
Le Tavole delle colpe di Madduwatta
IL
BELPAESE E LA SCUOLA
Le vicende della scuola italiana non
sembrano interessare alle sedicenti
classi dirigenti; si può dire che essa non è fra le priorità delle minoranze al
potere. Tuttavia in questi ultime settimane di scuola s’intravede qualcosa. La
politica sembra di nuovo interessarsi a ridosso delle elezioni delle vicende
scolastiche d’Italia, forse per mandare
segnali ad un certo tipo di elettorato sensibile alle questioni della pubblica
istruzione per motivi personali, di lavoro o di famiglia. Già, la tempistica
con cui si torna a ragionare di scuola è sospetta, fra l’altro non mi pare che
nel discorso politico si ragioni con la necessaria cura del precariato presente
nel sistema della pubblica istruzione; come al solito il discorso politico è
caduto su questioni ideologiche e di principio piuttosto surreali. Rappresenta
bene questa situazione un trafiletto apparso sul “Fatto Quotidiano” del 13
maggio 2011 che descrive questa condizione di polemica continua a ridosso della
scadenza elettorale delle amministrative. In realtà c’è qualcosa di
profondamente marcio nel costume politico del Belpaese perché è evidente che le
parole usate nascondono altri significati per il politico come per gli elettori
di riferimento. Non è possibile che vi siano percentuali significative di
elettori che pensano che i comunisti sono prossimi all’invasione del mondo e
dell’Italia o altri che stimano possibile il ritorno di un regime fascista.
Perché spesso nel discorso politico sulla scuola si parla di professori
ideologizzati in senso comunista o di professori fascisti e razzisti? Già, i
professori. Ma sulle famiglie, sugli allievi, su tutto il resto del mondo umano
che gravita intorno alla scuola niente da dire? Che meraviglia! Se un marziano
prendesse sul serio gli scritti giornalistici di queste settimane elettorali
sarebbe portato a pensare che il problema della scuola in Italia è da ascrivere
al reclutamento del personale e alla sua qualità. Tutto il resto funziona bene
e solo una parte dei docenti è in torto; se così fosse la soluzione sarebbe
semplicissima perché solo un pezzo del sistema è da mettere in discussione.
Evidentemente questa è una semplificazione, una banalizzazione di problemi
complessi; si tratta di un linguaggio semplice e facile per fini elettorali. Ma
forse c’è qualcosa in più. Credo a questo punto che una parte degli elettori
senta il bisogno di sentire questi linguaggi, questi modi di presentare la
società italiana spaccata in rossi e in neri; credo che parte della popolazione
senta un bisogno fisico e psicologico di trovare risposte semplici a cause
complesse, di essere rassicurata nel pregiudizio ideologico, nella presunzione
di sapere, nel facile e rassicurante mettere assieme le scelte private con i
destini del mondo e con l’idea fissa di aver sempre avuto ragione. Ecco perché
molto spesso quando qui si ragiona di scuola in termini politici spesso non si
parla e non si pensa la scuola. A troppi piace pensar poco e farsi regalar
certezze.
IANA per futuroIeri