17 settembre 2009
Amare verità
La
valigia dei sogni e delle illusioni
Amare
verità
Si
tratta di uno di quei casi che arrivano al lettore, e parlo di lettori
consapevoli e forse un po’ arroganti nella loro presunzione di sapere, come una
raffica di pugni sparati nel viso. Parlo di una rivista venduta per abbonamento:
“La voce del Ribelle”, che vede come padre nobile e animatore il giornalista
Massimo Fini, che ha pubblicato nel suo numero una non-notizia, ossia
l’impietosa presentazione dei sette principali gruppi editoriali del Belpaese. Non
è una filippica o una deplorazione quella che la rivista “La voce del Ribelle”
presenta ai suoi tremila lettori ma solo
la constatazione di come nei fatti il grosso di quello che è informazione,
spettacolo, intrattenimento e cultura in Italia passa attraverso le strutture
di questi colossi finanziari con evidenti agganci politici.
Sono:
Rcs Mediagrup, Mediaset-Mondadori, Gruppo L’Espresso, Gruppo il Sole 24 Ore, Gruppo
Rieffeser, Gruppo Caltagirone, Telecom Italia Media. Il pezzo firmato da
Alessio Mannino è per i soliti ingenui un bella serie di pugni e schiaffi
morali, in meno di cinque minuti tutte le illusioni si spengono: anche l’informare
è un affare, e va a braccetto con la politica dell’uno o dell’altro polo di
aggregazione dei partiti politici attuali. Personalmente in questa ennesima
ostentazione delle forme con cui s’esprime il mondo della comunicazione nella
presente civiltà industriale vedo il certificato di morte della mia vecchia
Italia, retrodatato s’intende.
L’intreccio
fra il mondo degli affari e della pubblicità, l’informazione, la finzione, il
divertimento e la stessa malafede del pubblico spettatore di questo mondo umano
ridefinito attraverso le forme dello spettacolare e dell’intrattenimento mi dà
un senso di disgusto. Manca quel senso
del limite nelle cose, quei labili confini che pure sussistevano in passato; mi riferisco al fatto che il politico era un
politico con la sua identità chiara e distinta e non un privato che vive di un
ben strano mestiere fatto di pubbliche relazioni, di apparizioni nei salotti
televisivi, magari come ospite di programmi fatti apposta, o peggio. Il
politico oggi tende a uniformarsi all’uomo o alla donna di spettacolo, a suo
modo recita una parte, e non è da escludere che finisca con assumere le logiche
dell’attore e dell’imbonitore televisivo. Così prima non era: il politico
esprimeva un’identità e un potere che si mostrava attraverso mezzi e riti
propri, magari deboli o discutibili, ma propri. Questo percorso di dissoluzione
in un qualcosa di spettacolarmente unitario che assume su di sé tutte le
contraddizioni è la riprova che il potere reale si è spostato dalla
rappresentanza politica al mondo degli affari e della finanza, forse gli
esecutivi, per via delle loro funzioni di governo della società e dell’economia,
mantengono qualche forma d’autonomia e dei poteri propri.
Di
certo il cittadino dei nostri tempi si sta riducendo al consumatore, ossia ad
una ben strana figura di umano non più fedele a un Dio o a un Principe come nel
Mondo Antico, non parte di una comunità o cittadinanza come nel Medioevo, non
latore di diritti e doveri universali come al tempo dell’Illuminismo o del
Positivismo. Questo consumatore è l’aspetto umano prevalente e sembra esistere
solo in funzione di ciò che produce il sistema della civiltà industriale, i
suoi diritti, i suoi doveri, la sua identità, la sua fedeltà sono solo un
problema di pubblicità, spettacolo e commercio.
Su
questo ha scritto, come al solito, “La
voce del Ribelle” numero doppio agosto-settembre 2009.
IANA
per FuturoIeri
|