10 novembre 2009
Sepolture simboliche per i ricordi del tempo morto
De Reditu Suo
Sepolture simboliche per i ricordi del tempo morto
Un caso, è stato un caso e ho rivisto e udito nei
montaggi che fa una trasmissione di Raitre la vecchia sigla di Lady Oscar. Il
contesto era fuori luogo, ma comunque la mia memoria è andata ad anni molto
lontani, a un mondo ormai morto e sepolto con le sue illusioni, le sue logiche,
perfino con le sue virtù. Già perché quella serie animata, dalla quale mi sento
lontano, è stata parte di un mondo dell’infanzia che era inserito in una
vecchia Italia decadente che conservava dei valori e delle logiche un minimo
decenti; quella sigla mi spediva a tradimento in un tempo diverso e altro, oggi
morto. Per me la constatazione della morte di quel mondo è un fatto doloroso,
eppure devo rendere omaggio a una vecchia Italia che non c’è più e forse anche
a una sigla per quei tempi coraggiosa e decisamente fuoriclasse. Se avessi i
soldi dovrei conservare in delle teche da museo o in una specie di cassettiera
a metà strada fra quelle della sala professori e l’ossario i resti pietosi di
quel tempo perduto. Penso ai dischi in vinile, alle pubblicazioni ERI dedicate
agli eroi del piccolo schermo, ai trasferelli, agli album di figurine e ai
primi robot di plastica, ai giocattoli dell’Atlantic, ai filmini che si
vendevano allora e che venivano usati con dei proiettori casalinghi. Ricordi di
un tempo morto, non tutti piacevoli. Meriterebbero queste cose una sepoltura
simbolica, non per cattiveria o per feticismo da strapazzo ma per delineare un
prima e un dopo, un esser qui e ora avendo alle spalle qualcosa che forse ha
cercato di raccontare, in modo strambo e un po’ pazzo, anche le speranze
l’inquietudine di un tempo lontano. Per me è doloroso, ma devo far i conti con
un tempo che è ormai altro, dove le illusioni di natura sublime o le fantasie
del periodo hanno lasciato il passo a un mondo umano ben più triste e meno
portato a slanci eroici o generosi; è rimasto poco della natura problematica,
altruistica e contestataria degli anni settanta che era, sia pur sottotraccia e
da decifrare, presente in alcune serie animate giapponesi. Oggi tutto è
stritolato dalla macchina dell’industria dell’intrattenimento e lo spazio per
l’arte e la provocazione sembra essersi ristretto anche nelle serie animate
dell’Arcipelago. Rimane quindi nel nostro ossario ideale anche il rispetto per
un piccolo mondo antico e l’amarezza per questi anni così meschini. Quindi
essendo vano il piangere a oltranza sul tempo perduto, anche se può avere una
sua dignità, occorre pensare al qui e ora e al futuro. Evidentemente per
descrivere le speranze e le paure concrete di questi anni sarà necessario non
far affidamento sulla dimensione commerciale; occorre che nasca l’esigenza da
parte della gente perbene di creare le condizioni per scrivere, disegnare, fare
cose di carattere civile e culturale. Occorre che quasi con una spinta dal
basso si formino quelle spinte a descrivere in forma fantastica o allegorica le
passioni e le paure di questi anni. Credo che la potenza creativa dei nostri
anni ancora non emerga in forma compiuta perché tarpata dalla difficoltà di
attivare canali paralleli rispetto a quelli lucrativi, ma forse il rimedio già
c’è la rete e i nuovi mezzi per moltiplicare messaggi, disegni e scritti
potrebbero favorire la formazione di spinte culturali dal basso, forse questa è
illusione, o forse è il futuro.
La libertà inizia da sé stessi.
IANA per FuturoIeri
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