30 gennaio 2010
Le mie mattinate rovinate dalla pubblicità commerciale
De
Reditu Suo - Secondo Libro
Le mie mattinate rovinate dalla pubblicità
commerciale
Un fatto banale è
entrato nella mia vita, stupido come molte cose che sembrano infime: la
pubblicità fa vedere la vita lavorativa della gente di successo e le loro
mattine sono troppo diverse dalle mie, quindi qualcosa non funziona nella mia
vita. Lo so che un pensiero del genere è una strepitosa cretinata eppure per
mille vie entra nella mia esistenza. Nei fatti ho cercato di circoscrivere
l’influenza negativa della pubblicità ad esempio guardando il meno possibile la
televisione ma non c’è niente da fare il mostro del dubbio intorno alla mia
esistenza è lì sempre in agguato. Eppure la cosa ha un senso perché il fine
della pubblicità commerciale è di solito rendere indispensabile il possesso di
beni perlopiù specifici o superflui, il martellamento continuo a cui l’essere
umano è sottoposto fa vacillare la mente più solida e critica verso il sistema.
Quindi dal momento che la pubblicità
nelle sue diverse forme mi presenta gente sveglia e ben vestita circonda
dall’ammirazione familiare e dei colleghi di lavoro, in termini tali da
ricordare certi deliri propagandistici Stalinisti e Maoisti, mi chiedo che cosa
sia mai la mia vita così lontana dai modelli ideali che entrano a viva forza
nella mia testa. Di solito riesco a dare delle risposte coerenti e ragionevoli
ma delle volte confesso che crollo sull’evidenza della distanza fra me e quelle
cose che si agitano nel piccolo schermo o che mi son mostrate come santini
sulle riviste e sulle pubblicazioni periodiche. Qualcuna delle mie mattinate
fresche e talvolta un po’ buie vien così turbata da questa indecente invasione
di campo, il mio intimo viene scosso e i dubbi aumentano. Di per sé rimettersi
in discussione è una necessità vitale, chi non cambia può finire con il subire
integralmente il mondo umano che cambia e muta incessantemente, trovarsi per
così dire messo in discussione, emarginato o più semplicemente scoprire che ciò
di cui era certo e che osservava ogni giorno è sparito. Solo che la tempesta
del dubbio scatenata dai prodotti dei maestri della comunicazione e della pubblicità più o meno palese è
finalizzata a portarmi dove vogliono loro e non dove decido di andare alla luce
del ragionamento o della mia personale sensibilità. Non è di per sé una novità,
le società umane che si sono date nella storia finora nota hanno avuto delle
forme di condizionamento del comportamento
e di persuasione; solo che in questo caso l’atto del ridefinire l’immagine di
sé e del mondo umano non è dichiarata apertamente ma attuata di fatto. In
questo passar subito ai fatti, questo descrivere con fede assoluta la propria
visione della realtà umana e fisica del mondo, questo esaltare il prodotto o il
servizio o talvolta il consumatore fa della persuasione pubblicitaria una
potenza e una fonte di conoscenza sia pure fallace e parziale. Questa
conoscenza parziale, e in parte menzognera, per mille vie penetra nella vita di
coloro che vivono qui e ora, di conseguenza anche nella mia. Il problema di
questa situazione è dato dal fatto che i valori dominanti sono proprio quelli
della pubblicità commerciale, tutto ciò che è politicamente corretto e di buon
senso è in massima parte riconducibile alle esigenze del sistema di produzione
di beni, creazione di lucro, consumo da parte di masse di esseri umani e di conseguenza i valori dominanti sono
riconducibili alla pubblicità commerciale. Così fra un dubbio e un sospetto mi
ritrovo ai limiti dell’ortodossia sociale dei miei tempi.
IANA
per Futuroieri
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