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19 settembre 2016
Una ricetta precaria N.20
Ricetta precaria
20.
Venti, venti volte bischeri
L'odore
dell'estate. Quante volte torna il ricordo di vacanze felici. Magari
perché per una cosa o l'altra non ci siete neppure andati e magari
questo vi ha provocato qualche lieve disturbo epatico. Si sa che il
buon fegato subisce alcolici e farmaci, ossia il combinato tipico di
un umano in crisi o con qualche sofferenza. Magari per questioni di
lavoro, soldi, crisi di nervi, abbandono della dolce metà e cose
simili siete rimasti al caldo a dar capocciate al muro. Cosa comune
a molti, del resto, di questi tempi di crisi di senso e di
quattrini. In fondo il ritorno in vacanza è la ricerca di una pace
e di una condizione di soddisfazione, la ricerca spesso di emozioni e
luoghi già noti e frequentati. In questa penisola di solito il
ritorno sullo stesso luogo di villeggiatura ha l'odore prepotente di
un accrocco irragionevole di odori dolciastri e fruttati che cerca di
sconfiggere il caratteristico odore del mare e della pineta. Mi
riferisco alle varie miscele per abbronzature e protezione dalla
radiazione solare. Ora per ritornare sui passi perduti nello spazio e
nel tempo occorre mettere assieme odori e cibo.
Il
tempo giusto per questa
ricetta è quando l'estate è praticamente finita ma si trova ancora
qualcosa in termini di
frutta che la ricorda.
Dunque c'è bisogno di pesche, uva, popone, una o due susine, noci e
pinoli, se avete una mela buttate pure quella. Lo scopo è fare una
macedonia con qualche pretesa, per riuscire bene lavate ovviamente la
frutta e poi fatela a pezzetti non troppo grossi e buttate tutto in
una ciotola. Su un piattino avrete messo una quantità non grande di
pinoli e noci spezzate, rovesciate tutto quanto sopra la frutta. Per
il tocco finale un po' di uva passa e se c'è un bicchiere di vino
rosso per amalgamare, non affogate però la cosa nel vino sennò
farete la figura degli etilisti a tavola. Il
risultato sarà una roba strana che vi ricorderà l'uso della
macedonia e della frutta in generale nei pic-nic dei mesi di
luglio-agosto. Il vero colpo di genio per il nostalgico degli anni
passati e di tempi migliori
è di aggiungere una
fragranza al cocco mischiata
astutamente ad altri elementi dal forte odore che
ricordi l'odore un po' insolente delle varie tipologie di olio solare
e abbronzanti e affini che sono il dato olfattivo inconfondibile
delle ferie di massa sulla spiaggia libera
e popolare dove vi siete
mischiati a quella parte della gente del Belpaese che difficilmente
trova posto nell'area VIP.
Se si possiede un bruciatore
d'essenze si può arrivare allo scopo con una scelta appropriata,
altrimenti il consiglio è spalmarsi qualcosa sulla faccia. Questo
però potrebbe guastarvi le relazioni sociali se invitate della
gente, quindi il consiglio è
dotarsi di un bruciatore d'essenze. Il quale può avere il buon gioco
di attutire con odori forti l'esito disastroso delle diverse imprese
culinarie nelle quali vi cimenterete.
E
anche stavolta avrete risolto
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16 febbraio 2015
Riedizione di una sintesi
L’Italia e la ricostruzione della memoria pubblica
DI I. Nappini
Alcuni anni fa avviai una riflessione sulla costruzione dell’identità italiana.
Oggi in tempi di crisi del sistema di produzione e consumo In Europa e negli
USA e di guerre non più episodiche ma integrate nel sistema finanziario e dei
complessi militar-industriali delle grandi potenze a vocazione imperiale emerge
la fragilità politica e di sistema del Belpaese.
Questo ripubblicazione vuole dare un contributo di pensiero intorno alla questione
della complessità dei processi che definiscono la memoria pubblica e
l’appartenenza di un privato a una comunità umana. Presento qui uno schema
storico.
1861 - Il Risorgimento
L’avventura dell’Italia Unita si apre a grandi speranze di gusto romantico per
via della presenza di grandi eroi ottocenteschi come Mazzini e Garibaldi. Il
Regno Unitario che si costituisce, e che è privo di alcune regioni del
nord-est, si presenta come un nuovo Stato Nazionale su cui sono collocate molte
speranze non solo italiane.
1861 - 1876 La destra Storica al potere
L’Italia passa dalla poesia alla Prosa, al posto dei grandi ideali – la poesia-
emerge l’evidenza di un Risorgimento tormentato e contrastato, di una Nazione
giovane con grandi masse popolari e contadine povere e poverissime, di classi
dirigenti insensibili alle sofferenze quotidiane dei loro amministrati e di un
popolo italiano tutto da costruire e da istruire. Intanto il brigantaggio è
represso con estrema durezza e grande è la distanza fra la maggioranza degli italiani e le minoranze al
potere di estrazione sociale aristocratica o borghese.
1876 - 1887 La Sinistra Storica
La sinistra storica constatando la distanza enorme fra paese legale e paese
reale, fra sudditi del Regno d’Italia e la minoranza di ricchi e di nobili che
di fatto governa il paese e ha i diritti politici cerca di avvicinare le masse
popolari con riforme sociali ed edificando monumenti agli eroi del Risorgimento
e attuando titolazioni patriottiche di piazze e vie. Intanto l’emigrazione italiana
verso il Nuovo Mondo si presenta come un fenomeno inedito che coinvolge milioni
d’Italiani. Tuttavia per la prima volta la minoranza al potere si pone il
problema di nazionalizzare e istruire le masse che costituiscono il popolo
italiano.
1887 - 1896 L’età Crispina
L’età Crispina segna l’emergere di una minoranza politica autoritaria con forti
legami con i grandi industriali del Nord e i latifondisti del Sud. Da una lato
aggredisce con estrema violenza poliziesca le manifestazioni di protesta operaie
e contadine dall’altro coltiva un nazionalismo aggressivo e colonialista che fa
presa sui ceti medi, la nuova formula di creazione degli italiani fa leva su
riforme di carattere giuridico, amministrativo e sociale. La disfatta coloniale
dell’esercito italiano ad Adua fa emergere sia un nazionalismo esasperato sia
forze socialiste diffidenti e ostili al concetto stesso di Nazione. Emerge
l’impegno politico dei cattolici in quel momento culturalmente ostili alle
minoranze "liberali" che esercitano il potere in Italia.
1898 - 1900 Sangue e fango sull’Italia.
L’età Crispina cessa al momento della disfatta coloniale, la protesta sociale è
soffocata nel sangue anche nella civilissima e industrializzata Milano dove l’esercito
spara con i cannoni contro donne e bambini in sciopero. La repressione sociale
è durissima, l’idea risorgimentale di fare gli italiani è di fatto spenta. La
politica diventa terreno di terribili contrasti, per evitare la disgregazione
delle libertà fondamentali l’opposizione ricorre all’ostruzionismo
parlamentare. Su questo biennio di sangue e fango cade il regicidio del 1900
per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.
1901 - 1913 L’Età di Giovanni Giolitti
L’età di Giovanni Giolitti segna un periodo di riforme e di progresso sociale,
economico e industriale che trasforma lentamente ma inesorabilmente l’Italia in
una potenza regionale dotata di una propria potenza militare e industriale
anche grazie alle innovazioni della Seconda Rivoluzione Industriale e fra
queste l’energia elettrica. Le proteste contadine nel sud sono represse, si
registrano aperture politiche e sociali alle forze sociali e operaie nel Centro -
Nord.
Emerge l’impegno politico dei cattolici fino a quel momento culturalmente
ostili alle minoranze che esercitano il potere in Italia. Il suffragio
universale maschile è un fatto, c’è la possibilità di avvicinare le masse
popolari alla Nazione nonostante la presenza fortissima di una cultura
cattolica e socialista diffidenti verso lo Stato Nazionale e le sue classi
dirigenti.
1914 L’Italia del Dubbio.
L’Italia è l’unico paese fra le potenze d’Europa che evidenzia una massa
popolare ostile all’entrata nella Grande Guerra, il grande massacro scientifico
e industrializzato che riscriverà la storia del pianeta e della civiltà
industriale. Giolitti è ostile al conflitto che comporterebbe il rovesciamento
dell’alleanza con il Secondo Reich e l’Impero d’Austria - Ungheria, il
parlamento è contrario alla guerra, il popolo freddo e diffidente, i ceti
borghesi impauriti. Solo una minoranza di nazionalisti di varia origine è
favorevole per spirito d’avventura; la Corona per motivi di prestigio
internazionale e di potere è orientata a stracciare l’alleanza e a dichiarare
la guerra. La guerra è dichiarata forzando la volontà della maggior parte degli
italiani e dello stesso parlamento.
1915 - 1918 L’Italia della Grande Guerra.
L’Italia in tutte le sue articolazioni sociali paga un prezzo spaventoso al
conflitto mondiale imposto da una minoranza politicizzata di nazionalisti e di
estremisti politici e di piccoli gruppi
d’affaristi e industriali a tutto il
resto della popolazione della penisola. I morti sono più di Seicentomila, tutta
l’Italia è coinvolta, lo sforzo è enorme e ipoteca il futuro del paese a causa
dei grossi debiti contratti e delle perdite umane, quasi tutte le famiglie
italiane direttamente o indirettamente sono toccate dal conflitto.
1919 - 1920 Il Biennio rosso
L’influenza della rivoluzione d’Ottobre e della presa del potere Comunista in
Russia determina e la resa dei conti fra le forze politiche e sociali dopo la
Grande Guerra determina un periodo di forte scontro sociale con accenni
rivoluzionari che porta all’occupazione delle fabbriche e di alcuni latifondi
incolti da parte delle masse popolari arrabbiate e impoverite. Il mito della
rivoluzione Bolscevica e la disillusione per la Vittoria Mutilata sembra
spegnere qualsiasi progetto di creare un senso collettivo di appartenenza alla
Patria. Emerge la reazione armata e terroristica fascista che intende imporre
all’Italia intera la sua concezione di Patria e di Stato, una concezione
mutuata dalla propaganda di guerra e priva, allora, di spessore filosofico e
ideologico.
1921 - 1922 Lo squadrismo e il Milite Ignoto
L’influenza della rivoluzione sovietica sulle masse operaie e contadine rimane
forte nonostante i limitati e parziali risultati sindacali del biennio rosso.
Nel 1921 il governo decide di procedere al rito dell’inumazione del Milite
Ignoto al Vittoriano a Roma. Tale rito coinvolge tutta l’Italia e mette le
opposizioni in difficoltà presso l’opinione pubblica sinceramente commossa per
quel simbolo che rappresenta, ad oggi, i circa 600.000 morti della Grande
Guerra. Si moltiplicano preso associazioni, parrocchie, istituzioni anche
scolastiche le attività per ricordare i caduti della Grande Guerra con lapidi,
cippi, targhe, monumenti. Il nazionalismo e la sua simbologia riprendono la
scena pubblica. Intanto le squadre fasciste aggrediscono e disorganizzano il
movimento operaio mentre Mussolini con una operazione trasformistica sulla
destra Giolittiana riesce a far eleggere in
parlamento 35 deputati. Giocando sul tavolo della legalità e su quello
dell’illegalità Mussolini cerca una via per arrivare alla presa del potere
presentando il fascismo come il movimento salvatore della Nazione uscita
vittoriosa dalla Grande Guerra.
1922 - 1924 Il Fascismo al potere
Mussolini riesce a trasformare i Fasci di Combattimento in una forza politica
autorevole che ha rapporti con il Vaticano, con la Corona, con l’Esercito, e
con la grande industria italiana. Nell’Ottobre del 1922 con un finto colpo di
Stato derivato dalla “Marcia su Roma” comincia a costituire un modello di Stato
che deve sostituire quello liberale e giolittiano attraverso un governo di
coalizione che trova ampio consenso in parlamento. L’idea è usare il fascismo
per creare lo Stato fascista che deve a sua volta creare l’italiano nuovo. Il
fascismo manipola la scuola, lo Stato, i riti pubblici per arrivare al suo
scopo politico. Sul breve periodo hanno particolare rilievo l’istituzione dei
Parchi della Rimembranza dedicati ai soldati morti nella Grande Guerra che
vedono la partecipazione attiva delle scolaresche d’Italia per merito del
sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi.
1925 - 1935 Il Regime fascista
Il 3 gennaio del 1925, dopo una crisi politica durissima dovuta all’omicidio
del leader dell’opposizione Matteotti, Mussolini sfida apertamente il
sistema parlamentare e riesce a schiacciarlo con il discorso del 3
gennaio; data che segna anche
dell’inizio della dittatura. Il fascismo come regime cerca di creare il suo
italiano ideale militarizzando la scuola pubblica, determinando riforme
sociali, trasformando il partito in istituzione, plagiando al gioventù e
distorcendo la vita quotidiana sulla base della sua demagogia patriottica.
L’Italiano del futuro dovrebbe essere l’italiano del fascismo, ma il fascismo
deve di volta in volta attuare dei compromessi politici e sociali che riducono
la forza di persuasione che può esercitare sulla popolazione italiana. Il concordato
fra Stato e Chiesa Cattolica del 1929 aiuta il consolidamento del Regime e
limita le possibilità d’azione delle opposizioni.
1935 - 1939 Anni Ruggenti
Il fascismo appare vincente. Crea l’Impero a danno delle popolazioni
dell’Etiopia che vengono aggredite e conquistate, sfida i grandi imperi
coloniali d’Europa e la Società della Nazioni. Il prezzo per questa operazione
è il legarsi ai destini del nuovo regime nazista che ha proclamato al fine
della Repubblica di Weimar e la nascita del Terzo Reich. Hitler e Mussolini
s’impegna nella guerra di Spagna, emerge una diffidenza fra gli italiani e il
regime, stavolta la guerra del regime è ideologica e non nazionalista e
colonialista, iniziano le prime smagliature nel consenso verso Mussolini e il
fascismo. Tuttavia sul momento le vittorie in Etiopia e Spagna spengono tanta
parte del dissenso. Intanto Hitler stipula un effimero e non sincero trattato
d’amicizia con l’Unione Sovietica per evitare la guerra su due fronti e
iniziare la Seconda Guerra Mondiale con l’aggressione alla Polonia.
1940 - 1943 La guerra Fascista
Il fascismo e il suo Duce Mussolini s’impegnano nella guerra mondiale al fianco
del Giappone e del Terzo Reich ma le forze armate italiane son mal
equipaggiate, peggio comandate, guidate senza una strategia di guerra chiara e in generale il morale è basso. L’Italia
fascista e monarchica dimostra di non essere in grado di sostenere il conflitto
pur essendo una delle tre potenze principali dell’ASSE. La guerra si complica
con l’entrata nel conflitto della Russia Sovietica e degli Stati Uniti e costringe il Regio Esercito Italiano a uno
sforzo superiore alle sue possibilità militari. Le disfatte del biennio 1942
-1943 in Russia e Africa e l’invasione del territorio italiano da parte degli
Anglo-Americani determinano la caduta del fascismo e la resa incondizionata del
Regno d’Italia nel settembre del 1943.
1943 - 1945 La Resistenza
Si formano due stati in Italia, uno monarchico a Sud e uno Nazi-fascista a
Nord. Uno controllato da Hitler e denominato Repubblica Sociale di cui è leader
Mussolini appoggiato da una schiera di fanatici fascisti e l’altro sotto il
controllo degli alleati. Si formano nell’Italia Centro-Settentrionale le forze
armate partigiane antifasciste malviste dagli alleati per via della componente
comunista e socialista. L’Italia diventa così un campo di battaglia, l’unità
nazionale è dissolta, gli italiani si dividono e si combattono fra loro. Il
futuro è incerto e legato alla prossima spartizione dell’Europa e del mondo che
sarà fatta dai vincitori del Conflitto mondiale secondo la logica implacabile
d’attribuire alla presenza della propria
forza armata sul territorio l’appartenenza di esso al sistema
capitalista o a quello comunista.
1946 - 1947 Il Dopoguerra
L’Italia dopo una difficile e contrastata votazione diventa Repubblica e
s’inizia a pensare alla sua ricostruzione. Intanto nel 1947 a Parigi le
speranze italiane sono deluse, il trattato di pace è punitivo la Resistenza non
viene valorizzata dai vincitori che ne hanno dopotutto tratto profitto, il
premier Alcide De Gasperi si trova a dover liquidare la pesante eredità
fascista e monarchica. Di lì a breve si romperà anche l'unità delle forze
antifasciste.
1948-1953 L’Italia Democristiana
L’Italia diventa democristiana, nell’aprile del 1948 il responso elettorale
punisce socialisti e comunisti e premia i democristiani legati agli Stati Uniti
e al Vaticano. L’Italia della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi fra
molte contraddizioni e tanti limiti cerca di legare l’economia all’Europa del
Nord e la politica estera agli Stati Uniti impegnati nella lotta contro il
comunismo. Si forma una Repubblica Italiana che esce dalle emergenze e comincia
a ritagliarsi un suo ruolo economico e politico in Europa e nel Mediterraneo.
1954 - 1963 Il Miracolo economico
L’Italia si trasforma in civiltà industriale, le antiche culture contadine,
rionali, cittadine, popolari iniziano a dissolversi. Quanto di antico e di
remoto aveva fino ad allora limitato l’azione propagandistica dei nazionalismi
fascisti e monarchici si dissolve. L’Italia si trasforma rapidamente e aldilà
della volontà delle classi dirigenti timorose di non controllare più la
mutazione sociale ed economica in atto. La criminalità organizzata intanto
diventa una potenza economica e politica nel Mezzogiorno d’Italia.
1963 - 1968 Il primo Centro-Sinistra
L’Italia è governata con il contributo del Psi, inizia una stagione di riforme
volta ad aiutare i ceti popolari, a riequilibrare le differenze sociali, a
migliorare la scuola pubblica, nasce la scuola media. Ma i tempi sono aspri, il
contrasto fra comunismo sovietico e regimi capitalisti è durissimo e il
riflesso in Italia è pesantissimo. Intanto la televisione inizia a
rideterminare e a formare la comune lingua italiana. Emerge la distanza enorme
fra cultura alta e fra le masse popolari avviate al consumismo acritico e una
ridefinizione di sé sulla base degli stimoli pubblicitari della società
mercantile. Pasolini denunzia la trasformazione degli italiani da cittadini a
consumatori e la nascita di un nuovo Potere, con la P maiuscola, diverso da
quello che si è manifestato nel primo Novecento ma non meno insidioso e
totalitario.
1969 - 1976 L’Italia della Strategia della tensione
L’Italia paga un prezzo spropositato alla miopia politica delle minoranze al
potere e alle mire politiche degli stranieri, la contestazione di carattere
sociale diventa durissima emerge un terrorismo italiano di destra e di sinistra
inserito nelle logiche degli ultimi anni della guerra fredda. Per l’Italiano
contano due sole identità quella, spesso opportunistica, derivata
dall’appartenenza politica e quella data dalla propria collocazione entro i
parametri della società dei consumi. Pasolini muore atrocemente in circostanze
non chiare il 2 novembre 1975.
1976 - 1990 L’Italia di Craxi
Craxi diventa il leader indiscusso del PSI e l’ago della bilancia della
Repubblica, con la presidenza Pertini avviene un fatto inaudito: la distanza
fra masse popolari e potere politico, il famoso Palazzo si riduce. In questi anni
aumenta il consenso per il PSI e per i partiti di governo mentre il PCI viene
ridimensionato e l’Italia ascende al rango di potenza globale. Questo ha però
un rovescio della medaglia: corruzione, clientelismo, disgregazione di ogni
morale e di ogni valore sociale o umano, pesante indebitamento dello Stato,
ingerenza di poteri illegali nella vita pubblica del paese. Il Craxismo
dominate esprime una labile forma di nazionalismo garibaldino che cerca di
collegarsi alle antiche glorie risorgimentali.
1991 - 1994 L’agonia della Prima Repubblica
L’Italia di Craxi si decompone, la crisi politica e morale della Repubblica
italiana è evidentissima e le inchieste giudiziarie travolgono, disfano e
umiliano i grandi partiti di massa che cambiano nome e ragioni ideologiche o si
dissolvono. le novità internazionali successive alla Prima Guerra del Golfo del
1991 tendono a determinare il governo mondiale di una sola grande potenza gli
USA e lo spostamento dei grandi affari internazionali verso l’Asia e l’Oceano
Pacifico riducono l’importanza dell’Italia e del Mediterraneo. La confusione
fra gli italiani è enorme perché i vecchi punti di riferimento si dissolvono.
1994 - 2000 L’Italia della Globalizzazione
Berlusconi e il suo schieramento di centro-destra e i raggruppamenti eterogenei
di centro-sinistra sono i protagonisti della vicenda politica italiana.
L’identità italiana malamente formata negli anni della Repubblica attraverso il
mutuo riconoscimento dei partiti usciti dalla realtà della Resistenza e della
creazione della Repubblica inizia a dissolversi. Lentamente si forma un quadro
politico fra due grandi raggruppamenti politici contrapposti che sconfessa la
molteplicità della identità politiche di parte e la crisi sociale creata dai
processi di globalizzazione dissolve le identità legate al benessere e al
facile consumismo. L’identità italiana sembra disgregata in una miriade di
suggestioni pubblicitarie e demagogiche e dominata da una cultura mercantile
del consumo e del possesso di beni superflui. Intanto la situazione
internazionale peggiora partire dalla guerra del 1999, si determinano nuove
potenze imperiali che contrastano gli Stati Uniti.
2001 - 2011 L’Italia della crisi globale
Il progetto di creare un Nuovo Secolo Americano pare dissolversi fra le dune
irachene e le montagne afgane (e di recente fra i deserti della Libia e le
foreste dell'Ucraina). Nel periodo che va dal 2003 AL 2011 gli USA sono
impegnanti in due guerre logoranti contro insorti e terroristi in Medio Oriente
e Asia, l’Italia partecipa con sue forze a "operazioni" in Afganistan
e Iraq. La globalizzazione rallenta, le logiche imperiali sembrano più forti
dei grandi interessi commerciali e finanziari, intanto emergono i guasti
politici e sociali legati ai processi di globalizzazione. L’Identità italiana è
oggetto di dibattito pubblico segno della sua difficoltà a collocarsi in questi
anni difficili con le proprie ragioni e la propria autonomia.
2011-2014
La cronaca di questi anni vede irrisolte le questioni di fondo di un Belpaese
che ha difficoltà a ritrovare se stesso e di una situazione internazionale resa
sempre più grave e pericolosa da disastri ecologici, guerre di guerriglia e per
procura, crisi finanziaria internazionale, decadenza e discredito delle
istituzioni democratiche nell'Unione Europea quest'ultime evidenze manifestate
da risultati elettorali che premiano forze di netta contestazione dell'ordine
costituito e delle politiche neoliberali. La questione dell'identità
collettiva degli italiani appare ad oggi irrisolta.
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23 novembre 2014
Sintesi: Il Maestro - secondo atto - ricordo di un maestro di judo II
Adesso che ho mostrato la principale
differenza fra la figura del maestro e quella del docente passo a considerare
un secondo aspetto ossia la volontà. Seguire un maestro, i campioni che lo
fanno per carriera e per denaro non sono parte dell’esempio, è impegnarsi con
il corpo e la mente in una disciplina sportiva. Un giovane e così anche un
praticante adulto si sottomettono a sforzi fisici e talvolta mentali con un
atto di volontà. Il maestro uniforma e disciplina all’interno della palestra le
mille e mille differenze che emergono
dai suoi praticanti e dagli allievi che intendono procedere con l’attività
agonistica. In questa condizione di mettere assieme i diversi livelli di
motivazione e d’esperienza emerge il suo carisma e il suo buonsenso nel dare
una direzione al lavoro di palestra. Quello
che spesso è il frutto dell’esperienza e del buonsenso nella scuola è regolato
da scadenze, programmi e da una burocrazia a tratti oppressiva. La mentalità
comune ignora solitamente quanto il mestiere dell’insegnare a scuola sia
vincolato a scadenze e procedure burocratiche. Non dico che sia giusto o
sbagliato. Dico che l’attività del maestro e del docente sono regolate da
principi diversi e si svolgono in contesti non sovrapponibili pur trattando
dell’educazione e della formazione
dell’essere umano. La burocrazia che regola una palestra esiste ma non ha la
natura e l’intensità della burocrazia
scolastica. Il maestro quindi può a mio avviso ritagliarsi un più ampio spazio,
può creare un suo stile di conduzione della palestra e arrivare al
raggiungimento dei risultati attesi con tempi e modalità suoi. Il lato
spiacevole della cosa è che egli è praticamente l’unico responsabile. Quindi i praticanti di un’arte marziale o di
una qualsiasi disciplina sportiva che si trasmetta per mezzo di un maestro
scelgono un percorso impegnativo per la mente e il corpo con la speranza di
ricavarne dei benefici fisici, mentali e
perfino spirituali. Benefici che sono collegati all’insegnamento del proprio
maestro di riferimento. In questa centralità di colui che insegna vedo il
tratto caratteristico del maestro di judo, ossia il carisma. Quella capacità,
che viene declinata in termini positivi, d’esercitare una forte influenza sulle
persone. In effetti senza una guida è improbabile che gli esseri umani
s’associno fra loro per fare cose difficili o percorsi di costruzione e
definizione della propria mentalità e della propria fisicità.
Clara Agazzi:
Questo professore è un po’ scolastico però mi pare che ci pigli. Certe cose le
descrive bene. Tuttavia mi pare che riveli un rapporto con il suo lavoro
contradditorio. Da un lato ne sottolinea l’importanza e dall’altro ne definisce
i limiti. Questa categoria del maestro di cui ragiona pare lo specchio su cui
si riflettono i limiti della scuola formale e burocratica.
Paolo Fantuzzi:
Aspettate. Qui devo dire qualcosa io. Ricordatevi in materia di sport di contatto
e arti marziali di una grande verità di cui tutti i praticanti e gli agonisti
del settore sono consapevoli: le botte fanno male. Per questo qui nel Belpaese certi
sport e le arti marziali hanno poco seguito. Lo sport quando praticato è
soddisfazione e fatica, ma per capire la mia affermazione pensate al pugilato o
sport minori ma simili. Oggi televisione, cinema, pubblicità commerciale non
fanno vedere lo sforzo della persona qualunque, la normalità della fatica
dell’uomo della strada. Televisione, pubblicità commerciale, cinema,
illustrazioni varie fanno vedere i
presunti VIP in barche di lusso, nei ristoranti e nei privè per gran signori,
al ricevimento di questo o di quello, nella villa del tal dei tali,
all’inaugurazione del locale esclusivo. Ovvia
conseguenza che tanta gente e la gioventù in particolare sia sviata da questi
messaggi ripetuti fino all’ossessione e fugga quanto è fatica, percorso anonimo
e silenzioso, costruzione di se stessi. Se l’esempio che gira nelle nostre
periferie cittadine è il ricco o il mammifero di lusso che si gode i soldi è
normale che l’impegno che ha come premio non il riconoscimento del singolo
presso un pubblico ma una sua crescita fisica e mentale sia evitato. Comunque
in questo discorso c’è questo che non mi torna: mi pare che in quelle parole si
voglia cercare un bene e un male che non stanno nella vicenda di tutti i
giorni. Il divenire del mondo non è bianco o nero come il colore dei pezzi
sulla scacchiera.
Stefano Bocconi:
Certamente hai della ragione dalla tua. Da anni mi chiedo se non siano folli
coloro che inseguono l’idea fissa di un bene o un male assoluto, come se bene e
male fossero sfere perfette, realtà metafisiche, enti angelici o demonici.
Eppure credo che sia lecito cercare oggi una qualche guida, beninteso. Oggi
come ieri occorre iniziare da qualche parte e darsi un punto fermo, un qualche
inizio. Se questa cosa può farlo un maestro come dice quello lì. Ma perché no?
Franco: Il
professore non si è smentito. Qui è bastato ascoltarlo dieci minuti e subito
son fioriti i distinguo, i dubbi, le approvazioni. Ma invito qui gli amici
tutti a pensare a quanto sia forte il peso specifico della quotidianità, della
noia, del vivere strascicandosi di qua e di là. Quella cosa che individuate
come esempio negativo della pubblicità è l’ordinaria banale conseguenza di un
mondo umano che si è impoverito ma che pensa se stesso come un mondo di
consumatori. Il desiderio stimolato fino al parossismo e al delirio di
consumare beni e servizi in assenza di una ricchezza autentica sul piano
materiale provoca nei molti disordine mentale, odio, paure irrazionali.
Immaginate questo: un tale per sue ragioni di lavoro è forzato a vivere
spostandosi per ore e ore in macchina in condizioni di traffico indecenti. Un
giorno si trova in campagna e rimane sconvolto. Non è quello il mondo nel quale
vive e capisce che qualcosa non va nel suo stile di vita, davanti a un prato fiorito
rimane come bloccato da un dolore al petto. Bene questa è la condizione del
traumatico risveglio dei molti che hanno fatto l’errore e d’identificarsi con
una delle tante illusioni indotte dalla pubblicità in relazione a donne
bellissime, consumi da signori, barche, ville, soldi facili e così via. Prima o
poi qualcosa si blocca, la dura realtà batte i suoi colpi e uno rimane con la sensazione di aver
inseguito il vento, di aver fatto volar via la vita rincorrendo un miraggio.
Stefano Bocconi:
Certamente è così ma non vedo il legame fra il tuo ragionamento e quello del professore.
Franco: Il professore credo che
stia ragionando intorno al fatto che occorre costruire se stessi, conoscere se
stessi per non cadere vittima delle
molte forme di manipolazione e degenerazione della presente civiltà industriale.
In questa opera di chiarimento interiore le figure dei maestri da cui si è
avuto una qualche impostazione e l’esempio
sono decisive. Riconoscere esempi
e insegnamenti e la propria origine è
l’inizio di una costruzione interiore e della fondazione propria immediata
consapevolezza di se stessi.
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2 agosto 2014
Sintesi: Il Maesto - secondo atto - Immagine e potere politico
Franco Fusaro: Questo è
vero. Destino collettivo e realtà concreta e quotidiana di solito coincidono.
Tuttavia è diverso il punto di partenza. Clara parte dal soggetto,
dall’individuo. Io da enti collettivi che seguono il loro corso storico secondo
natura.
Stefano Bocconi:
Lo ripeto. Vi capiscono forse una dozzina di persone in tutta la penisola. Tuttavia
cosa si fa per i primi. No dico! Siam venuti qui per il tortello di patate alla
pratese giusto?
Paolo Fantuzzi:
Certo. Si è scollinato per ore per cosa, per mangiare le tagliatelle?
Franco: Qui sono
buone anche le tagliatelle, comunque sia possiamo fare come fa di solito il
professore con gli amici, ossia una scelta di primi da dividere fra commensali.
Proporrei visto che siamo in cinque una scelta sui tortelli e sui ravioli.
Clara Agazzi: Calma
uomini. Almeno un primo vegetariano lo
esigo, siate signori!
Stefano Bocconi:
Io intanto liquido quel che avanza delle focacce. Olio. Buono anche l’olio con
un po’ di sale e pepe faccio una sorta di fettunta.
Vincenzo Pisani:
Consiglio di scegliere i principali piatti di tortelli e di dividerli secondo i
gusti, se volete parlo io con il padrone, mi conosce (sic). In fondo anche
questa è cultura, cultura gastronomica.
Franco: Già il
Belpaese è famoso per il cibo, sembra che siamo messi meglio degli altri in
materia.
Stefano Bocconi:
Assolutamente. Infatti copiano i nostri prodotti alimentari, si divertono a
imitare pizza, sughi, formaggi, salumi, tutto. Poi fanno una bella confezione
ci stampano sopra qualcosa di pacchiano che ricorda le nostre genti e lo
mettono nei loro supermercati. Fanno i soldi vi dico. I soldi veri. Dove sono
le nostre multinazionali nel settore alimentare? Chi le ha viste?
Paolo Fantuzzi:
Non lamentarti sempre. Cosa volevi essere? Un australiano che vende la pasta e
il vino rosso e magari la polenta fritta con il sugo di funghi?
Franco: Sulla
pasta non so. Per certo ti dico che il vino ormai è un prodotto dell’Australia,
e di sicuro l’enologia non è una cosa tipica né degli aborigeni e meno che mai
degli anglosassoni. Ma da tempo discuto e ho discusso con il professore e con
il Pisani qui sul fatto che all’estero non solo si copia ma spesso si prendono
cose che riguardano questo paese e si spacchettano, si scompongono e poi si
ricompongono per far mille prodotti. Alle volte basta poco: un campanile, un piatto
tipico, una torre del Rinascimento, un paesaggio tipico, un nome. Basta
prendere il riferimento, toglierlo dal contesto e il gioco è fatto. Una roba da
alchimisti del marketing. Devo dire che presto prendere ad altri qualcosa per
cambiargli di segno e sfruttarlo per i propri fini è tipico anche delle forme
della propaganda occulta o palese.
Clara Agazzi:
Questo tuo ragionamento ci porta dal cibo al quotidiano. Basta pensare che oggi
è possibile con le risorse multimediali togliere dal contesto delle immagini e
collocarle in uno diverso, con i fotomontaggi e i ritocchi si può creare una
vera e propria realtà illusoria. Pensate alle foto delle riviste di moda o alle
foto della cronaca scandalistica. Avete notato che in estate nelle foto dei paparazzi
che ritraggono i VIP che vanno al mare non piove mai. Anche con un’estate tormentata
dal maltempo le signore famose sono
sempre seminude in spiaggia con fidanzati, mariti, figli, manager,industriali e
gente del genere. La famosa nuvola dell’impiegato non esiste per loro ma solo
per i comuni mortali. Siamo talmente abituati agli stereotipi da essere prevedibili
per quel che riguarda la nostra immagine del mondo.
Stefano Bocconi:
Il falso tecnologicamente calcolato non é solo del commerciale in senso
stretto. Non c’è un solo settore dalla pornografia alla politica che si sottrae
alla manipolazione. Oggi la
manipolazione delle immagini, delle parole, dei contesti è costante. Da anni
vado maturando una sorta di reazione a questo schifo. Mi sento come se ogni
giorno qualcosa volesse trarmi in inganno, magari è solo un ritocco per provare
con qualche immagine a far passare nella mia testa un marchio o un prodotto.
Vincenzo Pisani:
Già a questo mondo poco conta arrivare a una propria verità e talvolta può
esser cosa imbarazzante o pericolosa. In realtà siamo in un mondo dove tanta
parte dell’umanità si compone d’ingannati e d’ingannatori. Ci si meraviglia se
in questo quotidiano tutto volge alla decadenza e alla corruzione? Comunque,
con il vostro permesso io ora farei l’ordinazione ovvero una scelta di tortelli
e ravioli della casa con ragù, ragù di cinghiale, burro e salvia, funghi,
pomodoro piccante. Cinque sapori per cinque commensali. Mi pare una cosa buona.
Poi sul vostro discorso volevo dire che dovete pensare anche ai luoghi comuni.
Quanti stereotipi abbiamo in testa? Per esempio i VIP. Ma perché devono per
forza stare al mare o sul veliero di turno. Ma uno di loro che se ne va in
Nepal o in Tibet a respirare l’aria rarefatta fra le nevi perenni in mezzo a
terre di ancestrale spiritualità? Una di queste attrici o presentatrici che sale sulle montagne più alte del mondo a
bere tazze giganti di tè con sale e
burro di yak non c’è mai? Non vi sembra una coazione a ripetere, anzi una
grande finzione? In fondo siamo noi comuni mortali del ceto medio, ma anche
medio-basso, che li vogliamo vedere così. Io per assurdo m’immagino che certi
di questi signori e di queste attrici, presentatrici, e Dio solo sa cosa, che
mollato il palcoscenico della spiaggia corrono con la valigia piena di
antibiotici e medicinali per lo stomaco verso il tetto del mondo o le rive del
Gange. In fondo per loro sarebbe questo un modo per distinguersi da noi banali
piccolo-borghesi che li scrutiamo dalle pagine di un rotocalco. Anzi, a pensarci bene è di gran lunga più esclusivo e
degno di nota l’andare a giro con una borsa di antibiotici, antidolorifici, disinfettanti
che non quello che ritraggono di solito i paparazzi sulle spiagge di Sardegna e
Toscana e che finisce spessissimo sui
portali dei motori di ricerca.
Franco: Sagge
parole amico mio. In fondo i luoghi comuni sono armi comuni per tutte le forme
di propaganda e di plagio. Cosa c’è di meglio di uno stereotipo per far credere cose altrimenti soggette a critica, a
verifica, a serio esame. Con un luogo comune, con uno stereotipo, con immagini
ripetute migliaia di volte si raggiunge lo scopo, si crea un genere, si
costruisce una serie di discorsi. Funziona così anche la propaganda di guerra.
Pensate a l fatto che in fondo per creare l’immagine e la paura del nemico non sono necessari più
di dieci luoghi comuni sul nemico ripetuti migliaia di volte in forme diverse
da tutti i mezzi di comunicazione. Pensate solo al discorso banalissimo che si
fa di solito raccontando che il nemico uccide i bambini o che sevizia gli
animali domestici dei vinti. Funziona. Masse enormi di disgraziati finiscono
con credere a queste idiozie e a qualsiasi altra favola venga loro propinata. Il
che non vuol dire che in guerra non ci siano cani, gatti e bambini che vengono
accoppati, solo che essi sono un luogo comune facile da sfruttare da parte della
propaganda. Il potere politico in fondo è per motivi suoi di carattere
professionale. L’attività politica organizzata usa abitualmente slogan e luoghi
comuni per veicolare l’immagine del mondo che vuol far passare. Attenzione non
sempre l’immagine della realtà che il politico presenta è quella in cui crede
davvero, di solito il soggetto politico distingue fra ciò che deve far credere
agli altri e ciò che davvero sa. In fondo anche Machiavelli raccomandava a chi
volesse raccapezzarsi intorno alle intenzioni dei potenti di meditare sugli
atti concreti dei principi e dei re. Da ciò che è concreto nell’azione politica
spesso si deduce cosa davvero sa il politico e cosa davvero vede. Ma questo
vale anche per l’ordine delle cose attuale, occorre sempre vedere il lato
concreto dell’agire politico. La politica è un fatto concreto, non sempre lo è la
sua immagine costruita con arte e sapienza illusionistica.
Si sente
una voce: “Allora se il Pisani ha finito di chiacchierare verrei a prendere
l’ordine. Avete deciso? Le specialità
della casa. Bene. Subito questo foglio in cucina”.
Vincenzo Pisani:
Il padrone qui mi conosce, a suo modo è un tipo importante da queste parti. Uno
che si è fatto da sé. Poi c’è da ordinare il secondo. Che vogliamo fare pizza o
bistecca, chiedo al padrone di farci vedere che pezzi ha. C’è anche la
selvaggina se vi va. Qui son bravi un po’ con tutto.
Paolo Fantuzzi:
Certo che questo posto lo conosci davvero bene. Mi sembri uno di quelli che
fanno la pubblicità occulta e lasciano dei messaggi per far girare il nome del
prodotto per cui lavorano. Del resto oggi non è più necessario neanche far lo
spot basta far sapere e far ripetere che il VIP tal de tali ha comprato questo
o quello e l’effetto desiderato è raggiunto.
Vincenzo Pisani:
In gioventù quando ero studente ho lavorato nelle pubbliche relazioni. Comunque quelli di cui ragioni si chiamano
trendsetter, un termine inglese per indicare coloro che orientano o determinano
una certa moda specie nel vestiario o
negli accessori. Evidentemente coloro che sono già famosi e piacciano a un
vasto pubblico sono soggetti ideali per veicolare una moda, certi accessori,
certe merci della categoria dell’elettronica di consumo. Perfino gli snack
vengono lanciati sul mercato attraverso campagne pubblicitarie mirate che usano
i trendsetter,.
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30 luglio 2010
La natura seconda e le nostrane pietose finzioni
De
Reditu Suo - Terzo Libro
La
natura seconda e le nostrane pietose finzioni
La natura intima di questa
terza rivoluzione industriale sta mostrando il suo volto aggressivo e duro con
questa aspra e lunga crisi e con le nuove guerre. E’ una rivoluzione
industriale come le altre due precedenti
proprio come le sue sorelle cambia il mondo umano distruggendo ciò che è
stato prima e rimodellando il presente. Si tratta di un fenomeno noto per certi aspetti scontato nella sua
brutalità. Questa terza rivoluzione però ha un elemento di novità perché
colpisce con puntualità e brutalità il vissuto quotidiano e la cultura
rimodellandola secondo le sue esclusive necessità di profitto e di creazione
della propria potenza. Chi è ai vertici del processo ovvero gli esecutivi delle
potenze imperiali, i dirigenti massimi delle grandi compagnie finanziarie,
delle multinazionali, delle banche, la ristretta minoranza di miliardari con interessi
in decine di grandi compagnie è davvero felice perchè vede l’‘opera che crede
propria mentre prende forma nello spazio e in questo tempo, il resto degli
umani è materia vivente atta ad attuare o ad assistere questo titanico esperimento di ingegneria
sociale e di creazione di profitto e tecnologia. Questo esiste e si forma in anni
nei quali il Belpaese sembra impazzito, qui si ragiona di comunismo, fascismo,
antifascismo, e liberalismo come se il 2010 fosse il 1970. Oggi 21 maggio 2010 i giornali rendono conto del fatto che la
ricerca genetica è vicina alla creazione di forme di vita artificiale,
l’annuncio della avvenuta manipolazione
genetica con DNA artificiale di alcuni batteri viene dagli Stati Uniti ed è
nello spirito dei tempi. Questa rivoluzione industriale cambia addirittura non
solo il concetto di uomo e natura ma proprio la natura e l’essere umano nel suo
essere concreta realtà materiale dotata di vita propria. Davanti a quel che è
enorme e clamoroso vedo un dibattito politico stanco e infelice legato a cose
squallide e brutte come il coltivare antichi dissapori e miti perduti per
tenersi fette di elettorato pieno di idee confuse e nostalgiche da usare
strumentalmente come forza ausiliaria per vincere per qualche punto percentuale
lo schieramento politico avversario. La politica italiana degli onorevoli, dei
cavalieri al merito e dei commendatori da tempo non pensa più il tempo di tutti e si accontenta di amministrare
il suo tempo e se stessa e i suoi piccoli e grandi interessi; la grande finanza
non può per sua natura trasformarsi in un soggetto politico in grado di sostituire
i vigenti ordinamenti democratici e si accontenta di manipolare e indirizzare
la grande politica nazionale e internazionale. Le enormi masse di umani che
sono cittadini di Stati democratici devono cimentarsi con il problema di una
condizione di civile libertà ferita ripetutamente dalla crisi globale e dalle
diverse forme di autoritarismo che emergono in queste nuove guerre. Di fatto
non c’è indirizzo e controllo nella crescita del potenziale tecnologico, le
mutazioni anche notevoli e invasive come i telefonini tuttofare, internet o
l’E-book arrivano, si consolidano, mutano i rapporti umani e sociali e solo
dopo che la trasformazione è già irreversibile arriva il legislatore, il
moralista, il giornalista, il commento dell’uomo della strada. Non ci sono
forze in grado di determinare lo sviluppo di questa natura seconda ed essa
stessa non ha una coscienza o uno scopo: diviene ciò che può essere nel mondo
degli umani che abitano il pianeta azzurro e occupa tutti gli spazi vuoti.
IANA
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26 luglio 2010
Francone e la sua fiaba sulla politica nostrana
26 Lug, 2010
La fifa di Cesaretto l’equilibrista del Circo Italia
Scritto da: F. Allegri
| Pubblico questa cosa dell'amico Franco Alelgri certo di far cosa gradita,del resto è così meschina e triste la cronaca politca nel Belpaese. Per non cadere vittime della decomposizione morale e della tristezza malefica che si spande ovuneque è meglio esprimersi con fiabe e allegorie. Tanto...
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FIABE DAL MONDO DELLA
POLITICA
La fifa di Cesaretto l’equilibrista del circo Italia.
22/07/2010
Di F. Allegri
C’era una volta un povero circo. Era il Circo Italia, faceva un unico
spettacolo quotidiano ed aveva una sola star di grido: Cesaretto
l’equilibrista.
Il piccolo cesare, calvo con il reimpianto e avanti negli anni s’esibiva
ogni giorno con la sua lunga asta camminando su una corda tesa a pochi
metri da terra.
Lui aveva avuto una lunga carriera e molti successi, aveva i suoi fans e
anche molti detrattori, tra questi ultimi s’era diffusa (tanto tempo
fa) una diceria ovvero che al prossimo spettacolo sarebbe caduto.
Erano passati molti mesi e tutti attendevano questo benedetto
spettacolo, i detrattori ne discutevano nei bar e in piazza.
“Vedrai, stasera cadrà” disse uno di loro. Un altro replicò: “Hai visto
come era incerto ieri! Ha avuto un gran traballone”.
Il farmacista del paese che era sempre il meglio informato puntualizzò:
“Ha una fifa enorme!”
I detrattori trasecolarono per la sorpresa: “Come? Ma sei sicuro?”.
Lui replicò: “Me l’ha confidato uno dei suoi inservienti giorni fa.
Nessuno lo sa, ma Cesaretto non ha coraggio. E’ un fifone. La nostra
diceria lo distrugge piano piano”.
Il farmacista aveva radunato una folla e proseguì: “Ha paura di tutto,
ha paura di guidare l’auto e non ha preso la patente; vuole sempre gente
intorno e non sa stare da solo. Forse ha anche paura del buio e della
notte. Fa il gradasso solo davanti a un folto pubblico e quando sale su
quella maledetta corda, ma prima e dopo nel suo camerino ….. in preda al
terrore”.
Alla fine assestò il colpo decisivo: “Non ha mai fatto un duello con
altri equilibristi!”
In realtà c’era stata qualche piccola esibizione, ma mai con i campioni
di grido: aveva contrastato solo piccoli artisti di provincia o sul
viale del tramonto. C’era stata solo la sfida con Achille l’equilibrista
del circo di Mosca, ma questa si era verificata tantissimi anni fa e al
tempo lui era un debuttante di talento.
Oggi Cesaretto era il re della corda tesa, camminava sicuro con la sua
asta mentre la folla e l’orchestra l’accompagnavano con lo sguardo e
inni trionfali. Bastava che fosse solo! Per motivi misteriosi aveva
respinto ogni sfida: la vista di un rivale avrebbe rinfocolato le sue
profonde paure!
Intanto anche sulle tribune c’erano i detrattori in attesa, qualcuno
applaudiva, ma il gesto era forzato e tradito dal nervosismo.
La loro attesa si prolungava di un giorno ogni mattino: “Sarà domani!”
diceva qualcuno. E quel domani venne. Cesaretto s’era alzato presto, era
più turbato del solito, tante domande giravano per la sua testa: la
crisi del circo, i suoi ingaggi, gli stipendi da pagare ad orchestrali e
pagliacci; la paura di sbagliare cresceva.
Tante ossessioni giravano nella sua testa, i giornali non l’osannavano
come un tempo e lui avevano sempre odiato le critiche. Non aveva una
donna e nemmeno un’amica, di quelle vere intendo. Non aveva amici,
talvolta aveva pagato dei supporter…..
Con queste paure s’incammino verso il tendone, sentiva gioie e applausi
ed entrò.
Fu la sera della caduta. Era ……
“Mamma che giorno era?” Chiese il bambino curioso.
“Non c’è data Giacomino, questo libro è troppo vecchio” rispose la
mamma.
Liberamente ispirato allo scritto di M. Travaglio: “La fifa di
Silvio” del 23 marzo 2010.
FIABE PRECEDENTI
Dieci canti per Doppio Meridione
–
1 Le cronache di “Doppio Meridione”
2 Lo chiamavano Bipolarismo
3 Il Partito Del Penultimo Nome
4 Il mondo della politica al tempo della grande crisi
5 Il governo dell’uomo più ricco del paese
6 L’economia in crisi di Doppio Meridione
7 Il discorso di Prometeo Diogene detto Il Solitario
8 Sul commercio del “sale spezziato” a Doppio Meridione
9) Le capitali di Doppio Meridione
10) La tempesta nel bicchiere
|
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25 luglio 2010
La feccia che risale il pozo - considerazioni di Franco Allegri
Certo di far cosa gradita pubblico le recenti considerazioni sulla politica e l'informazione nostrana dell'amico Franco Allegri.
23 Lug, 2010
La feccia che risale il pozzo
Scritto da: F. Allegri
 Il Fatto Quotidiano
La feccia che risale il pozzo
17/07/2010 Di F. Allegri
Dopo qualche settimana di pausa torno a commentare gli scritti del blog
di Corrias, Gomez, Travaglio perché non vorrei che qualcuno avesse
pensato che avevo interrotto questo appuntamento ricorrente. Oggi
rifletterò su uno scritto intrigante, del 22 marzo 2010 e titolato: “La
feccia che risale il pozzo”.
Questo scritto consiste nella trascrizione del discorso settimanale di
Marco Travaglio e in particolare parlo di quello che precedette e si
occupò delle elezioni regionali. Il tema del trascritto è quello delle
liste elettorali sporche ovvero con candidati inquisiti e/o condannati.
La denuncia di Travaglio fu netta: “LE LISTE ERANO COSI’ SPORCHE DA
BATTERE QUALSIASI RECORD PRECEDENTE”.
Qui prendo subito le distanze e rovescio il bicchiere, per me negli
ultimi 15 anni la magistratura ha indagato meglio e questo ha permesso
di ridurre il numero degli intoccabili e anche di scoprire una quantità
maggiore dei reati.
Per questo dico che lo scandalo non è nel numero dei candidati ma nel
fatto che si scelgano le stesse persone.
Qui va aggiunto il dato che un inquisito di partito spesso fa parte di
una rete di relazioni, di affari inconfessabili e di connivenze sempre
difficili da disvelare anche se no si tratta di organizzazioni segrete.
Travaglio ci disse:” I due maggiori partiti, ovviamente PD e PDL, sono
infarciti di inquisiti, di condannati, di imputati, di pregiudicati, il
record ovviamente spetta al PDL, il PD insegue con un buon numero, l’Udc
naturalmente tiene fede alla sua tradizione”. Questa frase iniziale
venne sviluppato nel video trascritto: Travaglio criticò anche i partiti
minori, a partire dall’Udeur ma introdusse una distinzione tra la
feccia del nord, la feccia del centro e quella del sud.
Il punto più interessante di questo scritto è nella parte centrale,
laddove Travaglio constatò una moralizzazione delle liste del PDL nel
sud!
Quando lessi questo scritto constatai che Travaglio non sapeva del
litigio tra Berlusconi e Fini avvenuto nel luglio del 2009.
Questa era la causa vera che aveva portato a certe candidature e non ad
altre, a quello che potremmo chiamare un rinnovamento della destra.
Premesso questo, torno al testo di Travaglio. Egli partì dal Piemonte e
denunciò vari personaggi che a me non sono noti. Per ognuno di loro
Travaglio elencò crimini e misfatti, sia a destra che al centro come a
sinistra. Questo punto mi fa venire a mente il paradosso della stampa
italiana che è quello del ragazzino GRADASSO il quale esclama frignando:
“Lui me n’ha date tante, ma io gliene ho dette di più!”
La stampa italica, settantacinquesima al mondo, è malmessa non solo
perché omette molte notizie importanti, ma soprattutto non lavora mai
per migliorare questo povero paese.
Talvolta sembrano dei marziani caduto sul fatto per caso e due soldi! Se
volete sapere come si dovrebbe fare leggete l’ultimo scritto di Moore e
il successivo che pubblicherò nei prossimi giorni. Parlo della critica a
Stupak e dell’attacco ai repubblicani americani.
Torniamo a Travaglio e ricordando che secondo lui era meglio se perdeva
Cota (io invece sono indifferente) ci trasferiamo in Lombardia. La prima
considerazione non mi piace, si tratta di una critica al figlio di
Bossi. A me pare persecutoria, gli altri figli di mister x (molti in
parlamento da anni) non furono e non sono trattati così e sicuramente
non hanno ottenuto il seggio parlamentare dopo un dottorato ad Oxford o
una laurea alla Sorbona. Nello specifico non si può parlare nemmeno di
nepotismo in senso stretto: questo scatterebbe nel caso in cui il figlio
del Senatur acquisisse cariche nel partito e magari sostituisse il
padre. Anche se abbiamo liste bloccate nessun medico ordina di votare un
partito per forza.
Passando oltre Renzo Bossi e la Lega non si può parlare di nepotismo
nemmeno per certi candidati PDL, qui non siamo nel sud Italia degli anni
cinquanta, ma nel Messico di oggi, ieri e domani. Tutti dietro al capo
indiscusso, tutti famigli o servi fedeli e fidati!
Il Veneto, secondo le informazioni di Travaglio parrebbe pulito, anche
le piccole critiche che fece a Brunetta e Zaia sono state superate dai
risultati elettorali che in questo caso mi erano noti.
Travaglio criticò anche le candidature di Formigoni ed Errani, lo fece
accomunando i 2 storici presidenti di regione.
Concordo con Travaglio, ma a differenza di lui io spiego queste
ricandidature con la natura della repubblica di Berlusconi. Viviamo nel
regno del personalismo e della politica come rappresentazione. L’uomo,
il volto, l’essere il simbolo di qualcosa hanno sostituito l’ideologia e
il programma di riforme o di governo. A sinistra si vota il signor
Rossi, a destri il Neri e al centro il Bianchi. Siamo alla
semplificazione (banalizzazione) del messaggio politico, siamo schiavi
del marketing e della politica da bere.
Non è questione di corruzione penale, siamo allo snaturamento dei
valori, alla metamorfosi e all’illusione.
Un cavillo senza il sostegno del sentimento popolare può poco contro
queste armi moderne di distrazione di massa e non cito, per carità di
patria, la penuria di candidati credibili e positivi. Ops, l’ho fatto!
Accolsi con fastidio la notizia che molti candidati toscani erano
inquisiti, ma io sostengo dal 1994 che la Toscana è la regione evitata
dalle inchieste. Non vedo e non vedevo grandi vecchi, ma tanti piccoli
comitati d’affari e invito il lettore a constatare che tutti i grandi
appalti italiani di questi 15 anni sono passati di qui, la terra dove la
magistratura ha avuto qualche miopia e timidezza di troppo.
Tutte le regioni del centro avevano i suoi inquisiti, ma fra queste il
Lazio spiccava per qualità e quantità anche se non c’era la lista del
PDL.
Anche questa esclusione era dovuta ai litigi del centro destra, ma
questo fatto era noto a pochi e non è del tutto dimostrabile. Quando mi
raccontarono lo svolgimento dei fatti io non pensai alle sbadatezze e ai
dilettantismi, io vidi i dispetti trasversali, ma non ho le prove. In
ogni caso delle due tesi, una è prevalente!
Travaglio fece un discorso a parte per la Puglia, criticò la candidatura
dell’ex onorevole Cosimo Mele, ma sorvolò su Vendola e sulla sua
vecchia giunta decimata dalle inchieste. Questa è la parte che mi piace
meno. Trovo strano anche il fatto che per parlare di Feccia del Sud
Travaglio si sia concentrato solo su 2 regioni: Calabria e Campania.
Travaglio fa intendere che queste sono regioni più corrotte, ma io penso
il contrario: sono zone dove si è indagato meglio, in primis e subito
dopo aggiungo che si tratta di zone che ricevono più finanziamenti
pubblici per ragioni storiche, economiche e geografiche. Non trascurate
questi fattori.
Per spiegare la corruzione io voglio introdurre qui una variante del
nepotismo, una figura che è figlia di un millennio e mezzo di medio evo e
di dominio culturale e politico cattolico, quella del capo popolo. Il
sud elegge sempre un capo, un don, un porta voce, un pastore di votanti!
Certe tradizioni sono attenuabili solo con l’urbanizzazione. Questi
personaggi che a noi sembrano bislacchi e impresentabili vengono da un
mondo che non muta e non segue le regole della politica spettacolare e
televisiva. I motivi del degrado campano e calabrese vengono da lontano,
ma deve concordare con Travaglio quando dimostra che ad oggi queste
terre sono messe male.
Da notare e ricordare il fatto che Travaglio considerò come facce nuove e
pulite i due nuovi presidenti di regione del centro destra, Caldoro e
Scopelliti.
Io posso concordare e riscontro che si tratta di prescelti da Fini il
quale sicuramente contesto qualche importante comitato d’affari: non
tutti e vedremo per quanto.
Il consiglio della Calabria che abbiamo sostituito non è da rimpiangere,
35 consiglieri su 50 erano stati imputati e qualcuno già condannato.
Qui cito anche un nostro video girato l’anno scorso a Certaldo dove un
Fassino indignato disse che lui non si sarebbe mai iscritto al PD della
Calabria. Ad oggi non mi risulta che tale partito sia stato
commissionato e spero che il congresso abbia rinnovato le cariche, devo
dubitare.
La Campania è un buon laboratorio per sperimentare il nepotismo politico
soprattutto negli ambienti legati agli affari e alla corruzione,
Travaglio ci dona qualche spunto, ma servirebbe l’approfondimento di
qualche politologo preparato e coraggioso. In ogni caso si può sperare
di avere una Calabria leggermente meglio della precedente, senza
dimenticare che siamo nel regno del trasformismo e di quelli che seguono
sempre la scia del presunto vincitore e del favorito!
Mi avvio alla conclusione. Nel complesso considero importante questo
scritto e nel complesso mi sento di dire che la gente ha votato il
meglio che c’era con la bella sorpresa degli eletti a 5 stelle nel nord.
Non si poteva fare molto meglio!
Credo che Travaglio abbia fatto bene a denunciare i candidati del centro
sinistra al Sud, (io avrei aggiunto un nome da tenere in quarantena, lo
sapete) lo fece anche al convegno di Avane che si tenne nella casa del
popolo locale. Ammirai allora il suo coraggio che traspare anche nel
nostro video e concordo con lui, del resto se avessi dei contrasti forti
con lui non chiuderei il pezzo invitandosi ancora una volta a leggere
il Fatto Quotidiano, se leggete i giornali. Alla prossima!
——-
Franco Allegri è presidente dell’associazione Futuroieri e laureato in
scienze politiche e si dedica alla libera informazione politica ed
economica anche traducendo gli scritti e le lettere di Dennis Kucinich,
Michael Moore e Ralph Nader, l’avvocato e antropologo giuridico e
sociale americano. Per approfondire visita il sito http://digilander.libero.it/amici.futuroieri
e cercare il suo diario sulla crisi. Su Facebook puoi fare amicizia
con lui cercando Futuro Ieri.
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17 luglio 2010
Note sulla pubblicità come potenza
De
Reditu Suo - Terzo Libro
Note
sulla pubblicità come potenza
Il vecchio mondo umano aveva i suoi miti e
suoi riti, oggi la grande potenza che indirizza e muta le passioni umane e
svolge una funzione occultamente educativa è la pubblicità commerciale. La
pubblicità commerciale è ovunque in casa con la televisione, in macchina con la
radio, in ufficio con internet e con il portale dove si colloca la posta
elettronica, nel tempo libero con i loghi delle grandi marche, nei centri
commerciali, al cinema, per strada con i cartelloni e nella testa degli esseri
umani. La pubblicità segue e anticipa ogni aspetto della banale esistenza
umana; la pubblicità finisce con lo spalmarsi sui ricordi, i suoi brani
musicali sono l’indesiderata colonna sonora di troppi momenti della vita
privata e personale del singolo. La pubblicità commerciale è potenza e il fatto
di essere parte del quotidiano la distingue dallo straordinario e drammatico
della propaganda di guerra o politica nasconde la sua natura e la facilità con
cui opera piccoli e grandi condizionamenti. Penso alle centinaia di spot che da
bambino subivo dalle prime televisioni commerciali, mi ricordo distintamente di
aver visto fra un cartone animato di robot giapponesi e un telefilm decine di
pubblicità di detersivi, calze, arnesi tecnologici per pulire, giocattoli.
Eppure oggi faccio fatica a ricordarmi i dettagli, poi ogni tanto per qualche
motivo un motivetto, qualche immagine mi riporta per intero quelle cose che ho
sospinto in un angolo della mia memoria e in quel momento mi accorgo della
potenza del martellamento che ho subito. Ovviamente la pubblicità televisiva
sulle reti private è senza dubbio un facile strumento di lettura, ma a pensarci
bene è possibile moltiplicare questo per le radio private, per le riviste, i
giornali. La pubblicità è oggi molto di più di un elemento fastidioso o di un
sistema infedele di racconto della realtà essa manipola gli esseri umani e
tendenzialmente li allinea psicologicamente e culturalmente attraverso la sua
ossessiva ripetizione alle logiche dominanti e
al modello di produzione e consumo di beni e servizi. La potenza della
pubblicità, anche quando si esprime in forme originali, tende per sua intima
natura a giustificare l’ordine costituito e invita gli esseri umani a vivere
dentro questo modello e non a cercar di uscir da esso. Del resto la merce che è
presentata nella pubblicità è inserita quasi sempre nel modello di produzione e
consumo dominante.
IANA per FuturoIeri
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2 luglio 2010
Note sulla pubblicità come potenza
De
Reditu Suo - Terzo Libro
Note
sulla pubblicità come potenza
Il vecchio mondo umano aveva i suoi miti e
suoi riti, oggi la grande potenza che indirizza e muta le passioni umane e
svolge una funzione occultamente educativa è la pubblicità commerciale. La
pubblicità commerciale è ovunque in casa con la televisione, in macchina con la
radio, in ufficio con internet e con il portale dove si colloca la posta
elettronica, nel tempo libero con i loghi delle grandi marche, nei centri
commerciali, al cinema, per strada con i cartelloni e nella testa degli esseri
umani. La pubblicità segue e anticipa ogni aspetto della banale esistenza
umana; la pubblicità finisce con lo spalmarsi sui ricordi, i suoi brani
musicali sono l’indesiderata colonna sonora di troppi momenti della vita
privata e personale del singolo. La pubblicità commerciale è potenza e il fatto
di essere parte del quotidiano la distingue dallo straordinario e drammatico
della propaganda di guerra o politica nasconde la sua natura e la facilità con
cui opera piccoli e grandi condizionamenti. Penso alle centinaia di spot che da
bambino subivo dalle prime televisioni commerciali, mi ricordo distintamente di
aver visto fra un cartone animato di robot giapponesi e un telefilm decine di
pubblicità di detersivi, calze, arnesi tecnologici per pulire, giocattoli.
Eppure oggi faccio fatica a ricordarmi i dettagli, poi ogni tanto per qualche
motivo un motivetto, qualche immagine mi riporta per intero quelle cose che ho
sospinto in un angolo della mia memoria e in quel momento mi accorgo della
potenza del martellamento che ho subito. Ovviamente la pubblicità televisiva
sulle reti private è senza dubbio un facile strumento di lettura, ma a pensarci
bene è possibile moltiplicare questo per le radio private, per le riviste, i
giornali. La pubblicità è oggi molto di più di un elemento fastidioso o di un
sistema infedele di racconto della realtà essa manipola gli esseri umani e
tendenzialmente li allinea psicologicamente e culturalmente attraverso la sua
ossessiva ripetizione alle logiche dominanti e
al modello di produzione e consumo di beni e servizi. La potenza della
pubblicità, anche quando si esprime in forme originali, tende per sua intima
natura a giustificare l’ordine costituito e invita gli esseri umani a vivere
dentro questo modello e non a cercar di uscir da esso. Del resto la merce che è
presentata nella pubblicità è inserita quasi sempre nel modello di produzione e
consumo dominante.
IANA per FuturoIeri
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31 maggio 2010
La grande fortuna di Pier Paolo Pasolini- pezzo ripubblicato
31 Mag, 2010
De Reditu Suo - 2° libro: La grande fortuna di Pier Paolo Pasolini
S 
De Reditu Suo - Secondo
Libro
La grande fortuna di Pier Paolo Pasolini
14/02/2010
Del Prof. I. Nappini
Il poeta e regista forse non se rendeva conto, o forse sì, ma la sua era
una vera e propria fortuna: i suoi persecutori che lo trascinavano in
tribunale erano veri e c’era davvero gente capace di provare odio e
disgusto.
La sua lotta civile e culturale s’integrava nei termini di qualcosa che
era ancora vivo anche se profondamente malato di corruzione, ignavia e
cinismo.
Oggi tutto è merce, perfino la critica dura e impietosa si trasforma in
prodotto, tutto è divorato dal sistema di produzione, spettacolo e
consumo anche l’urlo del predicatore nel deserto e il monito
dell’intellettuale impegnato assumono senso se entrano nelle logiche e
nei percorsi dei sistemi di comunicazione di massa.
L’odio è un sentimento forte e oggi è ormai merce rara in una civiltà a
metà strada fra il centro commerciale e la catastrofe ecologica
planetaria.
Al disprezzo e al contrasto si preferisce il silenzio per malvagità, per
incapacità di comprendere e per la folle e assoluta volontà di portare a
buon fine interessi privati manipolando le leggi, gli appalti e i piani
regolatori.
Non dico niente di nuovo su tutto questo, il lettore pensi a
tangentopoli.
La cultura alta e profonda è estranea alle logiche del potere di oggi
che è solo l’estensione della volontà di finanzieri, manager, banchieri,
sceicchi, e trafficanti di ogni specie.
A queste caste al potere interessa solo un minimo di Stato che tuteli in
qualche modo la proprietà privata e la libertà di commercio.
Non credo che esista un centro di potere malvagio, quel che è avvenuto è
stato un percorso segnato dal collegarsi e svilupparsi di più volontà,
di più progetti di dominio e controllo e dalla volontà di potenza di
realtà imperiali globali.
Quindi più attori pubblici e privati di dimensioni imperiali con
interessi assolutamente egoistici e cinici hanno condotto le vicende
planetarie negli ultimi decenni e ormai tocca vedere una terza
rivoluzione industriale che sta smentendo tutte le ragionevoli
aspettative di progresso e benessere.
Alle rovine della vecchia Italia e dei suoi antichi poteri si sommano le
rovine di tangentopoli e un giorno potrebbero sommarsi quelle del
Berlusconismo.
Una massa informe di cose morte e miti perduti e svergognati non può
creare odio, rabbia, lotta e martirio ma solo diserzione, fuga e
furberie da strapazzo.
Forse l’Italia di Pasolini era quella della fine di modi di vivere e di
essere di natura arcaica e a loro modo tradizionali, questa di oggi è
l’Italia dove i nuovi miti e i nuovi spettacoli rivelano la loro natura
assolutamente strumentale e volta a calmare un popolo di tapini, di
impoveriti e di popolazioni piene di problemi non risolti.
Il mondo umano dell’Italia di oggi è qualcosa di talmente deforme e
inesprimibile che anche l’odio di parte cessa di essere un fatto
assoluto per diventare o un problema privato o una stramba continuazione
dello spettacolo permanente nel quale è immersa la politica e il
sedicente “mondo dell’informazione”.
Sui processi di P. Pasolini umilmente rimando al sito
http://www.pasolini.net/processi_cronologia.htm
—-
Il professor Nappini cura il sito
http://noglobalizzazione.ilcannocchiale.it
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