoltre se si guarda sul serio il futuro si notano che queste guerre nuove
e spettacolari fatte di spedizioni militari, lotta al terrorismo, lotta agli
insorti e chi più ne ha ne metta s’avvicinano ogni anno sempre più
pericolosamente ai confini dell’Europa e di riflesso del Belpaese.
Franco: Infatti eccoci qui a lamentarci. Almeno nel
medioevo le confraternite potevano fare una bella e collettiva recitazione di
preghiere e processioni varie allo scopo di incorrere nella benedizione e
nell’intervento della Madonna e dei santi. Vi ricordo che è l’essere umano colui che dà
senso alla sua vita, e in questo giudizio e personale convinzione sono
confortato dai numerosi testi di religione e mistica che ho letto e studiato. Quindi
anche se l’evidenza ci comunica la nostra marginalità davanti ai grandi poteri
del mondo occorre ammettere che esiste uno spazio interiore che è il primo
luogo da liberare e da far nostro. Ripeto. Occorre prima liberarsi dal
pregiudizio e dalla pigrizia e dall’ignoranza, e dopo si potrà costruire un
proprio sapere e una propria visione del mondo umano e della natura. Oggi i molti desiderano e vogliono comprare verità
preconfezionate, seguite da qualche evidenza, da immagini edificanti o
terrorizzanti. Insomma chiedono non percorsi spirituali o culturali da seguire
e su cui impegnarsi ma miracoli, profezie di santoni, magie facili e popolari,
in una parola illusioni. Di sicuro occorre qualcosa di più di qualche
illusione, di qualche gioco intellettuale per trovare un punto fermo nel
divenire delle cose di oggi.
Vincenzo Pisani:
Scusate ma ho l’impressione che sia opportuno tacere. Sento che al tavolo del
professore stanno parlando di qualcosa di simile. I maestri di arti marziali
stanno ragionando del loro maestro defunto. Credo ci riguardi. So che non è da gran signori. Ma intuisco che sia opportuno
ascoltarli facendo finta di niente. Aspettate sta arrivando anche il capo.
Il padrone del locale: signori tra poco
faccio portare la bistecca, ho preso dei bei pezzi dal mio fornitore, per voi
ho messo a cuocere la migliore. Aspettate
e sarete ben serviti, la faccio semplice ma buona.
Clara Agazzi:
Questa bistecca è più che altro vostra.
Paolo Fantuzzi: Aspettate
un momento mi pare che al tavolo in fondo il tuo amico il professore stia per
prendere la parola. Ci vuole altro vino. Altro vino per favore!
Stefano Bocconi:
Accidenti sono confuso. Mangiare o ascoltare. Non riesco a far bene tutte e due
le cose.
Franco: Fate
quel che vi pare, per quel che mi riguarda voglio proprio sentire cosa dice.
Si sente la voce del professore. Si rivolge
ai maestri e ai vecchi allievi del suo defunto maestro di Judo.
Ora voi avete rammentato il maestro
ricordandolo in molti modi. Ora poiché tutti avete parlato e raccontato
qualcosa adesso tocca a me. Confesso un certo imbarazzo perché devo scendere
nei ricordi personali, proprio come avete fatto voi. Questo è necessario per sviluppare il mio discorso. Il mio ricordo
è questo ed è molto lontano nel tempo. Ero nei primi anni dell’adolescenza
quando stanco per l’allenamento e l’esercizio cercai di andar via dal tappeto.
Il maestro mi fu subito addosso e mi disse che dovevo restare, perché ero sul
tappeto e non potevo andar via. Sarei andato via quando lui l’avrebbe
stabilito. Quella per me fu una lezione importante di vita. Perché in quel caso
il carisma del vecchio Ivo fece il suo effetto. Mi resi conto allora che nella
vita, anche nei fatti apparentemente banali, ci sono dei momenti nei quali non
ci si può sottrarre, non ci si può ritirare o nascondere dietro una scusa. Non
si può uscire dal tappeto quando fa comodo. Questa è la morale di questo
ricordo. E qui devo tornare su una cosa che era un po’ sospesa nei vostri
discorsi. Ossia la differenza fra un comune docente e un maestro. Il maestro
diventa parte della propria esperienza di vita. Questo non sempre si può dire
del docente, dell’insegnante, del professore i quali sono figure che
istruiscono, che giudicano, che formano ma non sempre sono maestri. Questo
perché la figura tipica del maestro che oggi onoriamo è per l’allievo
formazione del fisico, del carattere, è stare dentro le regole del judo,
seguire la vita di palestra, è esperienza viva e concreta che si trasmette e si
fortifica nelle prove, nelle competizioni, e nella pratica sportiva. Il maestro è più di
una somma di risultati sportivi o di ricordi di tempi passati, è parte della
costruzione fisica e mentale di un praticante di arti marziali. Il docente. Il
professore è una figura che è simile al maestro sotto molti punti di vista ma che spesso non ha il carisma, o le
condizioni, o la cultura, o l’ambiente giusto e ovviamente la considerazione
per assumere l’importanza che ha la
figura del maestro di arti marziali verso i suoi allievi. L’insegnate spesso è una figura di passaggio nella
vita dell’adolescente e di solito non si tratta di una scelta. Per caso questo o
quello in qualità di docente entra nella vita di ciascuno. Il maestro di judo si
segue o si lascia. Quindi c’è differenza fra i due casi.
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