8 marzo 2010
Nota sull'Otto marzo
Mi è capitato di comprare il solito mazzetto di
mimose un pò meschino per tre euri nel sottopasso della stazione
ferroviaria. In un angolo una signora anziana certamente straniera con
passeggino e bambina di due o tre anni le vedeva per tre euro il
mazzetto. Forse era di qualche popolo dell'est, forse una nomade,
forse chissà che cosa; ma gli abiti semplici e quel volto che ne deve
aver viste tante mi dava l'impressione di qualcosa di antico, come di
una remotissima Italia della miseria che penetrava dal remoto passato
in questo presente di computer, internet, divi e dive del piccolo
schermo e della pubblicità e di euri sonanti. Erano in molti i tapinastri
a giro nel giorno della donna a vendere mazzi piccoli di mimose per una
piccola cifra, ma quella scena con la donna anziana che assieme alla
bambina offriva nel sottopasso le mimose mi ha colpito. Altro che
emancipazione femminile! Tutte le antiche miserie d'Italia materiali e
morali sembravano concentrarsi in quell'angolo a perenne monito e
ostenando una feroce sconfessione di decenni di roboanti proclami e
fiumi di frasi retoriche dei nostri moralisti e politicanti da
spavento. La realtà nuda e cruda dà lezioni terribili che in solo
istante sfasciano ogni illusione e ogni delirio retorico. Se è doveroso parlare di emancipazione femminile o di parità di diritti occorre farlo entro i termini di un mondo umano perlopiù in sofferenza e in leggera maggioranza formato da donne senza le maschere del perbenismo, del moralismo un tanto al chilo, e degli spettacoli rassicuranti o con il lieto fine appiccicato sopra per far "Audience".
IANA per FuturoIeri
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