16 febbraio 2015
Riedizione di una sintesi
L’Italia e la ricostruzione della memoria pubblica
DI I. Nappini
Alcuni anni fa avviai una riflessione sulla costruzione dell’identità italiana.
Oggi in tempi di crisi del sistema di produzione e consumo In Europa e negli
USA e di guerre non più episodiche ma integrate nel sistema finanziario e dei
complessi militar-industriali delle grandi potenze a vocazione imperiale emerge
la fragilità politica e di sistema del Belpaese.
Questo ripubblicazione vuole dare un contributo di pensiero intorno alla questione
della complessità dei processi che definiscono la memoria pubblica e
l’appartenenza di un privato a una comunità umana. Presento qui uno schema
storico.
1861 - Il Risorgimento
L’avventura dell’Italia Unita si apre a grandi speranze di gusto romantico per
via della presenza di grandi eroi ottocenteschi come Mazzini e Garibaldi. Il
Regno Unitario che si costituisce, e che è privo di alcune regioni del
nord-est, si presenta come un nuovo Stato Nazionale su cui sono collocate molte
speranze non solo italiane.
1861 - 1876 La destra Storica al potere
L’Italia passa dalla poesia alla Prosa, al posto dei grandi ideali – la poesia-
emerge l’evidenza di un Risorgimento tormentato e contrastato, di una Nazione
giovane con grandi masse popolari e contadine povere e poverissime, di classi
dirigenti insensibili alle sofferenze quotidiane dei loro amministrati e di un
popolo italiano tutto da costruire e da istruire. Intanto il brigantaggio è
represso con estrema durezza e grande è la distanza fra la maggioranza degli italiani e le minoranze al
potere di estrazione sociale aristocratica o borghese.
1876 - 1887 La Sinistra Storica
La sinistra storica constatando la distanza enorme fra paese legale e paese
reale, fra sudditi del Regno d’Italia e la minoranza di ricchi e di nobili che
di fatto governa il paese e ha i diritti politici cerca di avvicinare le masse
popolari con riforme sociali ed edificando monumenti agli eroi del Risorgimento
e attuando titolazioni patriottiche di piazze e vie. Intanto l’emigrazione italiana
verso il Nuovo Mondo si presenta come un fenomeno inedito che coinvolge milioni
d’Italiani. Tuttavia per la prima volta la minoranza al potere si pone il
problema di nazionalizzare e istruire le masse che costituiscono il popolo
italiano.
1887 - 1896 L’età Crispina
L’età Crispina segna l’emergere di una minoranza politica autoritaria con forti
legami con i grandi industriali del Nord e i latifondisti del Sud. Da una lato
aggredisce con estrema violenza poliziesca le manifestazioni di protesta operaie
e contadine dall’altro coltiva un nazionalismo aggressivo e colonialista che fa
presa sui ceti medi, la nuova formula di creazione degli italiani fa leva su
riforme di carattere giuridico, amministrativo e sociale. La disfatta coloniale
dell’esercito italiano ad Adua fa emergere sia un nazionalismo esasperato sia
forze socialiste diffidenti e ostili al concetto stesso di Nazione. Emerge
l’impegno politico dei cattolici in quel momento culturalmente ostili alle
minoranze "liberali" che esercitano il potere in Italia.
1898 - 1900 Sangue e fango sull’Italia.
L’età Crispina cessa al momento della disfatta coloniale, la protesta sociale è
soffocata nel sangue anche nella civilissima e industrializzata Milano dove l’esercito
spara con i cannoni contro donne e bambini in sciopero. La repressione sociale
è durissima, l’idea risorgimentale di fare gli italiani è di fatto spenta. La
politica diventa terreno di terribili contrasti, per evitare la disgregazione
delle libertà fondamentali l’opposizione ricorre all’ostruzionismo
parlamentare. Su questo biennio di sangue e fango cade il regicidio del 1900
per mano dell’anarchico Gaetano Bresci.
1901 - 1913 L’Età di Giovanni Giolitti
L’età di Giovanni Giolitti segna un periodo di riforme e di progresso sociale,
economico e industriale che trasforma lentamente ma inesorabilmente l’Italia in
una potenza regionale dotata di una propria potenza militare e industriale
anche grazie alle innovazioni della Seconda Rivoluzione Industriale e fra
queste l’energia elettrica. Le proteste contadine nel sud sono represse, si
registrano aperture politiche e sociali alle forze sociali e operaie nel Centro -
Nord.
Emerge l’impegno politico dei cattolici fino a quel momento culturalmente
ostili alle minoranze che esercitano il potere in Italia. Il suffragio
universale maschile è un fatto, c’è la possibilità di avvicinare le masse
popolari alla Nazione nonostante la presenza fortissima di una cultura
cattolica e socialista diffidenti verso lo Stato Nazionale e le sue classi
dirigenti.
1914 L’Italia del Dubbio.
L’Italia è l’unico paese fra le potenze d’Europa che evidenzia una massa
popolare ostile all’entrata nella Grande Guerra, il grande massacro scientifico
e industrializzato che riscriverà la storia del pianeta e della civiltà
industriale. Giolitti è ostile al conflitto che comporterebbe il rovesciamento
dell’alleanza con il Secondo Reich e l’Impero d’Austria - Ungheria, il
parlamento è contrario alla guerra, il popolo freddo e diffidente, i ceti
borghesi impauriti. Solo una minoranza di nazionalisti di varia origine è
favorevole per spirito d’avventura; la Corona per motivi di prestigio
internazionale e di potere è orientata a stracciare l’alleanza e a dichiarare
la guerra. La guerra è dichiarata forzando la volontà della maggior parte degli
italiani e dello stesso parlamento.
1915 - 1918 L’Italia della Grande Guerra.
L’Italia in tutte le sue articolazioni sociali paga un prezzo spaventoso al
conflitto mondiale imposto da una minoranza politicizzata di nazionalisti e di
estremisti politici e di piccoli gruppi
d’affaristi e industriali a tutto il
resto della popolazione della penisola. I morti sono più di Seicentomila, tutta
l’Italia è coinvolta, lo sforzo è enorme e ipoteca il futuro del paese a causa
dei grossi debiti contratti e delle perdite umane, quasi tutte le famiglie
italiane direttamente o indirettamente sono toccate dal conflitto.
1919 - 1920 Il Biennio rosso
L’influenza della rivoluzione d’Ottobre e della presa del potere Comunista in
Russia determina e la resa dei conti fra le forze politiche e sociali dopo la
Grande Guerra determina un periodo di forte scontro sociale con accenni
rivoluzionari che porta all’occupazione delle fabbriche e di alcuni latifondi
incolti da parte delle masse popolari arrabbiate e impoverite. Il mito della
rivoluzione Bolscevica e la disillusione per la Vittoria Mutilata sembra
spegnere qualsiasi progetto di creare un senso collettivo di appartenenza alla
Patria. Emerge la reazione armata e terroristica fascista che intende imporre
all’Italia intera la sua concezione di Patria e di Stato, una concezione
mutuata dalla propaganda di guerra e priva, allora, di spessore filosofico e
ideologico.
1921 - 1922 Lo squadrismo e il Milite Ignoto
L’influenza della rivoluzione sovietica sulle masse operaie e contadine rimane
forte nonostante i limitati e parziali risultati sindacali del biennio rosso.
Nel 1921 il governo decide di procedere al rito dell’inumazione del Milite
Ignoto al Vittoriano a Roma. Tale rito coinvolge tutta l’Italia e mette le
opposizioni in difficoltà presso l’opinione pubblica sinceramente commossa per
quel simbolo che rappresenta, ad oggi, i circa 600.000 morti della Grande
Guerra. Si moltiplicano preso associazioni, parrocchie, istituzioni anche
scolastiche le attività per ricordare i caduti della Grande Guerra con lapidi,
cippi, targhe, monumenti. Il nazionalismo e la sua simbologia riprendono la
scena pubblica. Intanto le squadre fasciste aggrediscono e disorganizzano il
movimento operaio mentre Mussolini con una operazione trasformistica sulla
destra Giolittiana riesce a far eleggere in
parlamento 35 deputati. Giocando sul tavolo della legalità e su quello
dell’illegalità Mussolini cerca una via per arrivare alla presa del potere
presentando il fascismo come il movimento salvatore della Nazione uscita
vittoriosa dalla Grande Guerra.
1922 - 1924 Il Fascismo al potere
Mussolini riesce a trasformare i Fasci di Combattimento in una forza politica
autorevole che ha rapporti con il Vaticano, con la Corona, con l’Esercito, e
con la grande industria italiana. Nell’Ottobre del 1922 con un finto colpo di
Stato derivato dalla “Marcia su Roma” comincia a costituire un modello di Stato
che deve sostituire quello liberale e giolittiano attraverso un governo di
coalizione che trova ampio consenso in parlamento. L’idea è usare il fascismo
per creare lo Stato fascista che deve a sua volta creare l’italiano nuovo. Il
fascismo manipola la scuola, lo Stato, i riti pubblici per arrivare al suo
scopo politico. Sul breve periodo hanno particolare rilievo l’istituzione dei
Parchi della Rimembranza dedicati ai soldati morti nella Grande Guerra che
vedono la partecipazione attiva delle scolaresche d’Italia per merito del
sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi.
1925 - 1935 Il Regime fascista
Il 3 gennaio del 1925, dopo una crisi politica durissima dovuta all’omicidio
del leader dell’opposizione Matteotti, Mussolini sfida apertamente il
sistema parlamentare e riesce a schiacciarlo con il discorso del 3
gennaio; data che segna anche
dell’inizio della dittatura. Il fascismo come regime cerca di creare il suo
italiano ideale militarizzando la scuola pubblica, determinando riforme
sociali, trasformando il partito in istituzione, plagiando al gioventù e
distorcendo la vita quotidiana sulla base della sua demagogia patriottica.
L’Italiano del futuro dovrebbe essere l’italiano del fascismo, ma il fascismo
deve di volta in volta attuare dei compromessi politici e sociali che riducono
la forza di persuasione che può esercitare sulla popolazione italiana. Il concordato
fra Stato e Chiesa Cattolica del 1929 aiuta il consolidamento del Regime e
limita le possibilità d’azione delle opposizioni.
1935 - 1939 Anni Ruggenti
Il fascismo appare vincente. Crea l’Impero a danno delle popolazioni
dell’Etiopia che vengono aggredite e conquistate, sfida i grandi imperi
coloniali d’Europa e la Società della Nazioni. Il prezzo per questa operazione
è il legarsi ai destini del nuovo regime nazista che ha proclamato al fine
della Repubblica di Weimar e la nascita del Terzo Reich. Hitler e Mussolini
s’impegna nella guerra di Spagna, emerge una diffidenza fra gli italiani e il
regime, stavolta la guerra del regime è ideologica e non nazionalista e
colonialista, iniziano le prime smagliature nel consenso verso Mussolini e il
fascismo. Tuttavia sul momento le vittorie in Etiopia e Spagna spengono tanta
parte del dissenso. Intanto Hitler stipula un effimero e non sincero trattato
d’amicizia con l’Unione Sovietica per evitare la guerra su due fronti e
iniziare la Seconda Guerra Mondiale con l’aggressione alla Polonia.
1940 - 1943 La guerra Fascista
Il fascismo e il suo Duce Mussolini s’impegnano nella guerra mondiale al fianco
del Giappone e del Terzo Reich ma le forze armate italiane son mal
equipaggiate, peggio comandate, guidate senza una strategia di guerra chiara e in generale il morale è basso. L’Italia
fascista e monarchica dimostra di non essere in grado di sostenere il conflitto
pur essendo una delle tre potenze principali dell’ASSE. La guerra si complica
con l’entrata nel conflitto della Russia Sovietica e degli Stati Uniti e costringe il Regio Esercito Italiano a uno
sforzo superiore alle sue possibilità militari. Le disfatte del biennio 1942
-1943 in Russia e Africa e l’invasione del territorio italiano da parte degli
Anglo-Americani determinano la caduta del fascismo e la resa incondizionata del
Regno d’Italia nel settembre del 1943.
1943 - 1945 La Resistenza
Si formano due stati in Italia, uno monarchico a Sud e uno Nazi-fascista a
Nord. Uno controllato da Hitler e denominato Repubblica Sociale di cui è leader
Mussolini appoggiato da una schiera di fanatici fascisti e l’altro sotto il
controllo degli alleati. Si formano nell’Italia Centro-Settentrionale le forze
armate partigiane antifasciste malviste dagli alleati per via della componente
comunista e socialista. L’Italia diventa così un campo di battaglia, l’unità
nazionale è dissolta, gli italiani si dividono e si combattono fra loro. Il
futuro è incerto e legato alla prossima spartizione dell’Europa e del mondo che
sarà fatta dai vincitori del Conflitto mondiale secondo la logica implacabile
d’attribuire alla presenza della propria
forza armata sul territorio l’appartenenza di esso al sistema
capitalista o a quello comunista.
1946 - 1947 Il Dopoguerra
L’Italia dopo una difficile e contrastata votazione diventa Repubblica e
s’inizia a pensare alla sua ricostruzione. Intanto nel 1947 a Parigi le
speranze italiane sono deluse, il trattato di pace è punitivo la Resistenza non
viene valorizzata dai vincitori che ne hanno dopotutto tratto profitto, il
premier Alcide De Gasperi si trova a dover liquidare la pesante eredità
fascista e monarchica. Di lì a breve si romperà anche l'unità delle forze
antifasciste.
1948-1953 L’Italia Democristiana
L’Italia diventa democristiana, nell’aprile del 1948 il responso elettorale
punisce socialisti e comunisti e premia i democristiani legati agli Stati Uniti
e al Vaticano. L’Italia della Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi fra
molte contraddizioni e tanti limiti cerca di legare l’economia all’Europa del
Nord e la politica estera agli Stati Uniti impegnati nella lotta contro il
comunismo. Si forma una Repubblica Italiana che esce dalle emergenze e comincia
a ritagliarsi un suo ruolo economico e politico in Europa e nel Mediterraneo.
1954 - 1963 Il Miracolo economico
L’Italia si trasforma in civiltà industriale, le antiche culture contadine,
rionali, cittadine, popolari iniziano a dissolversi. Quanto di antico e di
remoto aveva fino ad allora limitato l’azione propagandistica dei nazionalismi
fascisti e monarchici si dissolve. L’Italia si trasforma rapidamente e aldilà
della volontà delle classi dirigenti timorose di non controllare più la
mutazione sociale ed economica in atto. La criminalità organizzata intanto
diventa una potenza economica e politica nel Mezzogiorno d’Italia.
1963 - 1968 Il primo Centro-Sinistra
L’Italia è governata con il contributo del Psi, inizia una stagione di riforme
volta ad aiutare i ceti popolari, a riequilibrare le differenze sociali, a
migliorare la scuola pubblica, nasce la scuola media. Ma i tempi sono aspri, il
contrasto fra comunismo sovietico e regimi capitalisti è durissimo e il
riflesso in Italia è pesantissimo. Intanto la televisione inizia a
rideterminare e a formare la comune lingua italiana. Emerge la distanza enorme
fra cultura alta e fra le masse popolari avviate al consumismo acritico e una
ridefinizione di sé sulla base degli stimoli pubblicitari della società
mercantile. Pasolini denunzia la trasformazione degli italiani da cittadini a
consumatori e la nascita di un nuovo Potere, con la P maiuscola, diverso da
quello che si è manifestato nel primo Novecento ma non meno insidioso e
totalitario.
1969 - 1976 L’Italia della Strategia della tensione
L’Italia paga un prezzo spropositato alla miopia politica delle minoranze al
potere e alle mire politiche degli stranieri, la contestazione di carattere
sociale diventa durissima emerge un terrorismo italiano di destra e di sinistra
inserito nelle logiche degli ultimi anni della guerra fredda. Per l’Italiano
contano due sole identità quella, spesso opportunistica, derivata
dall’appartenenza politica e quella data dalla propria collocazione entro i
parametri della società dei consumi. Pasolini muore atrocemente in circostanze
non chiare il 2 novembre 1975.
1976 - 1990 L’Italia di Craxi
Craxi diventa il leader indiscusso del PSI e l’ago della bilancia della
Repubblica, con la presidenza Pertini avviene un fatto inaudito: la distanza
fra masse popolari e potere politico, il famoso Palazzo si riduce. In questi anni
aumenta il consenso per il PSI e per i partiti di governo mentre il PCI viene
ridimensionato e l’Italia ascende al rango di potenza globale. Questo ha però
un rovescio della medaglia: corruzione, clientelismo, disgregazione di ogni
morale e di ogni valore sociale o umano, pesante indebitamento dello Stato,
ingerenza di poteri illegali nella vita pubblica del paese. Il Craxismo
dominate esprime una labile forma di nazionalismo garibaldino che cerca di
collegarsi alle antiche glorie risorgimentali.
1991 - 1994 L’agonia della Prima Repubblica
L’Italia di Craxi si decompone, la crisi politica e morale della Repubblica
italiana è evidentissima e le inchieste giudiziarie travolgono, disfano e
umiliano i grandi partiti di massa che cambiano nome e ragioni ideologiche o si
dissolvono. le novità internazionali successive alla Prima Guerra del Golfo del
1991 tendono a determinare il governo mondiale di una sola grande potenza gli
USA e lo spostamento dei grandi affari internazionali verso l’Asia e l’Oceano
Pacifico riducono l’importanza dell’Italia e del Mediterraneo. La confusione
fra gli italiani è enorme perché i vecchi punti di riferimento si dissolvono.
1994 - 2000 L’Italia della Globalizzazione
Berlusconi e il suo schieramento di centro-destra e i raggruppamenti eterogenei
di centro-sinistra sono i protagonisti della vicenda politica italiana.
L’identità italiana malamente formata negli anni della Repubblica attraverso il
mutuo riconoscimento dei partiti usciti dalla realtà della Resistenza e della
creazione della Repubblica inizia a dissolversi. Lentamente si forma un quadro
politico fra due grandi raggruppamenti politici contrapposti che sconfessa la
molteplicità della identità politiche di parte e la crisi sociale creata dai
processi di globalizzazione dissolve le identità legate al benessere e al
facile consumismo. L’identità italiana sembra disgregata in una miriade di
suggestioni pubblicitarie e demagogiche e dominata da una cultura mercantile
del consumo e del possesso di beni superflui. Intanto la situazione
internazionale peggiora partire dalla guerra del 1999, si determinano nuove
potenze imperiali che contrastano gli Stati Uniti.
2001 - 2011 L’Italia della crisi globale
Il progetto di creare un Nuovo Secolo Americano pare dissolversi fra le dune
irachene e le montagne afgane (e di recente fra i deserti della Libia e le
foreste dell'Ucraina). Nel periodo che va dal 2003 AL 2011 gli USA sono
impegnanti in due guerre logoranti contro insorti e terroristi in Medio Oriente
e Asia, l’Italia partecipa con sue forze a "operazioni" in Afganistan
e Iraq. La globalizzazione rallenta, le logiche imperiali sembrano più forti
dei grandi interessi commerciali e finanziari, intanto emergono i guasti
politici e sociali legati ai processi di globalizzazione. L’Identità italiana è
oggetto di dibattito pubblico segno della sua difficoltà a collocarsi in questi
anni difficili con le proprie ragioni e la propria autonomia.
2011-2014
La cronaca di questi anni vede irrisolte le questioni di fondo di un Belpaese
che ha difficoltà a ritrovare se stesso e di una situazione internazionale resa
sempre più grave e pericolosa da disastri ecologici, guerre di guerriglia e per
procura, crisi finanziaria internazionale, decadenza e discredito delle
istituzioni democratiche nell'Unione Europea quest'ultime evidenze manifestate
da risultati elettorali che premiano forze di netta contestazione dell'ordine
costituito e delle politiche neoliberali. La questione dell'identità
collettiva degli italiani appare ad oggi irrisolta.
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